Oristano 6 ottobre 2020
Cari amici,
Nel 1970, periodo di boom
economico, l’economista Milton Friedman scrisse un influente articolo,
pubblicato sul New York Times Magazine, nel quale dichiarò che lo scopo
principale di un’impresa era quello di massimizzare i profitti per i suoi
azionisti. Il significato era chiaro: le aziende non avevano la responsabilità
di fornire posti di lavoro, eliminare le discriminazioni o evitare di inquinare,
ma solo creare profitto. Gli americani cercarono di applicare in toto le teorie
dell’economista (Friedman fu anche ascoltato consigliere del Presidente Reagn), e le
ondate di deregulation finanziaria negli anni Settanta e Ottanta furono basate
proprio sulle sue famose dichiarazioni.
Oggi però, in un
contesto difficile, pregno di pericolosi cambiamenti epocali sulla vita sulla terra, la teoria di Friedman vacilla. In un mondo caratterizzato da un pericoloso aumento della temperatura, dallo scioglimento dei ghiacci, incendi
in Amazzonia, una crescente disuguaglianza e mancanza di una vera giustizia
sociale (che fa aumentare in modo pericoloso il razzismo), la teoria
della “shareholder primacy” di Friedman (ovvero, come detto prima, della massimizzazione
dei profitti aziendali) sembra non essere più applicabile.
Con lo spauracchio
dell’avanzare del cambiamento climatico, che in USA sta causando immensi danni
ambientali mai verificatisi prima, sono sempre di più i cittadini statunitensi
che protestano contro un lassismo imperante, tra cui primeggia l’ingiustizia
razziale e l’aumento della disuguaglianza economica; tutte cose che rendono la vita sempre
più difficile, oltre che inquinata. Insomma, la filosofia di Friedman che negli
anni Settanta e Ottanta del secolo scorso contribuì in modo massiccio a favorire
l’aumento del business aziendale e a far diminuire le forme di tutela dei
lavoratori, al giorno d’oggi si sta rivelando “fuori luogo e fuori tempo”,
tanto da convincere anche diversi manager responsabili delle grandi aziende.
Il capitalismo insomma si
trova a un bivio, e questo appare chiaramente anche ai leader aziendali,
economisti di primo piano e anche alla maggioranza dei cittadini statunitensi. Le
impietose statistiche hanno evidenziato che la produttività dei lavoratori dal
1948 al 1979 aumentò del 108,1% e i salari crebbero del 93,2%; dal 1979 al 2018,
invece, l’incremento del salario dei lavoratori è stato solo dell’11,6%, mentre
quello della produttività è stato del 69,6%. Le aziende, convinte di non avere alcuna
responsabilità nei confronti dell’ambiente (in base ai principi della teoria di
Friedman), hanno beatamente ignorato i rischi ambientali, considerandoli un problema
dell’intera collettività.
Il problema, però, ora c'è ed era diventato già abbastanza grave ben prima dell'arrivo della pandemia scatenata dal Coronavirus, che ha ulteriormente aggravato la situazione. Il
Ceo di JPMorgan Jamie Dimon in un messaggio agli azionisti ha definito la
pandemia di Coronavirus un “campanello d’allarme” per i leader, affinché
cambino registro, in primo luogo facendo fronte alla disuguaglianza diffusa in
tutti gli Stati Uniti. Mark Cuban, proprietario della squadra di basket dei
Dallas Mavericks e investitore, ha già intimato ai leader aziendali di porre
rimedio alla disuguaglianza di reddito.
Rebecca Henderson,
economista di Harvard e autrice del libro Reimagining Capitalism, ha
detto qualche mese fa a Business Insider “Il possibile risvolto positivo
di questa pandemia è che rappresenta un’opportunità per cambiare. Tutte le
carte sono in tavola. La gente vede chiaramente la necessità di un cambiamento.
Dobbiamo davvero approfittarne”. Chissà se sapremo cogliere l'opportunità.
Amici, è tempo che l’arida
economia capitalistica degli inizi del secolo scorso, egoistica e con il solo fine
del conseguimento del massimo profitto, cambi registro. Nell'economia
capitalistica, la natura è sempre stata intesa come una “madre avara”, e
la scarsità di risorse ha occupato sempre un posto centrale nella produzione economica.
Cavalcando questa scarsità si è creato un mondo diventato però sempre più
disuguale e di sfruttamento sia della natura che dell’uomo. Con queste
concezioni alla fine la natura, sempre più violentata e offesa, si è
ribellata, con le conseguenze che oggi stiamo già pagando.
L’unica via che ci resta,
prima che sia troppo tardi, è impostare le nostre azioni per rimediare agli errori fatti, per arrivare
quanto prima a sviluppare una "Economia sostenibile”, che significa che l'attività
umana deve svolgersi senza stravolgimenti e violenze, garantendo all’ambiente
la capacità di rigenerarsi. Quest'invito non è altro che l'applicazione del principio
di prudenza del filosofo Hans Jonas: "Opera in tal modo tale che gli
effetti della tua azione siano compatibili con la permanenza di una vita
autenticamente umana sulla terra".
Cari amici, sappiamo bene
che la storia è fatta di corsi e ricorsi, che nulla resta fermo e nulla rimane
immutato. Ma la violenza che a lungo l’uomo ha perpetrato sulla natura, con
stravolgimenti addirittura irreversibili, deve finire; l’uomo ha violentato
quell’ordine naturale perfetto, che ora dovremo cercare di ripristinare. La natura
oggi ci ammonisce severamente: senza rapidi e seri cambiamenti il declino del
nostro pianeta appare già avviato, sacrificando in particolare le generazioni future.
A domani.
Mario
Quanto possiamo resistere al cambiamento climatico? |
1 commento:
Prima di tutto ricordiamoci come Milton Friedman ha dimostrato la "scientificità" della sua teoria economica: con l'aiuto di regimi totalitari sostenuti dagli USA in barba alla democrazia. Poi quando la sua teoria economica veniva sbugiardata dalla realtà rifiutava tale realtà e imponeva un trattamento ancora più massiccio della sua teoria. Risultato: la situazione peggiorava ancora di più, non migliorava! Uno degli assunti della "scientificità" della sua teoria economica era basata sul fatto che era stata studiata in simulazioni al computer! Chiunque con un pò di nozioni di programmazione sa bene che una simulazione è una simulazione, sei tu a fare le regole del gioco... Quindi dove stava la "scientificità" della sua teoria? Riguardo al problema del cambiamento climatico bisognerebbe domandarsi: breve, medio, lungo o lunghissimo periodo? Quanti sanno del ciclo Croll-Milankovich? Quanti si domandano del ruolo del Sole e dei suoi cicli sul clima terrestre? Queste ed altre domande sono secondarie o insignificanti ai "padroni del vapore" perché essi hanno ben altri piani ( https://comedonchisciotte.org/gates-kissinger-e-il-nostro-futuro-distopico/ )... La vera posta in gioco è: controllo delle risorse energetiche, della popolazione... La realtà è più complessa di quanto non appaia...
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