Oristano
21 Giugno 2015
Cari amici,
nel mondo è successo
tante volte, in particolare ai ricercatori, di studiare degli “effetti” e di scoprirne
invece degli altri; di cercare la soluzione di un problema importante e,
invece, di arrivare a risolverne un altro, in modo imprevisto, a volte anche
più importante del problema cercato. Questa fortunata “casualità” è stata definita in italiano Serendipità, e deriva dal termine inglese
Serendipity (voce coniata nel 1754
da H. Walpole nel suo romanzo ‘Three princes of Serendip’, dove narrava la
storia di tre giovani che avevano il dono naturale di scoprire cose di valore
senza cercarle).
Serendipità, come si
rileva dal dizionario dell’Accademia della Crusca, indica «la capacità di cogliere e
interpretare correttamente un fatto rilevante che si presenti in modo inatteso
e casuale nel corso di un’indagine scientifica diversamente orientata».
La ricerca, in effetti, è da sempre la via maestra per trovare soluzioni nuove
a problemi antichi. “Una vita senza
ricerca non è degna d'essere vissuta", diceva Socrate. La ricerca,
però, non è sempre facile: durante gli studi si attraversano i sentieri
dell’ignoto ed è proprio su questi sentieri che capita di scoprire qualcosa di
incredibile che non si era neppure immaginato né calcolato di trovare sul quel
percorso! A quel punto è la bravura del ricercatore a non farsi certo scappare
l’inattesa scoperta!
Il primo dubbio a
sorgere, su questa casualità, è questo: le
scoperte arrivate ‘per caso’ sono solamente frutto della fortuna o c’è dell’altro?
La risposta è certamente questa: non si tratta solo di fortuna. Le piacevoli ed
inaspettate scoperte avvengono sempre mentre si studiano nuovi processi, cioè
passano sempre attraverso il concetto di azione, frutto quindi dell’intuito e
della capacità di cogliere sempre ciò che è diverso dai soliti schemi mentali. La
Serendipità, dunque, oltre che fortuna è frutto della capacità dell'osservatore
attento di capire sempre in anticipo quello che succede intorno a Lui; è il suo
intuito curioso a capire e cogliere sempre le opportunità che si gli si presentano
davanti. Disporsi alla serendipità significa rimanere sempre curiosi
all’infinito, vivere il viaggio della ricerca senza paraocchi, percorrere un nuovo
sentiero cercando le soluzioni, ma disposti anche ad accettare di buon grado
novità imprevedibili. La meta del ricercatore non deve mai essere chiusa, definita,
ma aperta sempre a tutte le soluzioni.
La scoperta
dell’America, cari amici, è un eclatante caso di serendipità: cercando le Indie
attraverso una via più breve (per risparmiare lunghi viaggi da buon genovese),
Cristoforo Colombo trovò ben altro. E questo, non è rimasto un caso isolato.
Sono davvero tante le scoperte scientifiche dovute ad un caso di serendipity,
come sono anche tanti gli studiosi passati accanto a fenomeni di fondamentale importanza, senza averne
compreso il significato o averne saputo rilevare l’importanza. Anche la
“scoperta” della penicillina da parte di Fleming fu un caso di serendipità, e
chi non ricorda la famosa mela che cadde sulla testa di Newton, facendogli
enunciare la legge sulla gravità universale? Curiosamente, come disse il famoso
ricercatore biomedico americano Julius H. Comroe, la serendipity altro non è
che il: “cercare un ago nel pagliaio e trovarci, invece, la figlia del
fattore”!
Se è pur vero, come
suggeriva L. Pasteur, che: “la sorte favorisce le menti preparate”,
è altrettanto vero che si devono alla serendipità importanti scoperte
scientifiche che hanno fatto la storia. Sono parecchie le scoperte importanti
fatte grazie ad essa, e potremmo citare non pochi esempi. Frederick Grant
Banting scoprì l’insulina notando come le mosche si concentrassero sulle urine
di un cane ricche di zuccheri, a cui era stato sottratto il pancreas, mentre il
Viagra è stato scoperto casualmente dalla casa farmaceutica Pfizer mentre si cercava
un farmaco per curare l’angina pectoris. Anche i raggi X, il mondo dell’web, il
teflon, i neuroni specchio, il forno a microonde e molte altre scoperte sono
arrivate in modo inatteso mentre la ricerca era orientata a trovare soluzioni
per altri problemi.
Cari amici, come ho detto
prima, nel “nostro pagliaio” possiamo trovare anziché l’ago la bella figlia del
fattore, ma se non fossimo andati a cercare l’ago, certamente non avremmo
trovato nulla. Tutto questo ci deve far riflettere. Tutti, ogni giorno,
dovremmo “cercare il nostro ago”, senza mai rassegnarci o abbatterci, pensando magari
che le soluzioni non sono per noi a portata di mano. Arrendersi è la cosa
peggiore che possiamo fare. Quando ci lasciamo andare e ci consideriamo
sfortunati, restando passivi ad aspettare che casualmente la fortuna bussi al
nostro portone, anziché muoverci per lottare e cercare di raggiungere
caparbiamente i nostri obiettivi, allora è il caso di dire che abbiamo gettato
la spugna. Forse, lottando, cercando di reagire, magari non troveremo il nostro
beneamato ago nel grande pagliaio, ma potremmo anche essere più fortunati:
trovare fortunatamente il sorriso e la complicità della…figlia del fattore!
Ciao, a domani.
Mario
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