Oristano
23 Maggio 2014
Cari amici,
la notizia credo abbia
rattristato l’Italia intera, non solo me! A Pomezia La gara bandita dal Comune
per l’approvvigionamento delle mense scolastiche (per i bambini da 3 a 10 anni)
ha previsto due menu diversi, in base alle possibilità economiche delle famiglie:
uno comprende il dolce, l’altro no. Una decisione, quella sulla diversità dei
menù, che ha fatto storcere il naso a molti genitori e non solo, per via delle
conseguenze: figuratevi la tristezza dei bambini privati del dolce, come
avrebbero reagito, nel guardare i compagnetti più fortunati mangiare il dessert che a loro
non spettava.
Niente
dolce a fine pasto per i bambini più poveri, questa la
brillante idea dell’Amministrazione Comunale di Pomezia, guidata dal grillino
Fabio Fucci, per le mense delle scuole pubbliche. Una decisione che lascia
tanti con l’amaro in bocca, nel pensare non tanto alla valenza economica della
decisione ma a quella sociale. Pensare di “punire” un bambino togliendogli
proprio nei primi anni di formazione un piccolo piacere come quello del dolce,
significa fargli “pesare” in modo schiacciante la sua “condizione” di paria,
quella di non appartenere ad una famiglia benestante ma ad una povera. Credo
che decisioni così brutali possano contribuire a “marchiare”, fin dall’origine,
il bambino, a farlo sentire “diverso”, instillargli già, a cinque anni,
quell’odio di classe che probabilmente mai più si cancellerà col passare del
tempo; è cosa triste il risentimento, sentirsi discriminati fin da piccoli: l’odio
di classe instillato in età infantile, crescendo potrà solo aumentare.
Riflettendo sui fatti sorge
anche il dubbio, sotto certi aspetti legittimo, che il sindaco di Pomezia,
prendendosela con i bambini, proprio con coloro che più di tutti andrebbero invece
tutelati e coccolati, intendesse, con la decisione presa, mettere in atto i
suoi “personali obiettivi pedagogici”, ovvero
insegnare Loro, fin dalla più tenera età, la disuguaglianza fra ricchi e
poveri, fra chi può permettersi qualcosa (come un dolce) e chi no. Decisione sotto
certi versi assurda, oltre che ridicola, a dir poco discriminatoria, capace di
creare divisioni e differenze fra i bambini, in un’età in cui l’uguaglianza,
soprattutto nella scuola pubblica dovrebbe essere la norma. Perché la scuola,
amici, è una fucina di formazione, dove ai bambini dovrebbe essere offerto uguale
calore e affetto, a prescindere dallo “status” delle famiglie; ambiente, quello
scolastico, fatto di amicizia, rispetto e solidarietà, in cui sentirsi tutti uguali,
non sottoposti ad inutili differenziazioni, lesive sia della loro dignità e
serenità, oltre che di quella delle famiglie.
Un provvedimento discriminatorio,
quello del Sindaco di Pomezia, mai venuto in mente neanche ai sindaci leghisti
più fantasiosi, intervenuti in passato in modo improprio su mense scolastiche e
buoni pasto. Nella scuola pubblica, cari amici, vanno assicurati servizi di
qualità e uguali per tutti, questo è
necessario per educare al meglio le nuove generazioni, non accentuare con
assurdi provvedimenti le differenze di classe fin dall’infanzia, se vogliamo,
davvero, dare loro una buona educazione! La decisione del Sindaco di Pomezia ha
fatto infuriare molti genitori, che hanno visto i propri figli discriminati. Questi
alcuni commenti dei genitori infuriati: “Ma si può sentire qualcosa di questo genere
senza sentire ribrezzo nei confronti di squallidi figuri come il sindaco, la
sua vice ed il movimento che essi rappresentano? Solo due parole FATE
SCHIFO!!!”. Un altro rabbioso commento: “Qual è l’obiettivo?
Provocare un trauma ad una parte degli alunni??? Se si tratta solo di budget,
non sarebbe stato più opportuno eliminare il dolce ai pasti per TUTTI i
bambini? E’ un provvedimento che fa orrore! Vergogna, vergogna e ancora
vergogna… votateli ancora questi imbecilli mi raccomando sono il futuro
dell’Italia!”.
La cosa ancora più
sorprendente è che, anche economicamente, la differenza tra i due pasti non era
poi così abissale. Uno dei pasti, quello più ricco, andava a costare 4,40 euro,
,mentre quello più povero 4,00. La disputa, se così la possiamo chiamare era
basata praticamente su 0,40 centesimi. Credo che sarebbe bastato ridurre la
dose del dolce e concordare un menù unico eliminandolo. Resta, invece, l’amaro
effetto della divisione tra chi ha e chi non ha. La triste differenziazione, se
verrà veramente applicata, diventerà certamente un interessante studio sociologico.
Come si comporteranno i bambini, che, seduti tutti alla stessa tavola, si
vedranno serviti con due menù diversi? Non ci vuole certo un
genio per capire cosa accadrebbe in una mensa scolastica dove alcuni bambini
ricevono il dolce e altri no. Pensate, proprio il dolce …la cosa che i bimbi
aspettano di più! Un così differente
trattamento, esibito davanti alle maestre e ai compagni, avrebbe senza dubbio pesanti
ricadute e ripercussioni soprattutto nel rapporto tra i piccoli alunni, con
conseguenze che possiamo immaginare tutti.
Ecco, cari amici, a
parte tutto, quello che non si può proprio perdonare al sindaco di Pomezia è
l’aver cercato di istituzionalizzare "la diversità", la differenza economica, coinvolgendo i
bambini stessi; l’aver pensato di farli edotti e partecipi dell’esistenza di
diverse classi sociali proprio nel periodo dell’innocenza, senza riflettere
sulle pericolose ripercussioni derivanti. Trovo imperdonabile un atto che crea,
in un’età delicata, divisioni anziché unione e armonia, età quella infantile,
dove il possesso ha un valore affettivo molto elevato. La mancanza di qualcosa
che piace e che altri hanno, innesca la spirale della gelosia, alimenta l’odio
verso chi possiede qualcosa che tu invece non hai. Violentare il “periodo
dell’innocenza”, età in cui tutti i bambini si sentono uguali, è una barbarie
senza giustificazione alcuna. L’auspicio è che il forte coro di indignazione
sollevatosi in tutta Italia sia di monito a tutti: amministratori, di oggi e di
domani.
Cari amici, mi
piacerebbe pensare che i bambini, almeno fino ad una certa età, possano continuare
a sentirsi uguali, senza barriere ne economiche ne sociali. Facciamo sì che
almeno nella fase dell’infanzia continuino a pensare che il mondo è armonia e
che i suoi abitanti sono buoni tutti, grandi e piccoli. Ecco, mi piacerebbe pensare
che, anche a Pomezia, questa tradizione “di uguaglianza” senza discriminazioni,
continuasse ad esistere: almeno fino ai 5/10 anni. Per scoprire e coltivare la cattiveria,
per diventare, da grandi, “avidi, individualisti ed egoisti”, hanno certamente ancora tanto tempo
davanti!
Grazie a tutti Voi dell’attenzione.
Mario
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