Oristano
10 Maggio 2014
Cari amici,
nonostante la crisi che
ci attanaglia credo che pochi siano felici di avere in tasche le inutili
monetine brune, in lega di rame, da 1, 2 e 5 centesimi di Euro.
Il loro valore
è oggi quasi infinitesimale, considerato che in molti negozi, supermercati
compresi, si arrotonda già alla cifra inferiore. La cosa più buffa, a parte la
seccatura di avere in tasca monete di scarsissimo valore, è che la loro
presenza è ovunque “ingombrante”: nelle banche, che le debbono distribuire, nei grandi
magazzini che le richiedono al sistema, presso gli addetti alla cassa che le debbono fastidiosamente
rendicontare tutti i giorni. Ma tutto questo non è ancora sufficiente a classificarle
come un terribile peso: c’è di più, in quanto queste inutili monetine hanno un
costo di fabbricazione (che, in molti non conoscono), ben superiore al loro
valore nominale e che fa gridare allo scandalo!
Pensate che il costo di
fabbricazione di una moneta da 1 centesimo di euro (il calcolo non è un’ipotesi
ma uno studio serio del nostro Parlamento), è pari a 4,5 centesimi, la
produzione dei 2 centesimi ne costa 5,2 e quella dei 5 centesimib ben 5,7. Insomma, una produzione industriale assolutamente antieconomica, che ha già
spinto Paesi come la Finlandia e i Paesi Bassi a bloccare il conio delle suddette
monete. Questa inutile fabbricazione, praticamente senza benefici, ha già
comportato per le casse dello Stato, dal momento dell'introduzione dell'euro ad
oggi, un costo complessivo di 362 milioni di euro, a fronte di un valore reale
(espresso dalle monetine coniate dalla Zecca), di 174
milioni.
Non pensate anche Voi che abolirle significherebbe “risparmiare”, in
tempi grami come quelli che stiamo attraversando nei quali la spending review falciadia cose
ben più utili? In Sardegna, come ho anticipato nel titolo, in tanti, per questo
spreco, avrebbero sibilato: “Balet prusu sa sarza chi non su pische!”
(che liberamente tradotto significa che la salsa vale molto di più del pesce).
Nei giorni scorsi il nostro
Parlamento ha votato una mozione contro la produzione delle monetine da 1, 2 e
5 euro, i cui costi di fabbricazione sono appunto altissimi. Questa mozione, che
nella versione iniziale del documento era ben più incisiva e categorica, è stata approvata (pur molto alleggerita)
con largo consenso alla Camera, ed impegna il Governo a valutare una riduzione della domanda di monete di piccolissimo
taglio, previa valutazione degli impatti sull'inflazione. Circa
l’alleggerimento del contenuto iniziale del documento, da parte del Governo, qualcuno
azzarda l’ipotesi, forse neanche troppo fantasiosa, che la determinata formulazione
iniziale della proposta ledesse gli interessi di qualche “Gruppo” industriale
di spessore. Già, perché dietro la fabbricazione di queste minuscole monete
spuntano, come i conigli dal cilindro del prestigiatore, i fornitori del
materiale necessario alla loro produzione. Cerchiamo di capire meglio la
questio, ripercorrendo l’iter della loro fabbricazione.
Partiamo innanzitutto dallo scoprire
chi è che in Italia fornisce allo Stato il materiale per coniare i centesimi di
euro. Ebbene, tra le aziende fornitrici c'è la “Marcegaglia Buildtech”, società che fa capo al gruppo di famiglia
di Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria e oggi Presidente dell'Eni.
Questo,
forse, spiega perché la Mozione iniziale, presentata il 24 ottobre del 2013 a
Montecitorio, alla fine è stata approvata in un testo molto diverso da quello
iniziale. La formulazione originaria della proposta intendeva chiedere, senza tanti
complimenti, di “sospendere il conio delle monetine”; la versione finale approvata, invece, impegna il governo a “esaminare
l'opportunità” di introdurre misure finalizzate a ridurre in maniera
significativa la domanda di monete da 1 e 2 centesimi". Per me sono due cose molto diverse,
nella forma e nella sostanza!
Il fatto che nel
business della produzione delle famigerate monetine ci fosse il gruppo
Marcegaglia, forse ha fatto la differenza. Ripercorrendo il percorso fatto da
quest’Azienda per inserirsi nel business delle monetine, si rileva che nel
febbraio del 2013 la Marcegaglia Buildtech ha vinto, indetto dal Poligrafico
dello Stato, un appalto del valore di 2 milioni e 937 mila euro, per fornire
"nastri in acciaio al carbonio per la produzione di semilavorati,
finalizzati alla coniazione di monete divisionali in euro da 1, 2 e 5
centesimi". L'appalto, della durata di un anno, era rinnovabile di
ulteriori 12 mesi con un raddoppio, però, dei costi. Il Poligrafico, in
tempi più recenti, ha predisposto una nuova gara per la stessa fornitura. In ballo
questa volta un importo più corposo: 6 milioni e 138 mila euro, per un periodo
di 24 mesi.
Cari amici, anche in politica (forse sarebbe meglio dire sopratutto) le cose, come in un gioco di prestigio, non vanno mai in modo lineare. Parafrasando un detto comune si potrebbe dire che "c'è chi propone e chi dispone". Andreotti
(da poco su questo blog ho riportato una riflessione su di Lui) diceva che "a
pensare male si fa peccato ma di solito ci si indovina".
Certo, il gruppo facente capo alla Marcegaglia è una grossa struttura e,
ovviamente, la “Marcegaglia Buildtech” non basa il suo fatturato ed il suo
business esclusivamente sulle monetine. La società, però, pur avendo aumentato
il fatturato 2012 da 177,5 a 183 milioni, perde circa 14 milioni di euro l'anno
ed è in procinto di chiudere uno stabilimento a Milano. Questo sta a
significare che, forse, gli appalti del Poligrafico dello Stato le fanno ancora
molto comodo.
Meditate, gente,
meditate!
Grazie, amici,
dell’attenzione.
Mario
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