Oristano 26 ottobre 2020
Cari amici,
La produzione mondiale di
plastica è passata dai 15 milioni di tonnellate del 1964 agli oltre 310 milioni attuali. Ogni
anno almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei fiumi, nei mari e poi negli oceani del
mondo e, ad oggi, si stima che via siano più di 150 milioni di tonnellate di
plastica in disfacimento negli oceani. Se non si dovesse agire subito per invertire la tendenza,
si stima che gli oceani potranno avere nel 2025 una proporzione di una
tonnellata di plastica per ogni 3 tonnellate di pesce, mentre nel 2050 avremo,
in peso, negli oceani del mondo più plastica che pesci. Numerosi sono gli studi
che fervono in tutto il mondo per cercare, in tutti i modi possibili, di
trovare rimedio ad una situazione che si appresta a diventare catastrofica.
Eppure, se è vero che
stiamo inquinando terribilmente i mari e gli oceani, è proprio all’interno di
questo immenso serbatoio d’acqua salata che potrebbe essere reperita la giusta
soluzione per mettere al bando la plastica, un prodotto di sintesi che si è rivelato tanto
dannoso e terribile perché difficilmente eliminabile. Si, a salvare il mondo
dall’inquinamento causato dalla plastica potrebbero essere proprio le alghe,
che crescono numerose proprio nei mari e negli oceani; vegetali marini che, per
crescere e riprodursi, non abbisognano di nessuna coltivazione o intervento
umano.
Sono già numerosi gli
studi sull’utilizzo delle alghe, da cui ricava una bio-plastica a
basso impatto ambientale, che potrebbe sostituire la plastica sintetica.
Secondo questi studi, il polimero ricavato dalle alghe potrebbe in futuro
arrivare a sostituire completamente la plastica, liberandoci da questa
pestilenza e apportando dei grossi benefici sia ai nostri mari, completamente
invasi dai rifiuti plastici, che all’intera vita del pianeta! Ecco, amici,
alcuni esempi che dimostrano come stanno avanzando questi studi.
Rodrigo Garcia Gonzalez e
Pierre Paslier nel 2013, mentre studiavano Innovation
Design Engineering all’Imperial College di Londra e al Royal College of Art,
hanno co-fondato la Skipping Rocks Lab. Dopo i primi esperimenti sui
polimeri delle alghe (il prodotto ottenuto è stato chiamato Ooho), si
sono poi uniti a Climate KIC, il più grande acceleratore finanziato in
Europa incentrato sull’innovazione climatica. In questo modo, collaborando con
chimici e ingegneri chimici dell’Imperial College, testarono il nuovo prodotto “Ooho”
in occasione di eventi, festival e negozi da asporto. Nell’aprile 2017,
organizzarono il loro primo round su Crowdcube, che contribuì a far crescere il
business, costruire la prima macchina e creare un hub di produzione a Londra.
Il materiale sviluppato da Skipping Rocks Lab si è espanso, andando anche oltre
Ooho, e la startup si chiama ora NOTPLA.
Il segreto del loro
successo è stato l’utilizzo dell’alga bruna, una delle risorse più
rinnovabili della natura. Quest’alga cresce fino a 1metro al giorno, non
compete con le altre colture alimentari, non ha bisogno di acqua dolce o
fertilizzante e contribuisce attivamente anche alla disacidificazione dei
nostri oceani. Dal polimero di quest’alga l’azienda ha ricavato un prodotto trasparente
(Ooho), morbido, capace di incapsulare qualsiasi prodotto, a partire
dall’acqua; essendo commestibile può anche essere mangiato senza problemi,
altrimenti è compostabile e si decompone nell’arco di 4/6 settimane.
Ooho
infatti può essere utilizzato per creare sacchetti monodose o capsule che
possono contenere salse, finger food, acqua, succhi di frutta o estratti, caffè
freddi o cocktail; questo curioso packaging può essere letteralmente
mangiato o inghiottito, essere messo in bocca e lasciato “esplodere” senza danno. Già
sperimentato in occasione di eventi, festival e alcune manifestazioni sportive
come le maratone, Ooho potrebbe risultare molto efficace per eliminare quella
distesa di bicchieri di plastica e bottigliette che solitamente restano a terra
dopo le manifestazioni sportive o i concerti. La plastica monouso, infatti,
rappresenta più della metà degli oltre 300 milioni di tonnellate di plastica
prodotte ogni anno.
Gli esperimenti per
eliminare la plastica continuano ad ampio raggio. Oltre NOTPLA a cercare
di risolvere il problema della super-inquinante plastica, ci sono anche Eric
Klarenbeek e Maartje Dros, che hanno dato vita a una filiera molto particolare:
coltivano alghe, le raccolgono, le asciugano e le trasformano in un materiale
che può essere utilizzato nelle stampanti 3D per creare oggetti in plastica:
dai vasi fino alla pattumiera. Possono essere fabbricati tantissimi oggetti
(oggi di plastica) che non inquinano e si decompongono in poche settimane.
Cari amici, con l’utilizzo
delle alghe si ridurrebbe il consumo di combustibili fossili non rinnovabili,
che emettono anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera. Le alghe, infatti,
assorbono l’anidride carbonica durante il loro processo della fotosintesi, “risultando
molto interessanti per la produzione di biomassa perché possono filtrare
rapidamente la CO2 dal mare e dall’atmosfera”, come afferma un’altra
ricercatrice, la designer cilena Margarita Talep, che precisa: “Dopo
la plastica fatta con le patate e le stoviglie di grano (che si possono
mangiare!), è il momento della plastica biodegradabile creata con le alghe:
ecco l’idea “eco” sviluppata per sostituire gli imballaggi di plastica
monouso”.
Cari amici, anche se non
è chiaro se e quando l’uso delle alghe verrà impiegato su larga scala, siamo di
fronte a un materiale versatile, in grado di sostituire la plastica in molti
utilizzi, dal momento che la bioplastica di alghe risulta abbastanza resistente
e può cambiare consistenza e spessore cambiando la proporzione degli
ingredienti che la compongono, ha detto la Talep. “Credo che la
bio-fabbricazione sarà una parte importante del lavoro futuro delle industrie –
ha dichiarato ancora Talep – Almeno finché tutti i processi di
estrazione di queste materie prime e della loro fabbricazione verranno fatti
con consapevolezza ambientale”.
Se vogliamo siamo ancora
in grado di evitare di distruggere il futuro delle nuove generazioni!
A domani.
Mario
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