sabato, febbraio 21, 2015

DOPO ANNI DI SBANDIERATA “SOLIDITÀ” DEL NOSTRO SISTEMA BANCARIO, SIA DA PARTE DI BANKITALIA CHE DELL’A.B.I., SPUNTA ALL’ORIZZONTE ANCHE DA NOI LA “BAD-BANK”.



Oristano 21 Febbraio 2015
Cari amici,
tanto tuonò che piovve. Per il sistema bancario italiano, dopo anni di alchimie economico-politiche, si prepara una vera e propria “rivoluzione”. Sia il Presidente del Consiglio che il Ministro dell'Economa Pier Carlo Padoan, sembrano ormai decisi: la cosiddetta Bad Bank, la Banca Cattiva, presto sarà una realtà anche nel nostro Paese. La Bad Bank, termine poco chiaro per i non addetti ai lavori, altro non è che una Società, costituita appositamente per farsi carico dei crediti anomali presenti nei bilanci degli Istituti bancari in difficoltà. In sintesi, concessioni creditizie a suo tempo messe a disposizione della clientela (spesso con troppa disinvoltura), successivamente diventate, in tutto o in parte, scarsamente esigibili, ma che continuano a figurare nei bilanci delle aziende bancarie come crediti. Zavorra che, mantenuta fittiziamente tra le poste attive, mina la solidità dell’azienda bancaria e la sua capacità di continuare a svolgere seriamente la funzione creditizia.
Per anni (almeno tre, ma anche di più) abbiamo fatto come lo struzzo: abbiamo volutamente tenuto la testa sotto la sabbia, millantando per le nostre banche una solidità che in effetti non c’era. Mentre altri Stati nel frattempo sono stati più accorti di noi, creando le condizioni per scaricare questi crediti, noi invece, di fronte all'ipotesi di una Bad Bank, abbiamo opposto una sorda resistenza (sia da parte di Bankitalia che dell'Abi), decisi a difendere a spada tratta il nostro sistema creditizio che veniva dichiarato solido e in grado di “uscire dalla crisi” senza l’aiuto della mano pubblica. Solidità, quella sbandierata, successivamente messa in dubbio da diversi fonti, non ultima la BCE, che con i suoi “Stress Test” ha dato al nostro sistema una bella serie di schiaffoni, non più tardi di quattro mesi fa.

Nel nostro Paese attualmente la mole dei prestiti bancari è pari al 53% del nostro PIL (molto più di Francia e Germania) e rappresenta il 40% delle passività finanziarie complessive (gli Usa sono al 15% e la Francia al 23%), cifre di tutto rispetto che creano non poca preoccupazione. Secondo gli analisti tre sono i fattori di maggiore debolezza dell'intera architettura bancaria del nostro Paese: l'eccessivo numero di sportelli e dipendenti, che peraltro sarebbero anche scarsamente produttivi; la minore presenza di derivati rispetto al portafoglio medio delle banche straniere, oltre alla scarsa attitudine a fare trading; una clientela composta tipicamente di piccoli imprenditori, con cui si guadagna poco e si rischia di perdere molto, a causa della diffusa commistione tra patrimonio della famiglia e patrimonio aziendale e tra debiti della persona e dell’azienda.
Questa situazione, incancrenitasi nel tempo, complici anche i tassi di interesse dell'Eurozona tipicamente bassi, la corsa a riempirsi il portafoglio di titoli di Stato ormai stimati come titoli spazzatura e l'esplosione di crediti incagliati e sofferenze, sembra ormai arrivata alla resa finale. Di fronte a tutto questo, la necessità di mettere in piedi la Bad Bank appare come l'unica soluzione possibile. Gli esperti calcolano in 320-330 miliardi di euro i crediti deteriorati la cui riscossione è a forte rischio: una cifra enorme, pari al 16% di tutto il credito bancario circolante in Italia. Il trend negativo, con la crescita delle sofferenze, si protrae ininterrotto dal 2009, e le sofferenze non possono essere cedute perché i prezzi offerti sono troppo bassi e, se accettati, finirebbero per generare pesanti minusvalenze sui bilanci delle banche che hanno bassa copertura nel monte rettifiche accantonato, sicuramente insufficiente.
Ora, venuti al dunque, sarà necessario affrontare senza indugio il problema: sono mesi che si parla di questa ipotesi. il ministro dell'Economa Pier Carlo Padoan in un'intervista al Sole 24Ore ha ammesso che dagli uffici di Via XX Settembre si pensa a soluzioni di questo tipo. Dopo di Lui anche l'Huffington Post dedica una lunga analisi all'argomento, esaminando cause e conseguenze di questa importante mossa che potrebbe sovvertire completamente il panorama finanziario e creditizio italiano. I dati sulla reale situazione non lasciano più scampo: Ignazio Visco, Governatore di Bankitalia ammette anche Lui che il problema esiste e che è allo studio una soluzione che, naturalmente, dovrà tener conto del necessario rispetto delle regole europee sulla concorrenza, coinvolgendo le banche nella ripartizione dei costi e con un'adeguata remunerazione del sostegno pubblico. La strada da percorrere, però, è molto stretta: perché la soluzione che verrà fuori dovrà obbligatoriamente escludere tanto gli aiuti di Stato quanto il fare “regali” alle banche.
Cari amici, i problemi spesso non appaiono nella loro cruda realtà,  se non nella fase critica, come le malattie. Oggi, anche da noi, la Bad Bank, appare come l’unica ‘medicina forte’, ma, per quanto amara, insostituibile; una vera e propria “Rottamazione in banca”, come la definisce un banchiere di lungo corso che ha vissuto da vicino la stagione delle privatizzazioni degli anni Novanta. In tempi in cui rottamare (sia in campo politico che economico) sembra il verbo più usato, la rottamazione bancaria potrà davvero risultare salutare: verranno rottamati (cadranno) vecchi tabù come la necessaria riforma delle Banche Popolari, di cui si parla da vent’anni senza mai prendere il toro per le corna, così come si dovrà intervenire sulle Banche di Credito Cooperativo, da tempo nel mirino da Banca d’Italia che ne ha denunciato inefficienze e opacità gestionale, aprendo le porte alla stagione delle fusioni.
Il sistema bancario italiano potrà certamente essere salvato, ma stabilendo, una volte per tutte, una reale separazione tra politica ed economia, evitando la sempre esistita commistione tra i due mondi. Oggi, attraverso la Bad Bank, si potranno alleggerire i bilanci degli Istituti di Credito dalla marea di sofferenze (generate, spesso, dalla sudditanza verso i politici di turno) e liberare le risorse necessarie per rilanciare l’economia reale. Non c’è altro tempo da perdere!
A domani.
Mario


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