Oristano 10 gennaio 2020
Cari amici,
Valentina Sumini, è una trentaquattrenne
di Alessandria. Carattere deciso e con grandi capacità professionali, ha una
laurea in Architettura conseguita al Politecnico di Torino, una in Ingegneria
Edile guadagnata al Politecnico di Milano, un dottorato di ricerca, e varie
esperienze internazionali; insomma una tosta e preparata. Oggi Valentina è una
delle ricercatrici italiane eccellenti che si è realizzata all’estero. Lavora
infatti a Boston, al Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove opera
dal 2016 e, viste le sue capacità, scelta dalla Nasa per realizzare modelli abitativi speciali, utili a mandare presto l’uomo nello spazio e vivere e lavorare su Marte.
La sua passione è progettare proprio città particolari, non sulla terra ma nello spazio, ideando moduli abitativi molto diversi da quelli
terrestri, pensati per un futuro abitativo prossimo su un altro pianeta, considerato anche che in fondo ai suoi desideri c'è pure quello di diventare addirittura astronauta!
Lei la sua professione la conosce bene e la sa applicare alla perfezione anche
fuori dagli ordinari canoni terrestri, essendosi prima realizzata costruendo grattacieli sulla terra e, di conseguenza, avendo maturato solide esperienze nel campo dell’applicazione del calcolo
strutturale; tuttavia Lei, contrariamente ai nostri progettisti, intende applicare le sue eccellenti competenze nella costruzione di ambienti dislocati non sulla nostra terra ma in ambito
extraterrestre.
Il suo lavoro negli
States, inutile dirlo, risulta essere molto apprezzato, se pensiamo che di recente, con il suo
progetto Redwood Forest, ha vinto il Mars City Design Prize, un
alto riconoscimento concesso alle migliori idee per la futura realizzazione di
una città sostenibile sul Pianeta rosso. E non è tutto. Valentina è ora
impegnata nella preparazione, come comandante, di una missione scientifica che
dovrà ricreare le condizioni di vita marziane. Insomma Valentina è un genio
giovane e straordinario! Ma com’è che Valentina anziché esplicare le sue
capacità nelle costruzioni anche avveniristiche sul nostro pianeta si è voluta
invece “lanciare nello spazio”? Alla base della sua scelta certamente la grande passione!
Lei, prima di arrivare
alla progettazione delle città spaziali, ha maturato esperienze formative in
Olanda, a Parigi e all’Illinois Institute of Technology di Chicago, quest’ultimo,
com’è noto, è un polo universitario d’eccellenza dell’ingegneria civile
mondiale. Ebbene, sono state queste esperienze ad avvicinarla al design
computazionale e al coding, ovvero alla scrittura di algoritmi per la
progettazione architettonica, disciplina all’epoca ancora poco sviluppata in
Italia.
Appassionata da sempre di
innovazione, grazie alla sua intelligenza brillante Valentina Sumini ha cercato
di realizzare i suoi sogni, di perseguire i suoi obiettivi senza farsi
scoraggiare dagli ostacoli e dalle difficoltà incontrate. Del resto la sua naturale
mente curiosa e piena di interessi, è stata stimolata fin da bambina da un
contesto familiare favorevole, considerato che nella sua famiglia il padre è
docente di ingegneria nucleare e sua madre architetto. Con due genitori di tale
livello, al momento di iscriversi all’università Lei si è trovata di fronte ad
un dilemma: scegliere architettura o ingegneria.
La scelta alla fine è
caduta su architettura, con successiva specializzazione negli studi sulla
dinamica degli edifici, una materia molto legata al mondo dell’ingegneria. Da
tener presente che gli anni dei suoi studi sono stati quelli del post terremoto
dell’Aquila, quando la mobilitazione, anche in Italia, per trovare soluzioni relative alla prevenzione dei fenomeni sismici era salita alle stelle. Questi studi sono stati per Lei fondamentali.
Nelle numerose interviste rilasciate sulla sua non facile scelta, Lei con un
sorriso ha risposto:
“A Chicago ho imparato
molto sui grattacieli e questo si è rivelato utile per la progettazione
spaziale perché nello spazio le condizioni sono estreme, proprio come nel caso
di questi edifici. Per progettare una città spaziale è richiesta una grande
attenzione alla struttura, all’ottimizzazione dei materiali, ma anche alla cura
degli aspetti psicologici degli astronauti. Molte missioni falliscono perché è
duro stare in uno spazio confinato per tanto tempo. Il mio obiettivo è creare
un’architettura che sia funzionale e risponda alle direttive della Nasa per le
missioni spaziali, ma che sia anche capace di creare un habitat confortevole
dal punto di vista psicologico, prendendo spunto da quello che già c’è in
natura”.
Valentina, con il suo
progetto Redwood Forest che ha vinto il Mars City Design Prize, si è
proprio basata sull’osservazione della natura; il suo è un progetto di
un’avveniristica città, in cui far vivere fino a diecimila persone su Marte, ma
idealmente utilizzabile anche in altre zone ostili del nostro pianeta come i
deserti o le aree ghiacciate. Le costruzioni da lei ideate sono in realtà delle
calotte emisferiche, autonome dal punto di vista energetico e collegate tra
loro da tunnel sotterranei che si diramano come le radici degli alberi; la
città progettata dal team di Valentina Sumini ospita bacini d’acqua potabile,
coltivazioni idroponiche e ogni altro elemento rivolto al comfort dei suoi
abitanti.
Che dire amici, Valentina
è talmente entusiasta del suo lavoro da aver maturato il pallino di diventare pure lei astronauta. Pur non essendo già all’interno di un programma di addestramento
per astronauti, sta facendo dei training che preparano chi vuole diventarlo;
perciò, se un giorno vorrà davvero proseguire su quella strada, avrà già fatto
alcune delle pratiche preparatorie indispensabili, tra cui quella del volo in assenza di
gravità. Ovviamente, per ora, lei continua imperterrita con le sue
progettazioni, senza sosta.
Un delle sue ultime realizzazioni
è uno speciale esoscheletro, progettato in collaborazione con il designer
Manuel Muccillo; dotato di una “coda prensile”, ispirata a quella dei
cavallucci marini, è inserito in una tuta appositamente progettata per aiutare
gli astronauti a muoversi in assenza di gravità. Spiega la giovane scienziata: “Ho
condotto l’esperimento io stessa indossando l’esoscheletro durante una simulazione
di volo in assenza di gravità. L’ambiente sottomarino per molti versi è simile
a quello dello spazio. I cavallucci marini usano la coda per aggrapparsi agli
oggetti e per orientarsi e a me questo affascinava molto. A maggio del 2020
ripeterò il training per apportare delle migliorie al programma”.
Cari amici, in presenza
di personaggi di questo spessore non resta altro da fare che inchinarsi alla loro
grande capacità e alla loro straordinaria bravura. Una cosa dispiace: che menti simili siano costrette
ad emigrare per realizzarsi, perché da noi la possibilità di esprimere le
proprie capacità purtroppo non c’è! Riusciremo mai in Italia a cambiare un sistema che
vede i nostri giovani migliori emigrare?
Ce lo auguriamo, anche se non sarà facile, ma
la speranza è sempre l’ultima a morire! Per ora facciamo a Valentina i nostri
migliori AUGURI! Ad maiora!!!
A domani.
Mario
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