venerdì, maggio 09, 2014

LA CULTURA DEL POPOLO SARDO ATTRAVERSO I SUOI PROVERBI. ESSI SONO IL SEGNO PIU’ TANGIBILE DEL NOSTRO ATAVICO SENSO DI IMPOTENZA NEI CONFRONTI DELLE AVVERSITA’.



Oristano 9 Maggio 2014

Cari amici, 

“Bene narat su diciu” (dice bene il proverbio), esclamano ancora oggi i vecchi sardi trovando, con saggezza, per ogni situazione un proverbio adatto. La saggezza è quel bagaglio di esperienza che si acquisisce nel tempo, che riconosce alle generazioni precedenti il percorso di conoscenza già acquisita e che, se vogliamo, può tornare utili anche a noi.  
La saggezza dei sardi la troviamo in una miriade di proverbi (dicius), modi di dire, che riguardano tutte le manifestazioni della vita: dall’amore all’odio, dalla religione alla vita quotidiana, dalle annate buone a quelle cattive, dal rimpianto per  non aver colto un’occasione alla troppa fretta nel fare le cose. Il proverbio credo sia nato per sintetizzare la passata esperienza dei nostri antenati e poterla trasmettere ai posteri: le brevi e spesso taglienti affermazioni in esso contenute sono la sintesi di un processo di vita, la risultante, a volte amara, di un errore da non ripetere. Per testimoniare l'alto valore attribuito ai proverbi nella civiltà isolana, il grande glottologo Giovanni Spano li raccolse, nel secolo scorso, dalla viva voce del popolo e li pubblicò in appendice al suo Vocabolario sardo-italiano. Egli sosteneva che: “Ogni proverbio è un’avvertenza, è il maestro del presente e del futuro. E’ pure un conforto nelle disgrazie, sentendosi naturalmente citare dagli amici per lenirle, o da se stessi per rassegnarvisi…”.
Questi “distillati di esperienza”, maturata nel corso dei secoli, sono ancora validi, nonostante il lento ed inesorabile trascorrere del tempo. Un grande rammarico è che molti sardi appartenenti alle nuove generazioni non solo hanno abbandonato il sardo come loro lingua madre, ma non sono neanche curiosi di conoscere la loro antica cultura, maturata nei millenni dai loro antenati. Spero che questo processo di abbandono e rifiuto della nostra saggezza antica possa presto tramutarsi in una riscoperta delle nostre nobili radici. Ecco ora per Voi una panoramica dei più noti proverbi, frutto della nostra straordinaria cultura. Nella breve esposizione ho voluto premettere, prima di raggrupparli, la mia “supposta causale” del messaggio contenuto nel proverbio, aggiungendo, per quelli che hanno poca dimestichezza con il sardo, la libera traduzione in italiano. Buona lettura.
La classica diffidenza dei sardi è presente in tanti proverbi. Difficile per un sardo unirsi agli altri, “fare squadra”, costruire qualcosa insieme: il suo forte individualismo glielo vieta. Anche gli amici che Egli conta sono pochissimi, solo quelli sperimentati. Ecco alcuni proverbi che lo dimostrano:
1) Confida in totus e fidadì de pagus (Confida in tutti e fidati di pochi);
2) Riu mudu, trazadore (Rio muto, trascinatore),
3) Faeddare pagu, sabidorìa meda (Parlare poco, saggezza estrema),
4) S'amigu proadu tenelu in contu (L'amico sperimentato conservatelo);
5) Homine sabiu non chircat fattos anzenos (Gli uomini dabbene non cercano i fatti di altri);
6) Fagher su bellu in cara, et in segus s'istoccada (Far il bello in faccia, e dietro la stoccata);
7) Nemos podet narrrere: eo dae cussa funtana non bivo (Nessuno può dire: io non berrò mai da quella fonte;
8) Né chin maccu, né cun santu no brulles tantu (Né col matto, né col santo, non scherzare tanto);
9) In divinu et in humanu: si a vinti no es galanu, i a trinta no hat iscentia, e a baranta no hat prudentia, i a chinbanta no es devotu, s'omine est perdidu in totu (Nel divino e nell'umano: se a venti non è galante, e a trenta non ha scienza, e a quaranta non ha prudenza, e a cinquanta non è devoto, l'uomo è fallito del tutto;
10) Unu pacu de fele amargurat meda mele (Un po' di fiele rende amaro molto miele).

 Dopo la nota diffidenza, sono le avversità della vita e, dopo i tanti sacrifici, la paura della morte a impensierire l’animo dell’antico sardo. Ecco alcuni proverbi-riflessione.
1) A pranghere e a riere, toccada a die a die (A piangere ed a ridere, tocca di giorno in giorno);
2) In su naschere e in su morrere tottus semus ch’e pare (Nel morire e nel nascere tutti siamo uguali);
3) Fuire da’e su fumu et ruere in su fogu (Sfuggire il fumo, e cadere nel fuoco);
4) A su morotzu current sos corvos (Sulla carogna si avventano i corvi);
5) Nessunu si nelza biadu, chen’a essere interradu (Nessuno sia detto beato prima di essere sepolto);
6) Cane mudu, bardadi is cambas (oppure “mossu mortale” (Cane muto, guardati le gambe, oppure morso mortale);
7) Qui sighit duos leperes non de sighit mancunu (Chi insegue due lepri non ne insegue nessuna);
8) Briga de frades, briga de canes (Lite di fratelli, lite di cani);
9) Menzus chivarzu in domo sua chi non Coccoi in domo anzena (Mglio pane nero in casa propria, che pane bianco in casa d'altri);
10) Bestidu, su bastone, paret unu barone (Rivestito, anche un bastone può sembrare un barone).

 Altri temi trattati con dovizia di particolari nei proverbi sono: la giustizia, la diffidenza nei confronti della donna, l’avarizia e la mancanza di sincerità, spesso in tanti riscontrata. Eccone alcuni esempi.
1) Lezzes meda, populu miseru (Molte leggi, popolo misero);
2) Faeddare pagu, sabidorìa meda (Parlare poco, saggezza estrema);
3) Homine cando faeddat, et non abbaidat in cara, homine traitore (L'uomo che parla e non guarda in viso, è uomo traditore);
4) Tres cosas sunt reversas in su mundu: s'arveghe, s'ainu e sa femina (Tre cose sono testarde nel mondo: la pecora, l'asino e la donna);
5) Sa malizia de sa femina superat totu sas ateras (La malizia delle donne supera tutte le altre);
6) Inue non penetrat sa femina, mancu su diaulu (Dove non arriva la donna non arriva neanche il diavolo);
7) Dae sa die chi prestas has un'inimigu in prusu (Dal giorno che prestate avete un nemico in più);
8) S'avaru non faghet bene si non cando morit (L'avaro non fa bene se non quando muore);
9) Avaru ses? Mìndigu moris (Sei avaro? Povero morirai);
10) Ogni inimigu est potente, finzas sa formigula (Ogni nemico è forte, anche la formica).

Cari amici, quelli che Vi ho riproposto sono solo una piccolissima parte dei numerosissimi proverbi che la nostra antica cultura sarda ha coniato nel tempo. Saggezza antica, quella contenuta, ma che ha anche al giorno d’oggi una sua grande validità. Per non annoiarvi troppo ne aggiungo pochi altri, reperiti tra i più noti, e che alla saggezza aggiungono una spiccata ironia, capaci  quindi di strapparci anche un sorriso!

1) Bene narat su diciu, a caddu curridore, sa briglia forte! (Dice bene il proverbio, a cavallo brioso briglia forte), nel senso che ai giovani esuberanti è necessario dare un’educazione forte;
2) A su caddu lanzu, curret musca meda (Al cavallo magro corrono molte mosche). Significa che sul povero si accumulano le disgrazie;
3) Chie dormit a pizzinnu pianghet a bezzu (Chi dorme in gioventu', piange da vecchio). Significa che chi non si da fare in (lavora) da giovane si ritroverà a piangere da vecchio;
4) Chie hat dinare meda cumparit innocente (Chi ha molti soldi viene giudicato innocente);
5) De sos duos males abbrazza su minore (Dei due mali abbraccia sempre il minore);
6) De su trabagliu fattu non tinde pentas mai (Del lavoro fatto non pentirtene mai);
7) Homine fattu cun dinari, non balet a nudda (Uomo fatto con i soldi non vale a nulla);
8) Menzus corpos de fuste de amigu chi non lusingas de inimigu (Meglio avere bastonate dall'amico che lusinghe dal nemico);
9) Sa cosa furada pagu durat, et comente est bennida, gasi si ch'andat (La cosa rubata poco dura, e come viene se ne va);
10) Senza dinare non si cantat missa (Senza denaro non si canta messa [cioe' non si fa nulla]).
Grazie a tutti Voi dell’attenzione: per oggi basta, altrimenti, come dice un saggio proverbio sardo “Su tropu istropiat” (Il troppo storpia)!
Ciao!

Mario

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