Oristano
2 Luglio 2014
Cari amici,
le statistiche, lo
sappiamo, sono sempre impietose. Una recente indagine commissionata dal Centro
per il Libro e la Lettura, che ha monitorato i dati sull'acquisto e il consumo
di libri, ha rilevato un ulteriore calo importante sia nella percentuale dei
lettori, che passa nel 2013 dal 49,7 % al 43%, sia in quella degli acquirenti,
che scende dal 44% al 37%. I dati, ulteriormente negativi rispetto al 2012,
denotano un ulteriore aggravarsi della crisi che continua a colpire sia il
settore librario che quello dell’informazione. Se cinque anni fa
il 67% degli italiani leggeva minimo un quotidiano alla settimana, nel 2012 i
lettori sono calati al 45,5%. Per i cari vecchi libri, invece, la discesa si è attestata
intorno alla spaventosa cifra di 6,5 punti percentuali in 12 mesi: dal 56,2%
(di persone che leggono almeno un libro l’anno) del 2011 al 49,7% del 2012.
Cifre davvero incredibili, che denotano un passaggio sempre più rapido di noi
italiani verso l’ignoranza.
A chi superficialmente
afferma che il calo è compensato da uno spostamento sia della lettura che dell’informazione
su un altro tipo di piattaforma, che nella fattispecie è rappresentata dal
mondo digitale, credo che bisognerebbe ricordare che non è tutto oro quello che
luccica. Il fenomeno digitale risulta ancora molto modesto e insufficiente a
coprire l’emorragia del cartaceo.
Gli asettici dati statistici rilevano che il
quotidiano online vede aumentare nell'ultimo anno i suoi lettori del 2,1% (dal
18,2% al 20,3%), mentre gli e-book guadagnano un punto percentuale (dall’1,7%
al 2,7%). E' auspicabile, anche se i numeri sono ancora piccoli, che in futuro l'acculturamento digitale potrà trasformarsi in
un nuovo punto di partenza, capace di promuovere e incrementare il numero dei
lettori: gli e-book costano meno, non ingombrano, sono fruibili su numerosi
device ormai alla portata di tutti: e-reader , tablet, smartphone, oltre al pc.
Tuttavia, oggi viene
spontaneo chiedersi: se gli italiani leggono sempre meno a cosa andiamo incontro? In sostanza cosa andiamo
a perdere? Domanda da un milione dollari, ma alla quale qualche risposta è
possibile dare. Possiamo cominciare dicendo che intanto perdiamo in piacere
di leggere, cosa che non è di poco conto. A seguire possiamo dire che perdiamo conoscenza,
sapere, possibilità di pensare e immaginare. Perdiamo anche il tempo prezioso
di una sana pausa: quello di riappropriarci di uno spicchio di “tempo lento”,
dedicato solo a noi.
Non leggere è come
avere un campo che non coltiviamo, che non seminiamo e che non innaffiamo. E’
creare i presupposti perché un campo prima verdeggiante si trasformi in un
deserto. Possibile che non si rifletta sul fatto che oggi più che mai, in un
mondo diventato sempre più arido, dove funziona solo il contatto informale,
virtuale, dovremmo pensare maggiormente a nutrire le nostre menti, per non impoverirci
ulteriormente? Possibile che la sete di conoscenza si sia spenta all’improvviso
e abbia perso tutto il suo fascino? Scherzosamente potremmo suggerire che per
rendere la lettura nuovamente interessante, qualcosa di desiderato, potremmo provare a proibirli, inoculando nei
lettori mancati il seme del dubbio, il sospetto: insomma mettendo nuovamente
i libri “all’indice”, come nel Medioevo; il libro, ridiventato strumento “pericoloso”,
perché capace di aprire la mente di chi legge, e conseguentemente atto a instillare
nel lettore il forte dubbio sulla
liceità o meno di veder raccontata la vita degli altri, a partire da quella dei nostri governanti. In questo caso, essendo il libro
ridiventato “proibito”, in tanti avrebbero la tentazione ed il piacere di leggerlo, se non altro come atto di trasgressione!
Cari amici, a
prescindere dalle battute ironiche, è necessario, davvero, mettere in atto una
politica culturale seria, perché questo nostro Paese riprenda a leggere. A
partire proprio dalla scuola. È necessaria una legge che ristrutturi concretamente
le biblioteche scolastiche. La lettura di libri e giornali deve avvenire fin
dai primi anni del percorso scolastico, se vogliamo salvare le nuove
generazioni dall’ignoranza. Sono necessarie politiche forti e decise per
diffondere libri e lettura. Perché non si tratta solo di crescita culturale del
nostro Paese, ma anche di crescita economica. Il libro è importante, qualsiasi
sia la piattaforma usata: cartaceo, video o quant’altro. L’importante e
riempire la nostra mente di cultura.
In questo “deserto culturale”, tuttavia, debbo
dire che si intravede qualche segno di speranza, che speriamo diventi
contagioso. Il lume di speranza è dato dagli stranieri, “nuovi italiani” che,
contrariamente ai nativi, amano i libri e la lettura.
Cari amici, saranno forse
Loro a salvare il nostro agonizzante mercato librario? Forse si. E’ facile
vedere in libreria questi nuovi cittadini soffermarsi a lungo sui titoli e poi
uscire con uno, due libri in mano. I più giovani li possiamo vedere seduti sulle
panchine a leggere il loro e-book, cosi come le badanti, che accompagnano i
nostri anziani, leggere un libro o sfogliare un giornale all’ombra di una
panchina in un giardino comunale. Da poco mentre sostavo in una panchina ombreggiata
in un momento di calura, mi colpì una
giovane straniera (forse una badante) che, quasi assente, era intenta a leggere
un romanzo. Dopo un po’ azzardai e le chiesi: ti piace leggere? Lei rispose
subito: si, leggere è bello, mi piace molto. Risposi solo con un cenno di assenso e un sorriso.
La risposta datami mi
fece pensare che questi nuovi italiani, che spesso contestiamo senza motivo,
non sono poi così barbari come qualcuno li vuole dipingere. Forse siamo noi che abbiamo
perso il gusto della lettura, e dunque la curiosità per il sapere. Siamo noi che
scivoliamo rapidamente verso l’ignoranza. Loro, i nuovi arrivati, vogliono
ancora capire, informarsi, emozionarsi, con un romanzo o con un libro di poesie.
Loro hanno una nuova vita davanti, la desiderano, e la vogliono riempire al
massimo, e proprio per questo leggono! E noi stiamo a guardare...
Grazie amici dell’attenzione.
Mario
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