domenica, gennaio 07, 2007
GRILLINCUBI...IL FUMETTO COME LO VEDO IO!
INDICE
-IN COPERTINA: Riproduzione del quadro “Grillincubi” di G. Bosich – olio su tela cm.60x73 –1984
- Indice …………………………………………………………………………... pag. . 2
- Premessa ……………………………………………………………………….. “ 3
- Capitolo primo: il linguaggio del fumetto……………………………………… “ 5
- Capitolo secondo: crescita, evoluzione e diffusione del fumetto………………. “ 8
- Capitolo terzo: la produzione italiana ………………………………………….. “ 10
- Capitolo quarto: la generazione “cannibale”…………………………………… “ 16
- Capitolo quinto: nuvole parlanti, insegnare con il fumetto…………………….. “ 19
- Conclusioni……………………………………………………………………... “ 21
- Bibliografia……………………………………………………………………... “ 23
- Note……………………………………………………………………………... “ 24
PREMESSA
Ho voluto dare a questo lavoro il titolo “ GRILLINCUBI” per diverse ragioni.
La prima perché identificava una pubblicazione del 1994, realizzata artigianalmente da diversi amici riuniti nell’Associazione Amici della Grafica di Ghilarza, a cui sono particolarmente affezionato; la seconda perché questa parola composta mi sembra condensare il nostro immaginario quotidiano. Non so quale di questi amici abbia coniato il termine, forse il prof. Antonino Amore, figura importante ad Oristano in diversi campi: pittura, scultura, grafica, poesia o, forse, il prof. Giuseppe Bosich, importante pittore e scultore, autore del quadro in copertina, presidente della Associazione e coautore della pubblicazione menzionata.
Avere grilli per la testa significa essere sognatori, non accettare il solito, il consueto. La persona che ha i “grilli” per la testa ?, per?, pi? curiosa, meno rassegnata. Il suo pensiero ? costantemente alla ricerca di reazioni emotive che lo tolgano dal solito, dall’anonimo presente. Ecco allora i sogni, gli “incubi” che si interpongono tra il reale e l’immaginario. Chi sogna vive due vite: nel consueto, anonimo, impegno quotidiano ma anche, virtualmente, in una avventurosa dimensione immateriale, extra corporea. Il titolo da me scelto, Grillincubi, dunque, per indicare il nostro costante bisogno di sognare, di vivere una doppia vita come Clark Kent e Superman, dr. Jekill e mr. Hide. Scrive l’amico Giuseppe Bosich nella premessa al volume prima citato: “…Gli stimoli a produrre molte creazioni mentali hanno il loro alimento naturale nelle paure ancestrali, in tutto ci? che ? sconosciuto, “meraviglioso”, irrazionale, che non si possiede pienamente e che, quindi, sfugge alla ragione logica, esulando dall’esperienza vitale diurna…”. [i]
Il bisogno dell’immaginario ? certamente nato con l’uomo. Sin dai tempi pi? remoti l’uomo ? vissuto nell’angoscia, nell’insicurezza. Con mezzi arcaici ha iniziato a rappresentare i pericoli e le sue paure quotidiane.Le prime pitture rupestri conosciute, risalenti a 35000- 40.000 anni fa, precedenti dunque alla narrazione, raccontano, ancora in modo elementare, le paure e le ansie della lotta con gli animali feroci per la sopravvivenza. Graffiti e racconti che si sono, poi, perfezionati attraverso la scrittura e, nel tempo, in una miriade di altre forme: giornali, libri, la radio, il telefono, la TV, fino ad Internet, alla Rete. In sintesi un costante bisogno di “raccontare una storia a qualcuno”, reale o immaginaria, vera o falsa, dolce o amara, seria o comica, ma in grado, comunque, di riempire, di soddisfare, il nostro immaginario.
Come scrive il prof. Di Pietro nel suo recente lavoro Fumetti suscettibili , “…Nella vita quotidiana gli individui narrano e sono destinatari di storie, con una frequenza talmente sorprendente e in tante diverse occasioni, che non si pu? non ammettere la natura antropologica profonda del ruolo che questa azione ha nelle societ? umane dalla notte dei tempi…”.[ii]
Tra i tanti medium oggi a disposizione per comunicare uno in particolare, oggetto del presente studio, ? il Fumetto.
La nascita del fumetto come genere linguistico e narrativo, viene fatta risalire, convenzionalmente, al 1842 con il primo “comic book” di Rudolphe Topffer. A mio avviso, per?, questo ? il risultato finale di un percorso partito da molto lontano: i graffiti, la colonna Traina a Roma, i codici miniati, il manoscritto dell’Apocalisse, le incisioni di Gustav Dor?, dimostrano la costante necessit? dell’uomo di comunicare per immagini, di poter arricchire al massimo il proprio linguaggio, sfruttando insieme testo ed immagini ed il loro maggiore effetto, risultato d’insieme.
A differenza di altri mezzi narrativi, per?, le capacit? letterarie e le potenzialit? linguistiche del fumetto sono state, da sempre, sottovalutate. A questo genere narrativo viene attribuita una capacit? limitata al puro intrattenimento; ? considerato, a torto, solo uno strumento ludico destinato ad un target o infantile o di modesta cultura ed estrazione sociale. Niente di pi? falso. Nella successiva elaborazione si cercher? di dimostrare che il fumetto ? un linguaggio di grande validit? culturale. Il fumetto ? un mezzo di comunicazione complesso ma estremamente efficace; dotato di un linguaggio ibrido ma estremamente aperto alla multimedialit?, in grado di interpolare diversi media e, soprattutto oggi, con le nuove tecnologie come la computer grafica, le animazioni tridimensionali, la TV digitale ed Internet, candidato a recitare un ruolo comunicativo di primo piano non solo nel campo dell’intrattenimento ma anche in quello culturale, sociale, commerciale e recentemente, last but not least , nella formazione scolastica.
Questo lavoro ? composto dalla attuale premessa da cinque capitoli e dalla conclusione.
Nel primo capitolo si esamina il linguaggio del fumetto, la sua origine, la sua capacit? letteraria ed il suo potenziale linguistico e pedagogico.
Il secondo capitolo narra il percorso di crescita del fumetto, la sua successiva evoluzione, in particolare nella seconda modernit?, e la diffusione nel mondo.
La storia del fumetto italiano ? riportata, invece, nel capitolo terzo. Partendo dalla stampa popolare di fine ‘800 viene affrontata l’evoluzione negli anni dal 1900-1945 e la diffusione negli anni dal 1945 al 1970. L’ultimo paragrafo ? dedicato al periodo successivo ed al “fumetto per adulti”.
Il capitolo quarto analizza “quella generazione Cannibale che fece la storia del fumetto”, come ? stata definita da Filippo Bergonzini.
L’ultimo capitolo, il quinto, esamina la nuova frontiera del fumetto: il fumetto come testo didattico Le mie conclusioni finali chiudono il lavoro.
CAPITOLO PRIMO
IL LINGUAGGIO DEL FUMETTO
1.1 LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI
Raccontare per immagini ? stato considerato in passato, dalla cultura ufficiale, un genere espressivo modesto, una “non arte”.[iii] Agli inizi il fumetto era dedicato ai bambini ed ai soggetti poco acculturati che avevano necessit? delle immagini per comprendere il testo scritto. Il denominatore comune delle critiche mosse al fumetto ad ai suoi lettori pu? essere condensato nelle riflessioni che riporto, tratte da “Psicologia e fumetti” di Fabio Panciroli e Alessandro Reati: “…Nel tentativo di salvaguardare la cultura ufficiale, la letteratura e presumibilmente lo stesso ordine sociale, svariati autori tracciano un profilo del lettori di fumetti bel oltre il limite di patologia: si tratta di soggetti dalla vita tormentata, di persone provenienti da un’educazione sbagliata (!), se sono adulti sono profondamente immaturi …”.[iv] Gli autori proseguono sostenendo che il luogo comune, le convinzioni, erano quelle di negare al fumetto “…lo status di arte espressiva, al punto da affermare che quand’anche si riuscisse ad elevarlo a tale rango, un sistema educativo basato sulle immagini causerebbe danni gravissimi forse anche danni irreparabili…”. 4
Immagini e parole vengono dunque tenute su due livelli bel distinti, attribuendo a queste ultime un ruolo primario nella narrazione e negando al fumetto lo status di arte espressiva. Niente di pi? falso! Il fumetto ?, invece, un linguaggio immediato, aperto, intersecato da tanti altri linguaggi che, attraverso il fumetto possono al meglio esprimere tutte le loro capacit?. Con il fumetto la comunicazione diventa pi? ricca e completa.
Abruzzese e Borrelli ne L’industria culturale affermano: “…Lo sviluppo socio-antropologico dell’immagine travalica quello della parola scritta e si mette in gara con le voci discorsive della quotidianit?. E’ il tempo della caricatura. Il tempo in cui i fatti della cronaca vengono fissati dal tratto rapido e veloce del disegno e dello sguardo…” .[v]
Inoltre, al pari di altri medium come la cinematografia, il teatro, l’opera letteraria, etc. il fumetto attua allo stesso tempo sia una comunicazione diretta che una comunicazione indiretta o meta-comunicazione, spesso anche in maniera pi? efficace degli altri medium.
1.2 LA CAPACITA’ LETTERARIA E IL POTENZIALE LINGUISTICO E PEDAGOGICO
La nascita del fumetto come genere linguistico e narrativo viene fatta risalire, come detto prima, al 1842 con il primo comic book di Rudolf Topffer, e poi in maniera pi? diffusa nel 1895 come “striscia” sul quotidiano statunitense “New York World” con il personaggio di “Yellow Kid” di R. Outcalt. Inizio in sordina, come “striscia” comica di intrattenimento, inserita in un giornale per far sorridere, quasi a stemperare l’arida lettura dei fatti di cronaca. Solo successivamente assumer? una precisa e significativa fisionomia ed autonomia. Dalla pubblicazione “Antenati, il fumetto nella seconda met? del XX secolo”, reperito in rete, riporto una efficace affermazione: “…anche per il fumetto come per la canzone si pone il “problema” della definizione di questa forma di espressione. Se la canzone si muove tra musica e oralit?, il fumetto si incunea tra grafica e immaginazione visiva, ma sviluppa ‘storie’ narrative e usa il segno della scrittura. In ci? ? pi? vicino al cinema che non alla scrittura. Nella seconda met? del XX secolo il fumetto giunge a ottimi livelli qualitativi, sia espressivi che di diffusione, avvalendosi delle possibilit? del colore e della contaminazione con il cinema…”.[vi]
Oggi la capacit? letteraria del fumetto ?, ormai, riconosciuta anche in quegli ambienti che prima la negavano. Tutto ci? ? il frutto di un forte impegno professionale che ha migliorato la qualit?: la capacit? espressiva che si nasconde dietro ogni eroe dei cartoons ? il frutto della capacit? e della bravura degli autori. Hugo Pratt, di cui diremo pi? tardi, amava definire il fumetto “ Letteratura Disegnata”.
Ma il fumetto non ? solo letteratura disegnata: il suo potenziale linguistico e pedagogico ? oggi ampiamente riconosciuto. Scrive Amelia Capobianco nella introduzione al testo “Nuvole parlanti, insegnare con il fumetto”, di S. Tirocchi e G. Pratichizzo ed. Carocci Faber ; “…Quali sono, quindi, i motivi per una didattica del fumetto e quali i vantaggi di una didattica con i fumetti? Diventa soprattutto fondamentale, maturare una pi? approfondita conoscenza del mezzo sul piano strutturale se si vogliono acquisire gli strumenti per leggere tra le righe, all’ombra dei balloons, per comprendere appieno i messaggi veicolati attraverso le storie, le personalit? e gli ideali di eroi e supereroi o attraverso la scelta di un campo lungo in luogo di un primo piano o, ancora, attraverso la preferenza di un colore piuttosto che di un altro. Ancora, non si sottovaluti la caratteristica ludica, fine a se stessa della lettura di un fumetto, la capacit? di far evadere per qualche decina di minuti un lettore stanco o semplicemente desideroso di lasciarsi raccontare una storia, pi? o meno fantastica, pi? o meno credibile. La capacit? del fumetto di portare in altri mondi e in altri sogni. Lo sapeva bene chi ha gi? sperimentato la didattica con i fumetti, chi ha provato, riuscendoci benissimo, a trasmettere la Cultura con la C maiuscola, da cui non si pu? prescindere seppure in maniera leggera e divertente. E’ il caso, ad esempio, delle Grandi Parodie Disney, dall’Inferno di Topolino ai Promessi Paperi, da Paperino di Bergerac a Paper Dames e Celest’Aida, e tanti, tanti altri. Pensiamo ancora alla storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi o ai racconti dei lager di Spiegelman, alla trasposizione in fumetti di romanzi come l’Hobbit di Tolkien o di testi per l’infanzia come Pinocchio (realizzato non solo dalla Walt Disney ma anche dalla DC italiana come mezzo di propaganda politica). Non si devono considerare didattici solo i fumetti che lo sono dichiaratamente; attraverso le immagini, le costruzioni di ambienti e i dialoghi tra i personaggi ? possibile trasmettere un numero infinito di nozioni che vanno ad arricchire il bagaglio culturale dei bambini-lettori, in maniera leggera, non didascalica, affascinante e accattivante. Quanti di noi hanno visto la loro prima piramide in un fumetto? Quante miniere dell’ovest dei pionieri o scene di setacciamenti dei fiumi alla ricerca di una pepita d’oro?…”.[vii]
CAPITOLO SECONDO
CRESCITA, EVOLUZIONE E DIFFUSIONE DEL FUMETTO[viii]
2.1 La produzione nordamericana
Il fumetto nasce dunque in America alla fine dell’800. A partire dai successivi anni ’30 sono gi? diverse le serie dei “super-eroi” nordamericani: Batman, Superman, Hulk e, non ultimi i paperi e i topi di Walt Disney. Nel 1950 l’artista Schultz inventa i Peanuts, il cui capofila ? Charlie Brown. Accanto a lui il cane Snoopy, Linus con la sua coperta ed altri. Il successo dei Peanuts ? strepitoso: nasce un piccolo impero commerciale. Gli anni ’50 segnano la nascita degli “Horror Comics ed i racconti di guerra. E’ l’inizio di un cambiamento: le cose pi? interessanti non sono appannaggio dei buoni ma provengono maggiormente dai “cattivi”. Frank Miller, con il suo Batman, ed altri costruiscono nuove storie con delinquenti e prostitute; tutti personaggi operanti in un ambiente degradato e fuorviante.
Arrivano gli anni ’70 e, con il movimento hippy, vengono a galla temi rimasti fin’ora tab?. L’apertura alla trasgressione (sesso, droga, libert? di costumi) ha per? vita breve, con un anticipato ritorno ai super-eroi come Batman e Superman. Un’importante innovazione ? l’adattamento in fumetto del film Guerre Stellari. Tra i fumetti di successo di quegli anni la serie dei Simpson.
2.2 la produzione giapponese: i manga
In Giappone il fenomeno pi? interessante ? quello dei manga e dei fumetti di fantascienza. Anche il fumetto hard e porno ? abbastanza diffuso. Gli autori pi? noti Hayao Miyazaki e Jiro Taniguchi.
Derivato dai manga il fenomeno Cyber-punk della fine degli anni ’80.
2.3 la scuola argentina.
L’area del sud-america ? , dal punto di vista del fumetto, tra le pi? interessanti.Alla “scuola argentina” appartengono, infatti, il cileno Del Castello, l’uruguaiano Alberto Breccia, l’italiano Hugo Pratt. Allievo di Breccia ? Jos? Munoz, che ha creato, insieme a Carlo Sampayo, il personaggio di Alack Sinner, il famoso detective americano quasi alcolista. Altri importanti Quino, Mordillo, Pablo Bach.
2.4 la produzione inglese
La produzione inglese risente fortemente del dominio degli Stati Uniti. Le principali caratteristiche della “scuola inglese” sono state individuate nell’umorismo, il gusto per l’avventura esotica e la propensione all’ horror. A differenza della matrice americana la scuola inglese crea storie destinate,soprattutto ad un pubblico adulto: sono fumetti di avventura, guerra, fantascienza come le storie di Matt Dillon Buck Ryan, Garth, ed altri. Altro filone, con un pizzico di erotismo, aggiunto all’avventura, quello di Modesty Blaise e Rome Brown. Appartengono al genere umoristico Andy Capp, Bristol e Tommy Wack. Anche la satira politica, con Carl Giles, realizza personaggi popolarissimi come quelli della serie “The familiy”.
2..5 la produzione francese
Gli anni ’60 sono quelli della migliore produzione. Nascono personaggi come Asterix, creato da Goscinny e Uderzo, protagonista con l’enorme Obelix di avventure simpaticissime ed esilaranti, Lucky Luke, Blueberry, Sanantonio ed altri che escono dai confini nazionali e si diffondono anche in Italia. In Francia nasce anche il fumetto erotico-fantastico. Barbarella ne ? la prima eroina. Creata da Jean Claude Forest nel 1962, il personaggio divenne poi film con la regia di R.Vadim. Con Barbarella, a cui seguiranno Jodelle , Beb? Cyanure ed altre il fumetto diventa un prodotto di “lusso”, destinato praticamente solo agli adulti.
2.6 la scuola belga del fumetto
Legata alla scuola francese si ?, per? ritagliata una sua autonoma collocazione e tradizione. Uno dei pi? famosi e accreditati autori ? Herg?(alias Gerges R?mi) che con il personaggio Tintin raggiunge notoriet? mondiale. Altri come Peyo che nel 1957 cre? la serie della famiglia Schotroumpfs ( in Italia diventati i Puffi) e Andr? Franquin con i personaggi di Spirou, molto polare tra i ragazzi, e Gastone .
2.7 il fumetto nei paesi nordici
Nei paesi scandinavi i cortoonist pi? famosi sono Asmo Alho e Tove Jansson, il primo finlandese ed il secondo svedese. Asmo Alho ? autore dei folletti Kleku e Kiaku, Tove Jansson ? autore dell’ippopotamo Mumin.
Esaminata velocemente la produzione europea ? stata tralasciata volutamente quella italiana in quanto destinataria del prossimo capitolo.
CAPITOLO TERZO
LA PRODUZIONE ITALIANA
3.1 LA STAMPA POPOLARE PER RAGAZZI NELL’ITALIA DELL’800
Nei primi anni dell’800 cominciarono le prime pubblicazioni periodiche per i ragazzi. Nel 1812 con “ L’amico dei fanciulli” e qualche altro modesto giornaletto, parte il primo timido esperimento, presto soffocato dal clima della Restaurazione. Si riprova nel 1830 con la comparsa di alcuni “fogli” destinati alla giovent?, che per? ebbero vita tormentata e dove l’illustrazione fu spesso sacrificata a fini moralistici. Scrive Daniele Gianotti (in Storia del fumetto in Italia): “ La situazione non miglior? di molto nell’immediato periodo post-unitario ed occorrer? attendere l’ultimo quarto di secolo per assistere alla comparsa di alcuni giornaletti per ragazzi nei quali venisse dato un certo spazio all’immagine..”. Continua riportando le parole di G. Genovesi (tratte dal libro ‘ La stampa periodica per ragazzi ‘ ): “… i giornalini non riuscirono ad esentarsi dall’assumere quel carattere pedantesco nel quale si scivola ogni qual volta si prescinde dalla vitale transazione del dialogo, denunciando cosi ai nostri occhi una generale insufficienza democratica e quindi educativa…” .[ix] Le uniche testate che si distinsero furono “ Il giornale dei bambini”, fondato nel 1881 da F. Martini e “ Il Novellino” fondato nel 1889 da Yambo (Enrico Novelli)
3.2 LA STAMPA PERIODICA PER RAGAZZI NEGLI ANNI DAL 1900 AL 1945
“ Il Novellino”, nato alla vigilia del secolo, ? considerato da alcuni il primo concreto esperimento di giornalino illustrato per ragazzi. Fu infatti il primo ad ospitare nel 1904 una tavola integrale a colori di “The Yellow Kid”, comprensiva di balloon e negli anni seguenti a fare da ponte tra l’Italia ed il resto del mondo nel campo dei giornalini per ragazzi, con la divulgazione di personaggi come Foxy Granpa (Nonno Volpone) ed altri. Nel 1906 a Firenze nasce il “ Giornalino della Domenica”, diretto da Vamba (Luigi Bertelli) che raduna attorno al foglio letterati (Pascoli, De Amicis, Deledda, Salgari, etc.), unitamente a scienziati e redattori. E’ il primo prodotto capace di entrare in sintonia con lo spirito infantile. Il successo si estese in campo nazionale, considerato il gradimento degli spazi illustrati, affidata a validi artisti come Scapelli, Finozzi, Anichini e Brunelleschi.
Bisogna attendere la fine del 1908 per vedere il primo numero del “Corriere dei Piccoli”, diretto da Silvio Filippo Spaventa. Il “Giornalino”, come viene familiarmente chiamato, gode del cospicuo appoggio finanziario e tecnico del Corriere della Sera e riscuote un grande successo. Sulla scia del “Corrierino” videro la luce negli anni seguenti altri periodici tra cui si ricordano: “ Il Giornaletto (1910) di ispirazione cattolica, “Donnina” (1914) destinato alle adolescenti, “L’intrepido (1920) destinato agli adolescenti maschi, “Piccolo Mondo” (1924) con storie umettate di genere avventuroso e “L’illustratore dei Piccoli” (1933) con personaggi comici ed avventurosi.
Negli anni dal 1923 al 1939 anche il Regime utilizza a scopo propagandistico i periodici per ragazzi. Nascono nel 1923 “ Il giornale dei Balilla” e nel 1927 “ La piccola italiana” , usati come strumento di formazione ideologica dell’infanzia. Inoltre, dal gennaio del 1939 furono aboliti tutti i materiali di importazione straniera. Unica eccezione i personaggi di Walt Disney per “ il loro valore artistico e per la sostanziale modernit?”, scrive Daniele Gianotti, in “ Storia del fumetto in Italia”. Il motivo di deroga, scrive ancora Gianotti, ? da alcuni individuato nel fatto che i figli di Mussolini erano appassionati lettori delle storie disneyane.
Anche la stampa cattolica si d? da fare. Nel 1924 la “San Paolo” di Alba inizia a pubblicare il “Giornalino”, che godendo della rete distributiva delle Parrocchie, raggiunge notevoli tirature.
Nel 1929 l’editore Boschi lancia “ Il cartoccino dei piccoli”. Nello stesso periodo nascono “L’amico dei piccoli” e “Mondo bambino” (1930). Nel 1939, complice il divieto di importazione straniera, le tirature diminuiscono. Alcuni giornali chiudono altri si snelliscono. Il mondo cattolico, che aveva prima guardato al fumetto con sospetto, resosi conto della forte influenza esercitata sui giovani, lancia “Il Vittorioso” nel gennaio del 1937. Avvalendosi della sua speciale rete di distribuzione il periodico raggiunge una tiratura di oltre 200.000 copie.
3.3 IL FUMETTO IN ITALIA DAL 1945 AGLI ANNI ‘70
Con la ripresa della vita civile e politica anche l’attivit? editoriale relativa alla produzione e diffusione del fumetto riprende vitalit?.
Sergio Bonelli ? stato, dopo il 1945, il migliore e pi? fortunato editore di fumetti in Italia. Figlio di Gianluigi Bonelli, che con il grafico Galleppini aveva creato il personaggio di Tex, ha collaborato nel corso degli anni alla creazione di decine di personaggi e strisce: tra quelli pi? famosi e capaci di reggere nel tempo, si ricordano: Zagor del 1961 e Mister No del 1975. A Bonelli si deve la creazione di una vera e propria scuderia di talenti e autori del fumetto, tra le poche in Italia ad avere avuto una continuit? negli anni. Sono nati in questa Editrice: Martin Myst?r nell’82, Dylan Dog nell’86, Nick Raider nell’88, Nathan Never nel ’91 a molte altre. Non per tutte le testate, per?, sono rose e fiori. Dei numerosi giornalini che videro la luce si pu? affermare che non pochi nacquero “vecchi”. Questa fu la causa che li fece abortire, o comunque vivere in maniera stentata. Neanche il fumetto”americano” rivestiva pi? quel potere di attrazione che aveva prima. A determinare il cambio di interesse da parte del pubblico, soprattutto femminile, influ? un nuovo tipo di lettura, rappresentato da nuovi periodici quali “Grand Hotel” e “Bolero Film”, subito seguiti da una valanga di altre testate similari. Era nato il fotoromanzo. Sostanzialmente diverso dal fumetto, questo nuovo prodotto, nonostante la modesta qualit?, sottrasse larghe fasce di lettori. Tutto ci? fin? per condizionare il fumetto, facendo calare il gradimento ed il consumo. Anche il “Topolino” di cui la Mondatori aveva ripreso la pubblicazione si ridusse nel 1949 ad una tiratura di sole 40.000 copie e divenne un mensile tascabile. Ma altre trasformazioni, in chiave positiva, attendevano il fumetto. Scrive Daniele Gianotti (nella gi? citata “Storia del fumetto in Italia”) che “…A partire dagli anni ’60 inizi? a diffondersi, gradatamente, una saggistica sui fumetti preoccupata di cogliere la vera natura del nuovo mezzo espressivo, oggetto di sempre meno prevenuti dibattiti a livello psico-pedagogico. Nel 1964 il semiologo Umberto Eco ed il sociologo Roberto Giammarco investirono con gli strumenti di analisi di due scienze in espansione il “fenomeno fumetto” facendolo oggetto di acuta e seria indagine. Iniziava cosi nei confronti del fumetto quel “disgelo” che “quasi di colpo” nel 1965 avrebbe dato i suoi frutti…”.[x]
Il 1965 ? l’anno di nascita della rivista “Linus”, la prima rivista specializzata nel campo dei “comics”. La rivista Linus ha un ruolo fondamentale non solo nella diffusione del fumetto statunitense, ma soprattutto nell’avvicinare la lettura del fumetto alle classi sociali colte. Il primo numero della rivista, diretta da Giovanni Gandini, pubblicata nell’aprile del 1965, apre con un incontro-dibattito tra Umberto Eco, Elio Vittorini e Oreste del Buono. Del Buono sar? per tutti gli anni ’60 e ’90 l’artefice delle svecchiamento e dell’assunzione del fumetto nell’Olimpo dell’alta cultura.
Linus, come sostiene ancora Gianotti, fin? per imporsi anche agli appassionati del fumetto tradizionale, attraverso il recupero dei classici americani comici ed avventurosi, e non manc? di valorizzare alcuni autori nostrani che iniziarono il cosi detto “fumetto d’autore”.
Gli anni ’70 segnano una tappa importante per questa forma narrativa. Dopo anni di vita nell’ombra, relegata a “cenerentola “ della comunicazione arriva, per la cultura del fumetto, il riconoscimento di quella dignit? precedentemente sempre negata.
Accettato dalla cultura ufficiale il fumetto diventa oggetto delle pi? svariate analisi: politica, psicologica, estetica, semiologia e pedagogica. Importanti istituti culturali come il “ Centro di Sociologia della Comunicazione di Massa e Archivio Internazionale della Stampa a Fumetti dell’Istituto di Pedagogia dell’Universit? di Roma, “ L’Istituto ‘Agostino Gemelli ‘per lo Studio Sperimentale del Problemi dell’Informazione, “ L’Istituto di Pedagogia di Roma, “L’Istituto di Pedagogia di Parma, “L’Istituto di Storia dell’Arte dell’Universit? di Parma, danno vita a molteplici iniziative che evidenziano l’attenzione per la cultura del fumetto. Nel 1974 nasce a Sansepolcro (Arezzo) l’INDIM, Istituto Nazionale per la Documentazione sull’Immagine.
3.4 IL FUMETTO PER ADULTI
Il fumetto “nero” ? un prodotto italiano iniziato nel 1962 con la creazione da parte delle sorelle Giussani di “Diabolik. Il nuovo personaggio impersona la figura dell’eroe nero: un individuo violento, eccezionalmente intelligente ed ingegnoso, dai tratti simpatici, individualista, che agisce in dispregio di ogni norma e convenzione. Questo eroe negativo per il raggiungimento dei sui scopi non conosce ostacoli, nemmeno il delitto. Per dare risalto al nuovo eroe “negativo” si contrappone un antieroe, ”normalmente un poliziotto”, che simboleggia il resto dell’umanit?, al quale si attribuisce la patetica parte dell’eterno perdente. Il nuovo personaggio riscuote immediato successo e, come sempre in questi casi, da l’avvio ad una folta schiera di emulatori: lo scheletrico “Kriminal” la rossa “Satanik”, il perverso “Sadik”, ed altri. Il fenomeno fu talmente contagioso che la trasformazione da “nero” in “sexy” fu immediata.
Erano gli anni in cui le maglie della censura iniziavano ad allargarsi. Dai primi anni’60 fino alla fine degli anni ’70 fecero la loro comparsa i cosiddetti “fumetti pornografici tascabili” che proposero alcune interessanti serie, libere dai normali e obsoleti canali sociali. E’ in questo formato tascabile che prendono vita personaggi come “Isabella”, “Jungla”, “Valalla” “Tartan” “Jacula e molti altri.
A fronte per? di tanta produzione dozzinale ci sono anche ampie nicchie di alta raffinatezza. Fra i maggiori interpreti di questo genere raffinato Guido Crepax che con “Valentina” nel 1965 inaugura il filone italiano del fumetto erotico e Milo Manara, gi? molto noto all’estero, e che la Francia considera uno dei pi? importanti al mondo.
La nascita del fumetto sexy – noir, e la sua incredibile diffusione ed accettazione sono sicuramente un fenomeno legato allo speciale momento che si viveva in Italia. Sono gli anni della contestazione giovanile, dell’occupazione delle universit? , della prima rivoluzione giovanile nei confronti di una societ? perbenista e bugiarda. Sono gli anni dei “figli dei fiori” della diffusione della droga, del rifiuto delle regole dei padri, della liberalizzazione dei rapporti sessuali. Sono, per?, anche gli anni del lavoro ripetitivo nelle catene di montaggio delle fabbriche, della insoddisfazione delle classi sociali meno fortunate, della solitudine, dell’incomunicabilit? e dell’indifferenza nei grandi centri urbani (ben descritte ne “La folla solitaria” di Riesman). In questo contesto il fumetto recita un ruolo importante: ? un antidoto all’alienazione, una droga/placebo che consente di sognare, di dimenticare il solito piatto orizzonte, per aprirne, anche se per un attimo, uno pi? ampio: quello dei sogni. E’ il sogno, come dicevo nella premessa , il segreto per sopravvivere. Mi aiuta in questa considerazione l’opinione di due autori che voglio riportare.
Fabio Panciroli e Alessandro Reati (gi? citati) scrivono in “ Psicologia e fumetti” : “…Passando dal fumetto in striscia agli albi, possiamo notare che anche in Dylan Dog e Nathan Never certe tematiche siano ricorrenti: Dylan Dog affronta spesso il tema dell’orrore e della vita quotidiana, dove i mostri e gli incubi sui quali di volta in volta indaga altro non sono se non la rappresentazione in chiave onirica e surreale delle angosce della vita quotidiana, la paura e la discriminazione verso il diverso sia esso un handicappato, un extracomunitario o un emarginato sociale, la solitudine, la follia. Tematiche che affondano le radici nella quotidianit?, che toccano da vicino il lettore proprio per la facilit? con cui ci si imbatte su di esse…”. [xi]
Altra conferma importante mi viene dalle considerazioni espresse dallo scrittore Silvio Andrei che ho incrociato in Internet. Andrei scrive, in rete, sul giornale “ La Mansarda di Miele”.
Nell’articolo intitolato “Fumetti” affronta il tema delle fantasie erotiche. Lo riporto per intero senza commenti: non ne ha bisogno.
“ FUMETTI”
“Ci sono fantasie in ambito erotico che sono destinate a rimanere tali perché, se messe in pratica, risulterebbero tutt’altro che attraenti o assumerebbero valenze anche condannabili. Idee che possono piacere fintanto che rimangono elaborazioni fantastiche, mentre perdono la loro carica eccitante se vengono riportate nella realt?. Per esempio, si sa che esiste la fantasia femminile dello stupro e che questa pu? risultare eccitante, altra cosa lo stupro vero: violenza e basta. C’? chi fantastica sui rapporti orali, ma non se la sente di praticarli, infastidito da odori o sapori. Cos? esiste la voglia di sofferenza, inflitta o subita, ma per molti le fantasie sadiche e masochiste restano esattamente tali, magari estreme e terribilmente elaborate, ma solo fantasie. I giochi della fantasia sono ambigui e tutti legittimi, altra cosa ? la realt? che implica invece una responsabilit? sociale e politica. Ogni fantasia ? un espandere le possibilit? della mente e se le fantasie sono comunicate in libri, film, fumetti…questo non ? altro che un arricchimento fantastico di chi le produce e di chi ne fruisce. Questa ? l’utilit? del materiale erotico: creare a stimolare la mente. E siccome ? importante la qualit? delle fantasie, ? altrettanto importante che il materiale da cui ricavarle e con cui rinvigorirle sia di qualit?. Purtroppo il fatto che si confonda realt? e fantasia, e che a volte si criminalizzi la produzione fantastica porta anche molti produttori di erotismo a proporre fantasie in modo “idiota”. Certi giornali pornografici andrebbero “perseguiti” non per quello che propongono nelle loro pagine, ma per come stampano le immagini, per come sono bassamente speculativi e irrispettosi dell’acquirente.
E’ chiaro quindi che l’immagine non ? la cosa, cosi come la fantasia non ? la realt?.
Le nostre fantasie e quindi il nostro studiarle, amarle, espanderle non ha niente a che fare con la realt?, a volte solo noiosa, spesso abbruttente” ( Silvio Andrei).”[xii]
La letteratura italiana del fumetto annovera molti altri autori di qualit?, oltre Guido Crepax e Milo Manara. Solo per citarne alcuni: Alfredo Castelli, Giancarlo Alessandrini, Tiziano Sclavi, Claudio Nizzi, Giancarlo Berardi, Ivo Milazzo, Galieno Ferri; altri come Sergio Staino, Altan, Ellekappa e Vauro, tutti impegnati nel fumetto di satira. Andrea Pazienza, Massimo Mattioli, Stefano Tamburini, Tanino Liberatore, Giorgio Carpinteri , impegnati, invece, nel campo delle storie del mondo giovanile, verranno esaminati pi? compiutamente nel prossimo capitolo.
La cultura italiana del fumetto ? a questo punto degnamente rappresentata.
Il prossimo capitolo ripercorre il periodo storico di quella “ generazione cannibale” che fece la storia del fumetto italiano.
CAPITOLO QUARTO
LA GENERAZIONE “CANNIBALE”
A met? degli anni ’70 il fumetto in Italia non passava un momento esaltante. I classici, a partire dal Corriere dei piccoli, continuavano ad uscire col consueto passo. In Francia usciva Metal Hurlant, mentre da noi si progettava Lanciostory. Il bisogno di cambiamento era nell’aria a partire dalle Universit?, dove i giovani politicizzati si lanciavano in arditi quanto improbabili esperimenti grafici. Vari tentativi effettuati con riviste e rivistine come Poligam?, Marxiana e Puzz offrivano degli strani prodotti “artigianali” che raramente uscivano dalla cerchia degli amici. Ma le spinte innovative c’erano e come! I primi prodotti importanti furono Linus e successivamente Alterlinus . In questo contesto di grande incertezza politica e sociale si muovono, per?, figure importanti di artisti italiani “on the road”, che uno studioso come Luca Lorenzon definisce “autori maledetti che hanno creato e vissuto seguendo il principio del live fast die young” : Liberatore, Mattioli, Pazienza, Scozzari, Tamburini, questi i nomi pi? importanti. [xiii] Il “gruppo” da questi creato, diventato ormai per noi una leggenda, ha trasformato, fin dalle fondamenta la struttura del fumetto “classico”. E, come nelle autentiche leggende, ognuno ha interpretato ed aggiunto qualcosa alla costruzione del nuovo fumetto, nel difficilissimo gioco di miscelare genio e creativit?, individualismo ed organicismo. Come scrive Mario Colonna nella post-prefazione al recente libro di F. di Pietro “Fumetti suscettibili” : “…la scansione classica della tavola esplodeva, i margini venivano violati da un disegno ipertrofico e pluridirezionale, i ballon abbandonavano le dimensioni e le collocazioni consuete, per contrarsi e sparire, o al contrario espandersi a coprire tutta la tavola; quei ballon, inoltre, come i disegni, veicolavano al lettore linguaggi ed immagini fino ad allora impensabili nell’ambito del fumetto tradizionale, che erano sopravvissute fino ad allora ai margini e nelle pieghe del sistema delle comunicazioni di massa; in ombra, come in quel grande magazzino del socialmente rimosso che ? la pornografia. Quei fumetti erano appunto inqualificabili: violenti, liberi, intelligenti, a volte debordanti, come tanta stampa di allora, con in pi? la differenza che andavano sottratti agli sguardi degli adulti. Era una nudit? nuova, la perdita storica dell’edenica innocenza di paperi e topi antropomorfi, la loro metamorfosi in macchine e corpi iper reali. Era una pagina simile sempre pi? ad uno specchio che rivelava in tutta la sua lividezza la societ? - reale – che vi si rifletteva inpudicamente.”. [xiv]
Il gruppo “cannibale” era molto giovane. A partire da Stefano Tamburini, neanche ventenne al tempo della prima pubblicazione, che propone al suo pubblico, composto da studenti contestatori, una prima serie di divertenti vignette e storie a fumetti. Giovane fantasioso ma scarso disegnatore, come apparir? ancora pi? evidente sulla rivista confezionata poco tempo dopo: Cannibale.
Oltre a Tamburini la rivista ospita un incredibile Massimo Mattioli, (forse anche finanziatore della rivista, che si dice essere stata stampata su carta rubata), autore gi? affermato in Francia. Mattioli, come scrive F. di Pietro in “Narrazioni suscettibili”, “.. ha la capacit? di far stare dentro al suo fumetto, in un concentrato psichedelico e dinamico, una quantit? considerevole di suggestioni, citazioni e fotogrammi rubati, attinti dalle narrazioni mass mediali tra le pi? disparate: senza distinzioni di genere, formati, pubblici, l’autore prende a piene mani soluzioni formali e tematiche eterogenee, dal porno al cartone animato, per consegnare ai lettori un personaggio che, ed ? questa l’eccezionalit?, si tiene insieme perfettamente. Anche sotto il profilo della narrativa, la velocit? da videogioco, da cartoon impazzito e frullato nelle sue dinamiche di concentrazione emotiva essenziale nella cadenza, che contraddistingue il ritmo del fumetto, unita ai continui sbalzi spaziali, galattici, non pregiudica la linea del racconto, ma anzi la esalta…”.[xv]
La stessa scelta del nome “cannibale” ha varie chiavi di lettura. Forse da “canna” , nel senso di spinello, ma forse anche dalla omonima rivista che i dadaisti fondarono nel 1920. Alle firme dei due cannibali originari, Tamburini e Mattioli, si aggiunsero, poi, quelle di Andrea Pazienza e di Filippo Scozzari. Pazienza, fumettista di altissimo valore, e che ? quello che maggiormente ? entrato nel cuore degli italiani, arriva da Alterlinus, mentre Scozzari, pur con capacit? grafiche non eccezionali, era la vera mente razionale del gruppo.
La follia creativa, l’impeto provocatorio del gruppo, nel lancio di Cannibale arriv? non solo a disconoscere il numero “1” come inizio della serie , ma anche, arrivati al numero “4”, ad estenderla fino ad un virtuale numero “7”, fabbricando un numero con quattro copertine, una per ogni autore, con un’operazione di lucida pazzia che prevedeva di vendere la stessa rivista quattro volte incellofanandola in modo da rendere visibile una copertina per volta! “Cannibale 4/5/6/7/ ? una vera pietra miliare nella storia del fumetto italiano, un modello di provocazione a tutt’oggi insuperato”, scrive Luca Lorenzon in un recente saggio. [xvi] Il quinto del “gruppo” ? Gaetano Liberatore, detto Tanino che esordisce nel 1978 sulla rivista. Liberatore, che ha frequentato il liceo artistico di Pescara insieme a Pazienza, sar?, poi uno dei fondatori di “Frigidaire”. E’ su questa rivista che trasport? il Ranxerox, creato nel ‘77 da Stefano Tamburini, dopo la chiusura di Cannibale per “debiti” da parte del Male.
Ranxerox, l’androide costruito usando una fotocopiatrice xerox rubata all’universit?, diventa “coppia” nel 1978 con Lubna. Il successo, oltre le previsioni, fece si che le storie del personaggio diventassero una saga. Scrive Filippo Bergonzini, sul sito web “ WWW.STRADENOVE.NET”, “…La fama di Tamburini ? legata in particolare al personaggio del coatto sintetico Ranxerox (molto spesso attribuito ingiustamente al solo Liberatore, che ne diede certamente un’interpretazione grafica potente, ma che doveva molto alle idee di Stefano): creato alla fine degli anni ’70, fu un personaggio assolutamente contemporaneo, che precorse temi che poi sarebbero esplosi nel cinema e nella letteratura della prima met? degli anni ’80, a dimostrazione della sensibilit? del suo autore per la cultura presente. ”. [xvii]
Frigidaire, oltre Ranxerox ospita le vicende di Joe Galaxy e le perfide lucertole di Callisto IV°.
“ Joe Galaxy ? un capolavoro a incastro di scatole cinesi che scorrono avanti e indietro a ritmi di replays e flash-backs, con il piacere della narrativa avventurosa, piena di colpi di scena e intrecci a catena..”, scrive F. Alinovi (1982), come riporta F. di Pietro, su Fumetti suscettibili gi? citato, a pag.87. [xviii]
Non sono solo queste le creazioni portate avanti dal gruppo, e non basterebbero certo queste poche pagine a definire i contorni non solo del “gruppo” ma anche dello speciale periodo in cui si sono realizzate. Mi piace chiudere questo capitolo con le parole che Roberto Benigni ha usato per ricordare l’artista ed amico Pazienza, prematuramente scomparso a soli 32 anni: “ Andrea Pazienza era l’albero del Paradiso. Ci ha fatto intravedere la bellezza e poi ha chiuso tutto, per? ci ha lasciato dei frutti proibiti e noi ce li siamo mangiati, li abbiamo assaporati. ”. [xix] Questa citazione di Benigni ? riportata da Raffaele Aronica nei commenti alla riuscitissima mostra “Andrea Pazienza 1956 – 1988” , la prima grande antologica dedicata in Italia ad un “fumettista” da un grande polo museale come il Complesso del Vittoriano a Roma, nel 2005. La mostra ha portato al Vittoriano tanti illustri personaggi, tra cui, oltre Benigni, un altro suo grande amico: Vincenzo Mollica.
Credo che queste parole possano essere estese a tutti i componenti del gruppo.
CAPITOLO QUINTO
NUVOLE “PARLANTI ”: INSEGNARE CON IL FUMETTO
E’ recentemente uscito nelle librerie (Giugno 2005) “Nuvole parlanti, insegnare con il fumetto” edizioni Carocci Faber, linea Scuolafacendo. Autori Simona Tirocchi (dottore di ricerca in Scienze della Comunicazione, docente di Teorie e tecniche delle comunicazioni di massa presso l’Universit? di Macerata) e Giovanni Pratichizzo (dottorando in Scienze della comunicazione presso La Sapienza di Roma).
Il libro ? parte di un progetto editoriale che prevede la realizzazione di guide pratiche all’uso dei linguaggi mediali nelle scuole. Tale progetto ? seguito dall’Universit? di Roma La Sapienza attraverso l’Osservatorio diretto dal Professor Mario Morcellini che vanta una esperienza ventennale di ricerche e studi sul rapporto tra media e minori. La ricerca di nuove strategie per integrare la comunicazione a scuola ha ipotizzato l’uso del fumetto. Perché il fumetto?
Il libro “Nuvole parlanti” nell’introduzione scritta da Amelia Capobianco, Presidente dell’Associazione MediaEducation.bo, riporta, tra l’altro, una significativa testimonianza tratta da un articolo di “Repubblica” : “Ero al liceo e si approssimava un’ora terribile: la professoressa di greco avrebbe fatto lezione alle nove, leggendo per quaranta minuti dal suo quadernetto didascalici appunti su Eschilo, che noi avremmo ulteriormente sussunto. Poi, nei venti minuti finali, avrebbe interrogato, pretendendo che ripetessimo quelle esatte parole. La minaccia gravava su me e un compagno, entrambi impreparati. Erano le otto e cinquanta. ‘Che facciamo?’, chiese quello. ‘Usciamo da scuola ’ . ‘Come?’. ‘Ci confondiamo tra quelli che entrano alla seconda ora ’ . ‘C’? il bidello alla guardiola che sorveglia. Ci vedr? ’. ‘Non se camminiamo all’indietro’. ‘Cosa?’. ‘Teniamo il profilo rivolto in avanti, ci mischiamo alla massa che entra, e con la faccia nella loro direzione, noi usciamo ’ . Mi guard? come se fossi pazzo, ma nei momenti disperati si ricorre alla ‘mossa de matto ’ . Lo facemmo. Funzion?. Corremmo sotto il portico, svoltammo, ridemmo. ‘Come ti ? venuto in mente?’ ‘L’ho letto su Topolino. C’era una storia in cui lui e Pippo lo facevano per uscire inosservati da una miniera ’. Questo brano, tratto da un articolo di Gabriele Romagnoli, (G. Romagnoli, il potere della fantasia, La Repubblica, 28.09.04.) potrebbe gi? da solo motivare la scelta di introdurre il fumetto nelle scuole, certamente non per suggerire metodi per sfuggire alle interrogazioni (ce ne sarebbe bisogno?) ma per la genialit?, la creativit?, la qualit? letteraria di tante strisce che questo articolo vuole testimoniare. ”. Continua la Capobianco: “ Si ? soliti denigrare il fumetto, considerandolo il passatempo ideale per ‘sfaccendati perdigiorno semianalfabeti che invece di leggere testi importanti perdono tempo a guardare le figure ’ come se “il fumetto” fosse un albo unico senza storia, senza autori, senza disegnatori, senza artisti e senza arte; nulla di pi? sbagliato, il tempo, soprattutto a noi italiani, lo ha dimostrato. ”. [xx]
In questo capitolo di “mio” credo di poter aggiungere ben poco. Nel condividere il progetto ? preferibile far parlare, con maggiore competenza, i protagonisti. Ecco una bella riflessione, da me totalmente condivisa, di Amelia Capobianco:
“Settant’anni fa il fumetto ? sbarcato in Italia dagli Stati Uniti con il suo carico d’innovazione figurativa e letteraria, ma “non eravamo pronti”, la nostra idea di letteratura per l’infanzia non considerava la possibilit? di dare ampio spazio al disegno (scadente, per giunta!) con tanta mortificazione per il testo: occorreva modificare, rielaborare, tagliare, aggiungere, cos?… via i balloons, le nuvolette e gi? didascalie a raccontar le storie in rima baciata, (da cui il famoso qui comincia l’avventura del Signor Bonaventura…). Di strada, da allora, il nostro fumetto ne ha fatta tanta, diventando mezzo di comunicazione con i bambini per il regime fascista, facendosi indipendente, legandosi a correnti di pensiero, a mutamenti sociali, facendosi voce per i gruppi minoritari, innalzandosi, grazie a grandi nomi, ad arte figurativa e comunicativa. Uscendo dal nostro Paese vediamo amplificarsi questi fenomeni e raggiungere traguardi tali da interessare (e molto) il mercato, i mercati, i produttori, gli editori, i pubblicitari…ben venga se con essi arrivano le magnifiche storie di Walt Disney, le crisi e i dubbi di Charlie Brown, la rabbia di Mafalda, le cavalcate nella prateria sterminata di Tex, le abbuffate di Chico, i casi di Julia e perché no, i mondi orrorifici di Dylan Dog, le crisi di coscienza dei Supereroi, le sfide quotidiane di giovani studentesse, la lotta contro il male di streghe adolescenti; per non parlare delle strisce “adulte” che hanno innalzato il fumetto a vera arte: Hugo Pratt con il suo Corto Maltese, Spiegelman con il suo Maus, Guido Crepax con le avventure oniriche di Valentina. Questi autori, e diversi altri insieme a loro, hanno fatto s? che il fumetto assumesse a pieno il titolo di prodotto letterario grazie a strutture narrative complesse e articolate e a scelte grafiche spesso innovative con riconoscimenti anche in ambito accademico: Laurea ad Honorem in Pedagogia a Giovan Battista Carpi, autore disneyano tra i pi? importanti, e Laurea ad Honorem a Sergio Bonelli in Scienze della Comunicazione, conferita lo scorso aprile. ”.[xxi]
Il fumetto dopo essere diventato adulto, ? pronto a vestire i panni di valido strumento didattico.
CONCLUSIONI
Nella sua ultracentenaria esistenza “ufficiale” il fumetto ? stato criticato, lodato, trattato come oggetto di culto o visto come un potenziale destabilizzatore dell’ordine sociale. Ma a parte la vita “ufficiale”, il fumetto, nato con l’uomo che tracci? i primi segni sulla nuda roccia, ha radici millenarie. Come tanti altri media ha vissuto nella polvere, e poi sull’altare. Anche la vita dell’uomo gli assomiglia: tra alti e bassi, tra realt? e sogno. Ho elaborato questo saggio proponendomi di avvalorare la tesi che il fumetto, per troppo tempo ? stato immeritatamente ignorato, calpestato, sottovalutato, ridotto a semplice giullare della giovent? o di soggetti poco acculturati. Tesi che intende sostenere che, invece, il fumetto ? uno straordinario mezzo multimediale, capace di essere per l’uomo un validissimo strumento culturale in tutte le et? della sua esistenza. Ho cercato, ripercorrendo i sentieri della nascita, della crescita e della evoluzione del fumetto, di rintracciare, tra le tante voci che lo denigravano, quelle che, inizialmente fuori dal coro, e poi con un consenso sempre pi? ampio, riconoscevano invece la sua valida funzione.
Nella mia ricerca, oltre i testi d’uso , mi sono addentrato nei meandri della “Rete”, dove ho trovato del materiale interessante e, credo, apprezzabili riscontri.alla mia tesi. Il fumetto nella sua evoluzione non solo ? diventato adulto, ha messo i pantaloni lunghi, ma si appresta anche ad indossare i panni di strumento didattico. Ora la mia convinzione ? ancora pi? forte: il fumetto, insostituibile e multiforme mezzo per comunicare, dare e ricevere emozioni, onirico ponte per portare in altri mondi ed in altri sogni ? non solo un insostituibile farmaco per alleviare il peso dell’umana esistenza, a tutte le et?, ma anche un valido alleato per insegnare a scuola, con metodo innovativo, i segreti della cultura .
Mi piace concludere con le parole di Renato Barilli, critico letterario e d’arte, tratte dal saggio “ I giardini incantati di Andrea Pazienza”: “… scopriamo in ci? la profonda saggezza dei fumetti, che intendono assicurare un ponte tra parola ed immagine, sanando la ferita prodotta dalla cultura “moderna”, al momento in cui si impose la fatale macchina di Gutenberg, la tipografia, la quale, come un angelo del Giudizio finale, pretese di convogliare da una parte le parole, obbligandole a indossare la veste stereotipata dei “caratteri”, dall’altra le immagini. Fu il grande divorzio, che i migliori autori del nostro ciclo contemporaneo cercarono di rimarginare: a cominciare da William Blake, grande padre di tutte le soluzioni dei nostri giorni, che si affatic? per ristabilire la convivenza, sulla stessa lastra, delle espressioni letterarie e di quelle figurative e la soluzione trovata dall’incisore inglese fu proprio di trasformare la lastra in una sorta di pianta organica flessuosa, fronzuta, pronta ad ospitare le parole cosi come gli alberi ospitano tra i loro rami i nidi degli uccelli. ”. [xxii]
Il grande albero ? pronto ad ospitare tutti.
Post scriptum
Concludendo il presente lavoro mi ? venuta in mente un’idea che mi piacerebbe proporre all’amico Luigi Gallucci.
Il professor Luigi Gallucci, Preside del liceo “Azuni”, nella cui Aula Magna ? stato presentato recentemente il libro “Fumetti suscettibili”, nel discorso di introduzione alla presentazione della nuova fatica del professor Di Pietro, raccont? che il suo Preside di allora, con una raccolta “forzata” pro biblioteca, depauper? i suoi studenti dei pochi denari che normalmente venivano utilizzati per l’acquisto dei “futili” fumetti. Ecco l’idea. Perché non ripetere, in senso opposto, oggi, una raccolta fondi per introdurre i migliori fumetti nella biblioteca dell’Istituto?
Amo scherzare…ma…
Mario Virdis
virdismario@tiscali.it
BIBLIOGRAFIA
- A. Abruzzese – D.Borrelli, L’industria culturale, -Carocci Roma 2005
- Bagnasco, Barbagli,Cavalli Sociologia 1 - Il Mulino- MI 1997
- Bagnasco, Barbagli,Cavalli Sociologia 2 - Il Mulino- MI 1997
- Berger e Luckmann La realt? come costruzione sociale - Il Mulino BO 2002
- Di Pietro Fabio Fumetti suscettibili - Edes 2006
- Dubar Claude La socializzazione - Il Mulino
- Chatman S. Storia e discorso - Net Milano
- Giddens A. Identit? e societ? moderna - Il Mulino 1990
-Giddens A. Le conseguenze della modernit? - Il Mulino 1990
- Imbasciati – Castelli Psicologia del fumetto - Guaraldi - Fi 1975
- Luhmann N. La fiducia - Il Mulino 2000
- Mc Luhan Gli strumenti del comunicare - Est 1999
- Morcellini Mario Lezione di comunicazione - Ellissi 2002
- Riesman David La folla solitaria -trad .Sarti - Il Mulino 1999
- Sciolla Loredana Sociologia dei processi culturali - Il Mulino 2002
- Tirocchi S. e Pratichizzo G. Nuvole parlanti,insegnare con il fumetto - Carocci Faber 2005
- Autori Vari Grillincubi - Ediz. CDE 1994
- Autori Vari Enciclopedia Universale Garzanti -Ediz. 2005
Si ? inoltre utilizzato il materiale presente sulla rete:
- Panciroli – Reali Psicologia e fumetti - www.psicologia e fumetti .it
- Il fumetto nella seconda met? del XX secolo – sito web “Antenati
- Daniele Giannotti Storia del fumetto in Italia - dal sito “Psycomedia”
- Silvio Andrei La mansarda di miele - sito Mansarda ’ s miele
- Luca Lorenzon Una generazione cannibale - sito fumetti
- Mario Colonna post prefazione a “fumetti suscettibili” - sito SDCO
- Filippo Bergonzini notizie -daWWW.STRADENOVE.NET
- Aronica R. Andrea pazienza al Vittoriano 9.2005 - sito Mu.Vi. news
- Renato Barilli “ I giardini incantati di Andrea pazienza” - www.giulyars.net
NOTE AL TESTO
[i] Giuseppe Bosich “ Grillincubi”, premessa all’opera, pag.7 – ediz. CDE 1994
[ii] Fabio Di Pietro “Fumetti suscettibili” pag.7 - ediz. Edes 2006
[iii] Fortess K.E.,1963 cit. in Imboscati-Castelli “Psicologia del fumetto” 1975 - FI – Guaraldi
[iv] F.Panciroli – A. Reali “Psicologia e Fumetti” dal sito internet www.psicologia e fumetti.htm
[v] Abruzzese e Borrelli “L’industria culturale” 2005 - Carocci RM
[vi] Il fumetto nella seconda met? del XX secolo , sito web “Antenati”
[vii]Amelia Capobianco, introduzione a “Nuvole parlanti, insegnare con il fumetto” di Tirocchi-Pratichizzo- Edizioni Carocci-Faber – 2005
[viii] Dati storici ricavati dal sito Internet indicato nella nota n. 6 (sei)
[ix] Daniele Gianotti lo riporta in “Psychomedia”, Storia del fumetto in Italia – dal relativo sito Internet
[x] Daniele Gianotti, gi? citato: vedi nota n. 9
[xi] gi? citati: vedi nota n. 4
[xii] Silvio Andrei dal sito Internet “ la Mansarda di miele” - sito Miele ’s mansarda
[xiii] Luca Lorenzon, “Come una generazione di Cannibale” – dal sito Internet dell’autore
[xiv] Marco Colonna, post-presentazione del libro “Fumetti suscettibili”, gi? citato
[xv] Fabio Di Pietro, “ Fumetti suscettibili”, opera gi? citata
[xvi] Luca Lorenzon, gi? citato, vedi nota n. 13
[xvii] Filippo Bergonzoni, dal sito Internet Stradenove.net
[xviii] Fabio Di Pietro, “ Fumetti suscettibili”, gi? citato
[xix] Raffaele Aronica, “ Andrea pazienza al Vittoriano, 9.2005, dal sito Internet News Mu.Vi
[xx] Amelia Capobianco, introduzione a “Nuvole parlanti, insegnare con il fumetto”, opera gi? citata a nota 7
[xxi] Amelia Capobianco, gi? citata, vedi nota 20
[xxii] Renato Barilli, “ I giardini incantati di Andrea pazienza” – dal sito Internet www.giulyars.net