Oristano
14 Luglio 2014
Cari amici,
nessuno nel mondo può
sostenere di non aver mai avuto paura. Ha paura il bambino quando nasce e viene
al mondo e per questo piange, ha paura il ragazzo prima degli esami; si ha
paura del buio, come della grande piazza deserta, o del pericolo della guerra
come degli incidenti stradali; si ha persino paura di amare, per non restare
delusi, come si paura della morte che sancisce la fine della nostra vita
terrena. A dimostrare tutto questo ci basti ricordare che anche Gesù, sulla
croce, ha avuto il suo attimo di paura.
Questa sensazione, che
ha mille gradi di intensità, è un'emozione intensa, derivata dalla percezione
di un pericolo, reale o supposto. Ben radicata nella specie umana è una delle “emozioni
primarie”, scritta nel nostro DNA, ed è comune anche a molte specie animali.
La
paura è qualcosa di istintivo, dove è prevalente quell’impulso forte che ha
come obiettivo la sopravvivenza del soggetto, posto di fronte ad una ipotetica
situazione di pericolo; paura che ci assale ogni qualvolta si presenti un
possibile rischio per la propria incolumità, sensazione che di solito è accompagnata
da un aumento della nostra soglia vigile, da un'accelerazione del battito
cardiaco, e da altri fenomeni fisici di non poco conto.
La paura si può manifestare
con differenti livelli di intensità, in relazione alle situazioni ed al
soggetto che ne è colpito. C’è chi riesce a dominarla, chi la percepisce in
modo molto forte ma ancora razionale, e chi, invece, vive questo stato
adottando sovente atteggiamenti alquanto irrazionali. Per descrivere questi
diversi “stati di paura” si possono utilizzare,
a seconda della blanda o alta intensità, termini differenti. Ecco i 5 gradi più importanti della
scala, da un minimo ad un massimo: timore, ansia, paura, panico, terrore. Vediamoli
in dettaglio.
Il
timore è la forma più blanda della paura e lo si riscontra
quando una situazione, apparentemente piacevole, è al tempo stesso anche
pericolosa: c'è dunque la possibilità di perdere il possibile piacere, ma si decide
di affrontare comunque il rischio;
Ansia.
In questo caso, a differenza del timore, il rischio da correre per ottenere il
piacere sembra essere più alto. In questa situazione di conflitto tra rischio e
piacere può prevalere sia l’uno che l’altro: o il desiderio del piacere o l’ansia
di perderlo; l’ago della bilancia potrà pendere da una parte o dall’altra;
Paura.
In questo terzo livello il pericolo percepito è più sentito: l’ago della
bilancia pesa inesorabilmente verso il pericolo, considerato ben maggiore del
beneficio. In questo caso nel soggetto emerge il forte desiderio di scappare o
comunque di allontanarsi dal pericolo, sia che questo sia reale o anche
immaginario;
Panico.
Nel successivo livello, quello in cui la paura diviene travolgente, si
determina addirittura il panico. L'impulso è sempre quello di scappare ma è
talmente forte che si decide di allontanarsi dalla (probabile) fonte del dolore
correndo via alla cieca, senza una meta precisa. La situazione di panico è
correlata alla claustrofobia.
Terrore.
E’ questa la forma più estrema della paura. La sua intensità, nettamente
maggiore del panico, crea sempre l'impulso di scappare, ma è talmente forte da
paralizzare il soggetto, che, talmente privo di forze, sceglie di ritirarsi
dentro se stesso. Il terrore è una vera propria fuga verse o l'interno, la
muscolatura si paralizza nell’intento di ridurre la sensibilità dell'organismo,
proprio nel tentativo di soffrire di meno.
Normalmente la paura,
fin dai tempi dell’uomo primitivo, ha sempre avuto una sua funzione positiva poiché
consente di stare lontano da possibili pericoli. La paura, dunque, non è assolutamente
dannosa se scaturisce in conseguenza di un pericolo reale e non raggiunge
livelli di intensità tale da non poter essere controllata. Quando
allora la paura diventa patologica? Nel momento in cui si trasforma in un
disagio esagerato, quando irrompe nell’individuo in maniera eccessiva,
bloccando la sua capacità di agire, di
pensare e di svolgere le normali attività quotidiane. L’angoscia, il panico e
il terrore formano una gabbia terribile, che opprime la persona e impedisce di
vivere serenamente.
Anche le esperienze
particolarmente “forti”, vissute in precedenza in maniera molto traumatica,
possono, in alcuni casi (come una violenta aggressione fisica, una catastrofe
naturale o azioni di guerra), segnare a lungo l’individuo; in questi casi la
paura può restare profondamente sepolta nel suo cervello e riaffiorare
all’improvviso anche quando le situazioni di pericolo non esistono più. È’ il
cosiddetto “Disturbo post-traumatico da stress”, caratterizzato da sintomi,
quali il ripresentarsi non voluto di ricordi spaventosi, che, al riaffiorare dell’evento
traumatico vissuto, ricrea pericolosi stati di eccitazione psichica, in
particolare attraverso ripetuti incubi notturni.
Dalla paura, direte
Voi, possiamo guarire? Possiamo trovare soluzioni per cancellarla dalla nostra
vita? La risposta non è semplice, perché non è la paura quella da eliminare in
toto, ma solo quella dannosa, quella patologica. La paura, come abbiamo detto,
ha un alto valore funzionale, finalizzato alla sopravvivenza. Avere normalmente
paura significa cercare di mettere al riparo dai pericoli la nostra vita,
temere i rischi e stare lontano da quelli oltremodo pericolosi.
Temere certi animali perché
rappresentano un serio pericolo in quanto aggressivi e feroci, evitare di
girare di notte in città da soli, o frequentare determinati ambienti,
costituisce un innegabile vantaggio; così come preparare il proprio corpo ad un
furiosa aggressione o ad una repentina fuga, può in certi casi garantire la
sopravvivenza. Quindi le eventuali cure studiate come rimedi contro la paura
dovrebbero limitarsi a quei casi in cui essa rappresenta uno vera e propria
patologia, come ad esempio attacchi di panico o di ansia di fronte a situazioni
modeste, assolutamente non pericolose.
Cari amici, la cabala
assegna alla paura il 90, il massimo numero, quindi il valore più alto. Come
dicevo all’inizio la paura è parte integrante dell’uomo fin dalla sua nascita.
Facciamo si che continui a restare un valido istinto di protezione, non un
fardello pesante da portare appresso e da curare.
In calce una riflessione di Nelson Mandela.
Grazie amici della
Vostra attenzione.
Mario
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