Oristano 17 gennaio 2020
Cari amici,
Di riduzione delle ore e
dei giorni di lavoro settimanali, si parla da lungo tempo. Lentamente ma inesorabilmente
le 16-18 ore dei tempi andati sono diventate solo un brutto ricordo, ma la proposta di
riduzione dell’orario di lavoro, che di recente è tornata sul tappeto, appare più
come un sogno che una concreta e applicabile realtà.
La proposta, rimbalzata sui quotidiani nazionali nei giorni scorsi, è attribuita all’attuale Primo Ministro finlandese, Sanna Marin, lanciata però prima che Lei diventasse Premier, nell’intento di abbreviare ulteriormente le giornate lavorative settimanali portandole a 4 della durata di 6 ore giornaliere.
La proposta, rimbalzata sui quotidiani nazionali nei giorni scorsi, è attribuita all’attuale Primo Ministro finlandese, Sanna Marin, lanciata però prima che Lei diventasse Premier, nell’intento di abbreviare ulteriormente le giornate lavorative settimanali portandole a 4 della durata di 6 ore giornaliere.
Ai più, quanto riportato
dai giornali, ha fatto credere che fosse un nuovo piano del governo finlandese
in carica, ma in realtà, come ha poi spiegato il giornale News Now Finland,
si è trattato di un fraintendimento: la proposta era stata davvero lanciata
dalla Sanna Marin, ma all’interno di un dibattito in occasione del 120esimo
anniversario del partito socialdemocratico finlandese, quando Marin era ancora
solo ministro dei Trasporti.
In Italia Carlo
Cottarelli ha così commentato la notizia: “La premier finlandese propone
di lavorare 24h a parità di stipendio, perché stare a casa aumenta la
produttività. Mah! Di solito la produttività dipende da tecnologia,
investimenti, ecc. Mi sembra una bufala. Evidentemente non circolano solo in
Italia. O è una renna in questo caso?”.
Tuttavia l’ipotesi di
applicazione di una “settimana cortissima” non è così campata in aria,
in quanto nel mondo diversi test sono già stati eseguiti per verificarne la
fattibilità e la possibile convenienza. La filiale giapponese della Microsoft, per
esempio, ha già in esperimento la giornata lavorativa di 4 giorni con impegno
di sei ore, riscontrando buoni risultati. Le verifiche, effettuate a fine anno
scorso, hanno evidenziato che “La produttività risultava aumentata del 40 per cento e le pause durante il lavoro diminuite del 25 per cento; anche il consumo di
elettricità era diminuito del 23 per cento, mentre, riguardo all’aspetto
dell’impatto ambientale, le stampanti degli uffici hanno risparmiato il 59 per
cento della carta consumata in precedenza.
Inutile dire, in quanto
scontato, che una settimana di questo tipo aveva trovato il pieno gradimento
dei dipendenti (oltre il 92 per cento), che, pur lavorando il 20 per cento in
meno di prima, raggiungevano risultati migliori. Anche in Nuova Zelanda la
compagnia assicurativa Perpetual Guardian sta testando la settimana
di 32 ore da più di un anno e i risultati appaiono stupefacenti:
personale molto meno stressato e molto più efficiente. Ma è in Danimarca che il
cosiddetto “Work-Life-Balance” è diventato addirittura regola stabile:
sono loro, “il popolo più felice del mondo”, come recitano tutte le classifiche
specializzate, ad aver applicato la settimana cortissima, riscontrando
regolarmente ottimi risultati.
Cari amici, tornando
indietro nel tempo, possiamo dire che la lotta per la riduzione delle ore di
lavoro, partì già all’inizio dell’Ottocento, praticamente 2 secoli fa. A
proporre in modo forte la riduzione delle ore lavorative fu l’industriale e
filantropo gallese Robert Owen, che gli inizi del 1800 coniò il motto “otto
ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore di sonno”. Owen e i primi
sindacalisti si batterono contro un orario di lavoro che all’inizio dell’epoca
industriale poteva arrivare a 16 ore al giorno per sei giorni la settimana.
La lotta fu lunga e dura
e le idee di Owen sull’alleggerimento dell’orario di lavoro stentarono ad
affermarsi, tanto che solo all’inizio del Novecento furono codificate nella Legislazione
del lavoro, sia in Europa che nel Nord America. In Italia, le “8 ore” vennero
regolamentate nel 1922 (durante i primi mesi del governo Mussolini), dando
seguito ad una proposta presentata in precedenza dal Partito Socialista.
Durante la ripresa post
bellica i Sindacati che guidavano i lavoratori avanzarono richieste soprattutto
per i possibili miglioramenti salariali, ma di riduzione dell’orario di lavoro
si tornò a parlare solo negli anni Ottanta del secolo scorso, quando i
socialisti francesi inserirono una settimana di 35 ore nel loro programma (riusciranno
però ad approvare la riforma soltanto nel 2000). Con l’eccezione della Francia,
il massimo nazionale di ore lavorative fissato per legge non è cambiato
significativamente negli ultimi decenni, anche se in generale la tendenza è
stata quella di una riduzione graduale del totale delle ore lavorate.
Cari amici, lo studioso e
ricercatore Simone Fana, autore del saggio Tempo Rubato si è così
espresso sull’argomento: «Per trent’anni, l’idea dominante è stata quella
della produttività a tutti i costi; si è martellato costantemente sul fatto che
lavorando di più il reddito da distribuire sarebbe stato più ampio, e fosse
quindi più utile aumentare gli orari di lavoro piuttosto che ridurli». Ora,
invece, si parla solo di flessibilità e riduzione dell’impegno lavorativo.
Certo, siamo tutti consci
che lavorare di meno migliora la salute e la qualità della vita delle
persone, ma sarà economicamente possibile?
Sappiamo anche che le persone
vogliono sempre lavorare di meno e che una volta che hanno provato a farlo, tornare
indietro è molto difficile. La storia della giornata lavorativa di sei ore in
Finlandia ci dice che sull’argomento l’interesse è proprio tanto e la curiosità
per accertarne la possibilità ancora di più. Quello che certamente non sappiamo,
ed è il fattore più importante, è questo: nel mondo sviluppato di oggi, esiste
lo spazio necessario per poter trasformare questa esigenza in “tema politico”,
in grado cioè di creare le condizioni di possibile applicazione, mobilitando
sia i lavoratori che gli elettori, come in passato?
Difficile dare la
risposta.
A domani.
Mario
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