Oristano
1 Maggio 2014
Cari amici,
Il clima cambia, e con
esso anche le possibili condizioni per nuove malattie e per il ripetersi di
altre, apparentemente debellate. La nuova allerta su un antico male, la malaria, riguarda un po’ tutta
l’Europa mediterranea. In Sardegna le condizioni del giovane trentenne nuorese,
pare mai mossosi dall’Isola e che ha contratto la malaria, continuano a
migliorare, ma è sempre ricoverato in serie condizioni al San Francesco di
Nuoro.
La malaria è una malattia subdola: è sufficiente un solo morso della
zanzara infetta per esserne colpiti. Questa malattia di origine tropicale
potrebbe presto nuovamente diffondersi massicciamente, dicono i vari ricercatori
inglesi ed americani, che attribuiscono la probabile recrudescenza di questa
patologia ai cambiamenti climatici che si stanno registrando a livello globale
nel pianeta. Studi recenti, effettuati negli altopiani dell'Etiopia e della
Colombia hanno dimostrato che si verificano sempre più casi di malaria proprio
per l’aumento delle temperature, come scrivono gli esperti britannici e
statunitensi sulla rivista statunitense "Science", pubblicata di
recente.
La malaria, a detta
degli esperti, è ancora un male insidioso e difficile da debellare anche ai
nostri giorni. Nel 2012 sarebbero morte a causa del patogeno trasmesso dalle
zanzare anopheles, una specie molto diffusa nelle zone tropicali di tutto il mondo,
circa 627 mila persone, soprattutto bambini. La Colombia e l’Etiopia risultano le zone
più colpite.
In queste zone la media dei casi di malaria é aumentato negli anni
più caldi ed é diminuito, di conseguenza, nei periodi in cui il clima era più
fresco. Questo porta ad una logica considerazione: con l'aumento delle
temperature, che riguardano tutto il pianeta, più persone saranno esposte al rischio di
infezione malarica in futuro. Nel mondo circa metà della
popolazione, 3,4 miliardi di persone, è "a rischio" di contrarre questa malattia: i casi rilevati nel
2012 sono stati oltre 200 milioni, ed hanno interessato 97 Paesi. Le zanzare
portatrici dell'elemento patogeno stanno ampliando progressivamente il loro raggio
d'azione. Anche l'Europa, che con l’aumento della temperatura si va
tropicalizzando, non ne è immune, avvertono gli esperti.
La Sardegna in passato ha già
pagato un prezzo altissimo per questo male, con un tasso di
mortalità fra i più alti della nazione: negli anni 1920 /1939 la Sardegna era
la regione d'Italia più colpita dalla malaria, seguita dalla Puglia. Le origini
di questa insidiosa malattia in Sardegna si perdono nella notte dei tempi: probabilmente fu
introdotta con l'arrivo dei Protosardi di provenienza nord-africana, e divenne
endemica all'epoca dei Fenici e dei Cartaginesi. Con la conquista da parte dei
Romani questo male assunse le caratteristiche di una vera e propria epidemia,
ma la diffusione continuò in tutta l'isola fino al Medio Evo, per proseguire poi
fino al XX secolo. Durante la seconda guerra mondiale la Malaria aumentò
sensibilmente in tutta l'Italia a causa della disgregazione dei servizi
sanitari e della distruzione degli impianti di drenaggio in seguito alle
operazioni militari; ciò portò ad un aggravarsi della situazione in varie
regioni, ad esempio nel Lazio, nelle Paludi Pontine e nell'Agro Romano; la
situazione ritornò sotto controllo nel 1946, con l'uso del DDT. In Sardegna l'Ente
Regionale che si occupò della Lotta Anti-Anofelica fu l’ERLAAS, istituito il 12 aprile 1946,
come Ente speciale dell'Alto Commissariato Italiano per l'Igiene e la Sanità.
Il progetto, di grandi
dimensioni e di difficile attuazione, necessitava per poter funzionare di una grande
disponibilità di fondi. La messa in atto fu possibile grazie all’ampio sostegno
americano: finanziatori furono l’UNRRA (United Nations Relief and
Rehabilitation Administration), l’ECA (Economic Cooperation Administration) e
la Rockfeller Foundation. La Fondazione Rockfeller contribuì al progetto, che
ebbe inizio il 13 maggio 1946, anche con la direzione tecnica dello stesso,
attraverso la propria International Health Division; l'attività, svolta con
svariati mezzi (tra cui anche aerei per le zone più difficili da raggiungere),
continuò fino alla fine del 1950.
Le campagne di
disinfestazione messe in atto furono quattro: Nella prima campagna antianofelica (aprile-ottobre 1947), che fu di tipo
sperimentale, si suddivise una superficie di 5.400 chilometri quadrati nella
parte sud-occidentale della Sardegna, in 10 sezioni, raggruppate in due
divisioni; Nella seconda campagna anti larvale,
durata dal febbraio all'ottobre del 1948, si intervenne contro tutte le specie
di zanzara anofele presenti in Sardegna; per facilitare le imprese di
disinfestazione, i confini dei diversi distretti furono definiti in modo più
chiaro, si cercò di invogliare gli osservatori attraverso una "caccia ai
focolai” anche minuscoli, non solo ai grandi specchi d’acqua; Nella terza campagna, che durò dal febbraio
all'ottobre del 1949, vennero ri-setacciate le zone dove erano sopravvissute le
anofeline (fino al marzo del 1949), poi si intensificarono gli sforzi contro la
sola specie della Anopheles labranchiae; venne effettuata, infine, un'altra
campagna antianofelica (la quarta)
nel 1950, che doveva servire come controllo. I focolai furono ricontrollati,
per
prevenire l'eventuale pericolo che il vettore malarico fosse ancora presente.
Alla fine degli anni '50 si accertò che il lavoro effettuato in queste campagne (specialmente
nell'ultima) era stato soddisfacente e che il morbo, nonostante le difficoltà,
era ormai sotto controllo.
Dopo quest’impegno assai notevole, durato
circa 5 anni e costato svariati milioni di dollari, si prese atto che il
vettore indigeno della malaria, pur fortemente colpito e ridimensionato, non
era stato comunque debellato del tutto: un numero esiguo di focolai, in alcune zone
isolate della Sardegna purtroppo rimasero. Per la popolazione sarda, però, questo
risultato rappresentava indubbiamente uno degli eventi più significativi della
sua storia: la vasta azione di bonifica
rese disponibili e vivibili grandi aree di terreni coltivabili e,
inoltre, l’opera di bonifica aveva messo in luce l'entità delle risorse
agricole, minerarie e naturali prima inutilizzate, diventate potenzialmente
preziose.
Dopo oltre mezzo secolo
di tranquillità oggi il problema “malaria” torna alla ribalta anche in
Sardegna, oltre che in varie altre parti del mondo. In
attesa del nuovo vaccino, che potrebbe arrivare nel 2015, i farmaci esistenti e
gli accorgimenti come la diffusione delle zanzariere trattate con insetticida
possono fare molto per l'eradicazione, o almeno per il controllo.
Secondo
l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la malaria e la sua fonte, la zanzara anofele, andrebbero combattute più efficacemente. In Africa ancora oggi ogni
minuto un bambino muore a causa della malaria. Certo ci vorrebbero molti più soldi per
una protezione efficace, ma mancano adeguate risorse. Sarebbero necessarie
zanzariere, insetticidi, e farmaci di profilassi: questi gli unici modi per diminuire
il rischio di contagio, tenendo presente che il problema non riguarda solo gli
abitanti delle aree tropicali, ma anche i cittadini di altre zone, anche immuni, che per viaggio o turismo
si spostano in zone che precedentemente non erano considerate a rischio.
Il cambiamento del clima, il riscaldamento del pianeta, che continua ad aumentare, ha allargato il raggio d'azione della zanzara anofele e anche noi sardi, che la
malaria la conosciamo bene, abbiamo di nuovo paura. Io, che da ragazzo ho visto
all’opera i disinfestatori, ricordo bene quelle macchinette a pompa che,
riempite di DDT, spruzzavano nuvole di quel disinfettante dall'odore pungente nelle stanze, nei cortili e anche sui capelli in
testa a noi ragazzi, per il timore delle possibili punture. Anche a casa mia sulla facciata, all’altezza della porta d’ingresso, rimase per lungo tempo quel triste
quadrato dipinto con vernice nera, dentro il quale c’era la data di
disinfestazione e la scritta DDT. La riapertura nella mia mente, dopo tanti anni, di quel file di ricordi giovanili, mi ha messo paura: mi fa ancora rabbrividire…
Grazie amici dell’attenzione,
a domani.
Mario
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