Oristano
3 Luglio 2014
Cari amici,
sfido chiunque a dire
che il tran tran quotidiano lo appaga e che mai nessun pensiero turba lo
scorrere tranquillo del suo vivere. L’insoddisfazione è sempre dietro l’angolo: è
facile, anche in una situazione di apparente armonia familiare o lavorativa, sentirsi
oppressi e inappagati, come se la propria vita stesse scorrendo su binari diversi
da quelli voluti, come se il nostro percorso fosse gestito da qualcuno o
qualcosa che non possiamo controllare e che, come fuscelli al vento, ci
trasporta senza alcuna possibilità di cambiamento in mete non volute. Quando
questo succede iniziamo a sentirci passivi, inerti, stanchi e inappagati. E’
certamente la quotidianità il “tarlo” che corrode il nostro cervello, che
prende il sopravvento, rendendoci apatici e infelici. I giorni, tutti apparentemente
uguali, ci fanno ritrovare, alla fine,
stremati ma insoddisfatti, perché quello che ci manca è il piacere del fare,
dell’inventare, del dimostrare, in primis a noi stessi, di essere padroni della
nostra giornata.
Quando questo succede a
qualcuno può balenare nella mente l'idea di “fuggire”, di rompere la prigione
della quotidianità, per crearsi una vita diversa altrove, in un luogo ideale, in
un altro mondo pieno di libertà, in una nuova città, una “Utopia” dove la frenesia non esiste, tutto è armonia e si vive rilassati e felici.
E’ facile
allora pensare ai luoghi di vacanza, come le isole caraibiche, dove poter
vivere con poco ma senza impegni, riuscendo ad avere del tempo per se stessi. Il
risvolto importante di questi carichi di insoddisfazione che ci schiacciano non è quello
strettamente legato alla fattibilità
economica e organizzativa, cosa in molti casi anche possibile, quanto piuttosto
"cosa nasconde all’interno del nostro Io", questo desiderio di mollare tutto per
ricominciare.
Capire le motivazioni che
ci rendono insoddisfatti è molto importante perché il conseguente stress che ci pervade può
avere nella nostra vita conseguenze molteplici e deleterie: dai rapporti familiari a quelli
di lavoro, dalla vita di relazione, a quella dei nostri hobby, delle nostre già rare ore
di svago.
Sono i momenti di crisi quelli che ci fanno sentire “più in gabbia”,
quelli che ci creano quel forte “stress” che ingigantisce i problemi che non riusciamo
a risolvere. In questo caso scatta la voglia di fuggire, di lasciarsi tutto
alle spalle. Quando i doveri e i sacrifici superano un determinato limite, prendono
il sopravvento sui momenti piacevoli, costringendoci a sentirci come in gabbia, costringendoci di conseguenza a chiudere in un cassetto i nostri sogni. Ad
un tratto ci si rende conto di aver raggiunto un limite, di aver compiuto un
ciclo, e che si ha la necessità di cercare nuove prospettive e motivazioni.
E’ questo, cari amici,
un punto pericoloso, un punto di rottura, che può condizionare il nostro
futuro. Lo possiamo rilevare con certezza dai segnali che il nostro organismo
ci manda: malesseri fisici come emicrania, gastriti, insonnia, sonnolenza
durante la giornata, oltre ai sintomi di natura psicologica come senso di
svogliatezza nell'affrontare la giornata, mancanza di vitalità, visione
incompleta di se stessi. Quali dunque i possibili rimedi? Prima
ancora di addossare eventuali colpe di questo blocco evolutivo personale a
terze persone, è bene provare a guardarsi dentro e capire l'origine di questo
nostro malessere. E' necessario analizzarsi dentro, con attenzione, cercando di riprogrammarsi,
cercando di riorganizzare se stessi come se fossimo una macchina che ha bisogno
di “una messa a punto”.
La prima necessità in
assoluto e quella di recuperare spazi alla propria libertà: riprendersi i propri “spazi
di libertà personale”, senza vincoli o condizionamenti. Quindi è bene crearsi
dei piccoli momenti di svago, dedicandosi nuovamente ad un hobby magari
accantonato in precedenza per il poco tempo a disposizione. Ogni giorno, poi, è
necessario provare a fare qualcosa che ci piace, che appaga anche il nostro Io
giocoso, che ci faccia sorridere; insomma fare qualcosa che amiamo e che ci dia
nuovamente quel senso di leggerezza e di spensieratezza che, strada facendo,
avevamo perso.
Non è importante fare
cose grandi, certamente capaci di darci belle soddisfazioni, ma a volte anche
cocenti delusioni. Basta cominciare dalle piccole cose, piccoli significativi
cambiamenti, ma fatti tutti i giorni. Se introduciamo, ogni giorno una piccola
novità, abbiamo già rotto il tran tran della “solita” quotidianità! D’altra
parte, come sostiene Philippe
Delerm
(francese, insegnante di lettere e scrittore) nel suo libro “La prima sorsata
di birra e altri piccoli piaceri della vita”, la felicità
sta nelle piccole cose quotidiane: “La prima sorsata di
birra. È l'unica che conta. Le altre, sempre più lunghe, sempre più
insignificanti, danno solo un appesantimento tiepido, un'abbondanza sprecata.
L'ultima, forse, riacquista, con la delusione di finire, una parvenza di
potere... ma la prima sorsata!” (Delerm, 1998).
Cari amici, la ricetta per uscire
dall’infelicità data dalla quotidianità, la possiamo trovare soprattutto dentro noi
stessi. Vivere la giornata pensando che dipende da noi, più che dagli altri, ci aiuterà a mantenere la nostra libertà. La nostra mente deve costantemente spaziare: aiutiandoci anche con il sogno. Sognare è importante: ci consente di vivere la realtà con più leggerezza, miscelando i doveri con i nostri piaceri, che, ancorchè piccoli, devono prendere forma tutti i giorni. Realizzare ogni giorno anche un nostro piccolo sogno ci darà quel piacere grande, capace di azzerare la pesantezza dell'impegno lavorativo o familiare. Solo così daremo corpo e realtà ai nostri sogni! Solo così la nostra giornata potrà registrare, sui piatti della bilancia, un equilibrio di doveri e piaceri, questi ultimi, se ne saremo capaci, si tramuteranno ogni giorno in attimi di
felicità.
Grazie amici della
Vostra sempre gradita attenzione.
Mario
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