Oristano
25 Luglio 2014
Cari amici,
non credo che la mia
sia solo una vana affermazione: le Start-Up
possono davvero cambiare il volto del nostro Paese.
E’ dall’innovazione che deve ripartire la
nostra ripresa. Start-up, dunque, due parole magiche che sembrano rappresentare
le poche possibilità di trovare lavoro per quello stuolo sempre più grande di giovani,
“parcheggiati” nelle famiglie d’origine. Start-Up come innovazione, come lo è l’E-commerce, il Social Media Marketing e tutte quelle risorse-speranze legate
alla nuova economia. Cerchiamo, intanto, di capire meglio cosa significa
esattamente questo termine inglese, che, chissà perché, a me fa venire in mente
il “botto” dello stappare una bella bottiglia!
Derivato dal verbo
inglese to Start, che in italiano
possiamo tradurre con iniziare, avviare, ma anche cominciare, decollare, unito
ad Up (che significa portare su) la
parola composta Start-Up, a prescindere dal suo significato letterale, designa
il dare inizio ad una nuova attività o ad un nuovo processo produttivo,
attraverso un nuovo modello di business innovativo. Con il termine startup,
dunque, si definisce la fase iniziale, l'avvio di una nuova impresa, attraverso
un nuovo metodo organizzativo e produttivo, che cerca di rendere profittevole
un'idea attraverso processi ripetibili e scalabili. Inizialmente il termine
veniva usato unicamente per indicare la fase di avvio di aziende nel settore di
Internet o delle tecnologie dell'informazione, ma successivamente il termine si è
esteso anche alle altre aziende esistenti, reinventate però in modo nuovo, attraverso un nuovo modello gestionale e produttivo.
Il piano iniziale di
startup presuppone un progetto innovativo di partenza, “un’idea nuova” che evidenzi
i costi tipici della fase di avvio (i primi dodici mesi di attività), ovvero di quel periodo in cui si affrontano costi certi a fronte di ricavi incerti; ovviamente il business-plan deve partire
dall'ammontare del capitale proprio che si ha la possibilità di investire
nell'azienda, cercando soluzione per la parte mancante. E’ a questo punto che intervengono i finanziatori pubblici o
privati. Questi ultimi sono venture capitalist, business angels, fondazioni di impresa,
banche e gruppi assicurativi; investitori in linea di massima disponibili a
supportare le idee particolarmente innovative, la "vera creatività", capace di generare nuove
idee per nuovi prodotti e servizi ad elevato impatto sociale ed economico. Tutti
i finanziatori (pubblici e privati), credendo e riponendo la loro fiducia nelle imprese finanziate, operano
con l’obiettivo di favorire una competizione sana e leale tra persone creative, che
pensano in modo nuovo al business ed all’innovazione.
E' questo un modo nuovo di fare business, che agli scettici appare come una "meteora", un fuoco passeggero destinato presto a spegnersi. Penso che gli increduli si sbaglino di grosso.Tutte queste nuove ed
interessanti forme di supporto, finanziario e non, destinate alla realizzazione
dei nuovi progetti d’impresa, cari amici, sono convinto che non siano solo un fatto “temporaneo”,
una così detta 'tendenza a seguire la moda d’oltralpe'. Credo, invece, che dietro tutto questo movimento innovativo ci sia
un reale cambiamento della mentalità italiana, sia nei confronti del lavoro che del
fare impresa, oltre che nell’impegno a creare un “sistema socio-economico nuovo”, basato in modo innovativo sulla condivisione
delle idee tra più attori-protagonisti, un concreto e reale aiuto ai validi giovani che si cimentano
nel fare impresa, che cercano di volare da soli, cercando di costruire la
strada del loro futuro.
Non è un caso che
colossi come Vodafone, Telecom, Wind, Accenture, Unipol e tanti altri grandi
gruppi abbiano deciso di credere e dare fiducia, attraverso le proprie fondazioni d’impresa
o in maniera diretta, alle iniziative che stimolano la creatività giovanile: piattaforme e competition che stimolano il genio dei
nostri giovani sui campi più disparati. Si spazia, infatti, dalla cultura alle
scienze mediche, dalla digital innovation alle dinamiche del welfare, dall’imprenditoria
femminile alle idee d’impresa al servizio delle donne. Non è un restyling
del vecchio modo di fare impresa, non è una banale operazione di social
marketing, per far apparire più umane certe grandi aziende, ma un nuovo approccio di dialogo paritario con il territorio, restituendo ad esso risorse
e opportunità. Credo che oggi non sia più possibile pensare “solo al proprio business”
senza partecipare attivamente alla creazione del futuro sociale ed economico del Paese, anzi che sia addirittura non più praticabile un egoistico business aziendale avulso dal territorio.
Credo anche che non sia
più tempo di interventi pubblici “a pioggia”, erogati soprattutto al Sud, evitando di farlo crescere e consentendo lauti guadagni solo ai “soliti noti”. E’
tempo che la capacità della pubblica amministrazione sia tale da far estraniare
gli appetiti politici, intervenendo seriamente e concretamente per agevolare il
lavoro di chi merita, dei tanti giovani che sempre di più ed in gran numero, battono
fiacca e vivono sugli stipendi e le pensioni dei loro genitori. In questo
settore soprattutto l’Europa può fare molto: costruendo e finanziando percorsi adatti
ai giovani, ai quali va data la possibilità di realizzare le loro idee
innovative, costruendo così l’Europa di domani.
Cari amici, credo siamo
sulla buona strada, anche se non è certo il caso di illudersi e far festa. Gli ostacoli non
mancheranno di certo, considerate le scarse possibilità di agevolazione pubblica
dell’Italia, e la scarsa e/o debole fiducia degli operatori economici
internazionali, che ancora nutrono seri timori sulla stabilità della nostra
economia. La fiducia, però, non deve mancare. Solo se stimoleremo i nostri
giovani a “fare”, se li supporteremo convincendoli ad impegnarsi, a rischiare,
ci sarà per loro un futuro meno fumoso, meno incerto: solo se li sosterremo
con forza vinceranno la loro battaglia!
Grazie, amici, della
Vostra attenzione.
Mario
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