ORISTANO 23 GENNAIO 2010
Sassari è terra di personaggi illustri. Lo è sempre stata. Anche il modo di osservare il mondo, per i sassaresi, è molto diverso da quello degli abitanti delle altre parti dell'Isola, sopratutto da quelli del Campidano di Cagliari.
Questo modo comportamentale, detto comunemente " Sassareseria" è costituito da diversi ingredienti ma certamente il più importante è quello dell'ironia. Ironia particolare, ironia pungente e graffiante, capace di togliere il fiato e colpire personaggi di ogni classe sociale dal Primo Cittadino al Carrettiere.
Questo modo divertente di prendersi in giro ha, in sassarese, un termine preciso e particolare, difficilmente traducibile, se non con grande dispendio di parole: " LA CIONFRA ".
Ieri sera nel Rotary Club di Oristano, un nostro socio, Past President e " sassarese Doc, il Dr. Uccio Pagliazzo, ci ha tenuto una bella conferenza che è servita a far conoscere e comprendere questo modo ironico e graffiante di vedere il mondo da parte dei sassaresi, a chi sassarese non è.
Ci siamo divertiti molto, tutti, anche quando " La Cionfra", toccava argomenti non facilmente aggredibili e tangibili, come la religione. La Cionfra, in effetti non ha argomenti tabù!
Per chi poco conosce i sassaresi e la loro indole giocosa e satirica cercherò di spiegare, alla buona, cosa si nasconde, veramente, dietro il termine “ Cionfra ”.
Il termine in dialetto sassarese “ Cionfra”, indica un modo di essere, un modo di fare satira e di guardare il mondo con occhi irridenti, irriverenti e pungenti: presa in giro, quindi, di genuina sassareseria, espressa nella maniera più congeniale, quella della satira irriverente verso tutto e verso tutti.
Nel dopoguerra, negli anni dal 1958 al 1964, per circa sette anni, si diffuse a Sassari un ricercato giornale dal titolo “ La Cionfra “; la rivista, ideata e fondata da Mario Grindi, ebbe un successo straordinario.L’anno scorso, a distanza di 50 anni da quando uscì il primo numero de “La Cionfra”, con il sostegno dell’Amministrazione comunale di Sassari, è stato edito un libro che, con lo stesso titolo del giornale satirico del passato, rievoca e consente di rivivere quelli che furono sette ricchissimi anni di satira genuina e dissacrante.
Scrive Tino Grindi, curatore della pubblicazione e figlio di quel Mario Grindi autore di quel pungente giornale, che “… Niente ha rappresentato meglio lo spirito “cionfraiolo” dei sassaresi quanto questo giornale che ha caratterizzato profondamente un’epoca della nostra città. La rivista, oggi prezioso libro di ricordi, ci riporta a quei momenti in cui Sassari si ritrovava a leggere e parlare di sé e dei suoi “personaggi” più o meno veri e realistici. Erano certamente quegli anni del dopoguerra molto diversi da quelli di oggi, ma lo spirito cionfraiolo di ieri è rimasto intatto. Oggi come ieri si commentava e si commenta, per parecchio tempo, sui protagonisti di turno presi di mira da vignette e articoli caratterizzati da una satira pungente e innovativa. Questo giornale era uno specchio della città, un modo per non prendersi troppo sul serio e sentirsi partecipi di tutto quanto accadeva a Sassari: dalle “stanze del potere” alle vie della città, dai politici presi di mira ai sassaresi colti nel loro quotidiano. Fa un certo effetto, oggi, risfogliare le pagine di 50 anni fa, leggere le pubblicità degli esercizi commerciali (alcuni dei quali ancora in attività), cogliere le sfumature e i dettagli di una Sassari passata ma non così tanto diversa da oggi: è come avere la possibilità, almeno per un attimo, di riaffacciarci sul passato e respirare quell’aria frizzante di umorismo che ha caratterizzato Sassari in quegli anni…”.
Ebbene ieri, il nostro socio Uccio Pagliazzo è riuscito a far sorridere anche chi sassarese non è, e, soprattutto, poco conosce la loro sottile e marcata ironia. Ironia cionfraiola che ha contagiato a continua a contagiare tutti i sassaresi, a partire dal nostro Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga.
La brillante chiacchierata di Uccio ha riepilogato alcuni fatti della Sassari del passato, visti proprio in chiave satirica, tutta sassarese. L’uditorio ha ascoltato con attenzione ed interesse, anche le ironiche “pizzicate” tra Uccio ed il nostro Presidente Luciano, accomunati dalla stessa identica sassareseria. Grazie Uccio: credo che dopo questa Tua chiacchierata anche noi, che sassaresi non siamo, siamo riusciti a cogliere meglio e conoscere più da vicino la Vostra ironia.
Ecco alcune foto della bella serata!
Mario
1 commento:
Nessuno ha mai rilevato l'aspetto "etico" della Cionfra:
"La morale di cui si tratta (della cionfra n.d.r.)non è un espediente da poco concepito per trasmettere qualcosa d’insolito o di provocatorio, rappresenta invece un vecchio retaggio che, se pur parzialmente in disuso, caratterizza la cultura popolare della città di Sassari. Tradizione certamente individualista, e assolutamente priva del buonismo pietistico che, ai nostri tempi, si usa ostentare nei confronti dei più deboli. Di essa non si rileva traccia nel “Cuore” di Edmondo De Amicis, il libro che, nel nostro paese, ha sempre rappresentato un punto di riferimento per i suoi aspetti moralistici.
La peculiarità che, più d’ogni altra, la caratterizza consiste nel rivolgere la condanna verso la vittima dell’illecito. Vale a dire, almeno per un tipo d’avvenimenti considerati inammissibili dalle regole della società, come un inganno, un furto, o un comportamento truffaldino, che se normalmente la riprovazione, l’indignazione e forse l’esecrazione sono indirizzate nei confronti del responsabile del raggiro, nel nostro caso sono perlopiù rivolte al truffato o al derubato, reo di non aver posto in atto le dovute contromisure. A carico della vittima è anche la sua discolpa, che in termini giuridici può configurarsi come una sorta d’inversione dell’onere della prova.
Biasimo e condanna, più che con parole di severa ammonizione, si esprimono tramite atti di dileggio: non provvedimenti sanzionatori, ma certamente canzonatori. Alla morale in questione, infatti, è normalmente associato un “affettuoso spirito beffardo”, incline ad apprezzare il lazzo e la battuta nella misura in cui sanno evidenziare i difetti caratteristici, sono capaci di mettere a nudo i più ancestrali complessi, ma soprattutto riescono a prendersi gioco delle più intime debolezze.
Per rendere l’idea si ricorrerà a un esempio: se una popolana concittadina dell’autore, vissuta magari nel secolo scorso, avesse potuto commentare la sentenza dei giudici nel processo a carico di Vanna Marchi, probabilmente non avrebbe obiettato sul numero di anni di carcere decretati dalla giuria, quanto sulle persone da condannare, ritenendo doveroso infliggere la pena, prima di tutto, ai truffati. La motivazione, esternata mediante l’uso di più crudi termini dialettali, sarebbe stata la seguente: “Quale esemplare e meritato castigo per il non elevatissimo grado d’avvedutezza dimostrato”.
Sebbene sussistano elementi di somiglianza con la morale adottata da Vittorio Sgarbi, la nostra è assolutamente priva di solidarietà nei confronti di chi commette l’illecito. Riesce, per questa ragione, a sottrarre dignità al potere dileggiando gli oppressi. Ne consegue che la sua filosofia si colloca agli antipodi rispetto al pensiero di Dario Fo: il Nobel per la letteratura, infatti, ispirandosi alla tradizione dei giullari medioevali, ha sempre amato dileggiare il potere restituendo dignità agli oppressi.
E’ dotata di una profonda irriverenza, rivolta sia nei confronti degli ultimi come dei potenti. Appare formidabile nell’esorcizzare quegli indugi che compaiono ogniqualvolta occorre toccare un nervo scoperto, e si è rivelata decisiva nel conferire, allo scrivente, una forma mentis incline a liberarsi di molti stereotipi.
Rispetto alla morale tradizionale presenta il vantaggio di rendere, coloro che se ne avvalgono, non soggetti a critiche di facile perbenismo. Non sembra possibile trovare una giustificazione per tale positiva caratteristica, qualità oltremodo apprezzata da certi moralisti, soprattutto nel momento in cui, dopo essersi collocati sull’alto di un piedistallo, si adoperano nell’impartire un austero sermone."
dal libro: LA MORALE DEL BIASIMO INVERSO
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