Oristano
25 Giugno 2015
Cari amici,
il peccato di gola, lo
sappiamo tutti, è uno dei sette vizi capitali, quei comportamenti anomali,
fuori dalle regole, che già Aristotele
definiva gli "abiti del male". A ben pensare, però, il peccato di
gola non consiste semplicemente nella smodata consumazione di cibo, nella mera
ingordigia di ‘divorare’gli alimenti, ma comprende ben altro: esso
spazia dal lusso alimentare, per esempio, alla predilezione per la cucina
raffinata, dalla propensione a cibarsi esclusivamente di pietanze pregiate e costose, allo spreco senza condivisione, isolandosi egoisticamente dal contesto sociale. Questo peccato, in effetti, ha radici primordiali: esso ci riporta alla
nostra iniziale insita animalità.
Peccare di gola,
dunque, è un concetto a largo raggio e non si riferisce solo al cibo. Quello
di gola è un peccato che esaspera il nostro radicato desiderio di “appagamento immediato del corpo”,
attraverso l’utilizzo di qualsiasi mezzo che crei il piacere della
soddisfazione, che provochi compiacimento e appagamento. Partendo dall’irrefrenabile
incapacità di moderarsi nell'assunzione di cibo, esso sconfina poi nell’appagamento
di altri piaceri collegati, come il bere ed il fumare, per esempio. Il peccato di
gola per l’uomo, se riflettiamo un momento, è un peccato profondamente
esistenziale, perché va alla radice del suo Io, e, di conseguenza, lo condiziona.
Questo continuo bisogno
di piacere, questa costante necessità di tenere vivo l’appagamento dei sensi,
nasce già con l’uomo primitivo. Se è pur vero che il Signore ha creato una
stretta connessione tra il mangiare e il piacere (sicuramente per far sì che l’uomo
potesse sempre alimentarsi senza scordarsi di farlo e quindi potesse al
meglio mantenersi in vita), è anche vero che il “vizio”, il peccato, cominciano
quando si mangia non perché il cibo è ritenuto alimento indispensabile, che ci mantiene
in vita, ma per il piacere che esso ci provoca, e di questo piacere facciamo una
necessità assoluta, da soddisfare a tutti i costi. Gli esempi per dimostrare tutto
ciò certamente non mancano!
Potremmo addirittura
sostenere la tesi che il primo peccato di gola lo fecero Adamo ed Eva! Tutto
potrebbe essere cominciato con il piacere curioso di Eva che, con “l’acquolina in bocca” “vide
che l’albero proibito aveva dei bei frutti da mangiare” (Genesi, 3).
Certo in quella prima trasgressione il peccato prevalente non fu certo quello
della gola ma quello della superbia, però, in una discreta percentuale, c’entrava
anche quello di gola. Nella parabola del ricco “epulone” (da epulum =
“banchetto”), i peccati del protagonista sono più di uno: il primo nell’ignorare
Lazzaro e la sua fame, il secondo nel grande egoismo di accaparrarsi per se tutto il
cibo e il terzo nel grande piacere di mangiare,
in modo ingordo, quanto disponibile in tavola.
La tentazione del
piacere del cibo la troviamo anche nella parabola dove Satana cerca di
allettare Gesù, dopo il suo digiuno di quaranta giorni nel deserto, cominciando
proprio dalla gola: offrendogli la trasformazione delle pietre in pane (Lc 4, 1
– 13). Il rapporto dell’uomo con il cibo non si è mai discostato sensibilmente
dall’egoismo primordiale, anzi sotto certi aspetti nel tempo è notevolmente
peggiorato. Nel millennio che stiamo percorrendo, il senso della parabola del ricco epulone
è ancora vivo e vegeto, se è vero, come è vero, che oltre un miliardo di
persone, soffrono la fame mentre nei Paesi ricchi si combatte l’obesità per l’esagerata
nutrizione, ovvero per la grande ingordigia che continua a dominare l’uomo
ricco.
La riflessione di oggi,
cari amici, mi porta a paragonare l’odierno “peccato di gola”, in particolare
quello del mondo occidentale, alla scarsa attenzione che tutta l’Europa sta dedicando
all’esodo biblico di milioni di uomini che, per fame, guerre e persecuzioni,
cercano di lasciare l’Africa rischiando ogni giorno la vita.
Questa immensa
fiumana si muove verso l’Occidente industrializzato in quanto fino ad oggi
nessuno ha cercato di creare, nelle loro terre d’origine, quelle condizioni di
sviluppo che avrebbero potuto consentire non solo un vita migliore, ma
anche un progresso molto più vicino al nostro.
E’ l’egoismo che da
sempre domina l’uomo a impedire condizioni di vita migliori per tutti: chi vive
già bene cerca non solo di mantenere i privilegi ma anche di acquisirne di
nuovi. E il futuro non si presenta ricco di speranza! Nel 2050 gli studi più
recenti hanno preventivato che la popolazione mondiale si attesterà sui 9
miliardi e mezzo di persone e che sarà necessario raddoppiare la produzione
mondiale di cibo per nutrire gli ulteriori oltre 2 miliardi e mezzo di persone che
si aggiungeranno ai 7 miliardi attuali. Il problema diventerà sicuramente drammatico!
L’ingordigia e l’egoismo
dell’uomo, cari amici, anche nel Terzo Millennio non sembrano destinati a
diminuire…e il primordiale animalesco grande peccato di gola continuerà a trasmettersi nel DNA delle nuove
generazioni.
Se l’uomo non rinsavisce….forse sarà la sua fine.
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento