Oristano 24 gennaio 2020
Cari amici,
Che i buoni pasto siano
stati la soluzione ideale per le aziende per poter favorire i loro dipendenti
senza aggravio di ulteriori imposte è cosa ben nota, anche se tante piccole
aziende sono convinte che l’agevolazione riguarda solo le strutture di
dimensioni medio alte. La normativa invece prevede che ne possono beneficiare anche
le Aziende che abbiano almeno 10 dipendenti. un'azienda con 10 dipendenti, per
esempio, può ottenere un rimborso tasse fino a 4.132,80 € l'anno utilizzando i
buoni pasto.
Per chi non sa cosa sono
i buoni pasto, c’è da sapere che sono dei coupon offerti dalle aziende ai propri
dipendenti, che possono essere spesi in ristoranti o negozi di generi
alimentari. I buoni pasto deducibili, in realtà sono un ottimo strumento per
integrare il reddito dei dipendenti, senza subire ulteriori salassi fiscali. La
logica che li ha messi in atto è che un dipendente felice è un
dipendente più produttivo, cosa bel nota se pensiamo che lo stesso Napoleone,
il grande condottiero che sappiamo, affermava con sicurezza che “Un esercito
marcia sul suo stomaco”.
Le aziende, offrendo il
pranzo ai propri dipendenti, riescono a migliorarne le prestazioni, perché
sappiamo tutti quanto può essere difficile concentrarsi a stomaco vuoto! Il
risultato? L’azienda avrà una forza lavoro maggiormente concentrata, che
contribuirà a farla crescere maggiormente. Inoltre, poiché i buoni pasto
vengono emessi solo nei giorni in cui il dipendente si trova sul posto di
lavoro, sono un ottimo modo per scoraggiare l'assenteismo.
Ebbene, questo ottimo
strumento aziendale di fidelizzazione dei dipendenti, è entrato anch’esso nella
Finanziaria 2020, tanto che dal 1° gennaio diverse sono state le modifiche
apportate a questo strumento. La Legge di Bilancio 2020, approvata al Senato il
16 dicembre 2019, ha stabilito di considerare in modo separato i Buoni pasto
elettronici da quelli cartacei. Le novità introdotte favoriscono i primi,
quelli elettronici, stabilendo dei nuovi limiti di esenzione fiscale.
Per i Buoni pasto
elettronici sale da 7 a 8 euro la quota non sottoposta a imposizione fiscale,
mentre per i buoni pasto cartacei scende da 5,29 a 4 euro la quota di
esenzione. Tutto questo deriva dalla necessità di applicare, ove possibile, la “Tracciabilità”,
sistema che, dell’anno in corso, avrà i suoi effetti anche sul fronte del
welfare aziendale. I nuovi criteri di valutazione sono entrati in vigore, come detto, dal 1°
gennaio 2020.
Anche dal punto di vista
della praticità di utilizzo, i buoni pasto (che sono titoli di pagamento
nominativi e devono essere utilizzati solo da titolare), presentano differenze
sostanziali; quelli cartacei, che al momento dell’utilizzo devono essere datati
e sottoscritti nello spazio riservato all’indicazione della firma del
lavoratore e alla data di utilizzo, fanno perdere tempo nei negozi all’atto
della presentazione per la spendita, mentre quelli elettronici, che non
richiedono alcuna firma da parte del titolare perché le informazioni necessarie
sono tutte digitalizzate nella carta grazie ad un numero ed un codice
identificativo, si utilizzano come una carta di credito.
Se i cambiamenti della Finanziaria
hanno riguardato i Buoni Pasto, nulla invece è cambiato riguardo alla
disciplina che regola la somministrazione di vitto da parte del datore di
lavoro (sia direttamente che attraverso mense), per la quale è prevista
l’integrale esclusione dal reddito di lavoro dipendente, nonché quella prevista
per le indennità sostitutive corrisposte ai lavoratori dei settori
specificamente indicati nella norma, in particolare quello edile, i quali non
avrebbero la possibilità di utilizzare il buono pasto.
Cari amici, anche nel
campo del welfare aziendale, dunque, il Governo in carica ha deciso di andare
nella direzione di una maggiore tracciabilità del sistema. Permangono le regole
di utilizzo, stabilite dal Decreto Ministeriale del Ministero dello Sviluppo
Economico numero 122 del 7 giugno 2017, che definiscono i buoni pasto come non
“cedibili, non cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili
o convertibili in denaro” e “utilizzabili solo dal titolare”.
Portare il valore dei
buoni pasto cartacei a 4 euro equivale a scoraggiarne l’utilizzo (risulta diffuso
ancora per il 50 per cento, secondo le stime inserite nella prima relazione tecnica
del DDL Bilancio), con l’obiettivo di spingere i datori di lavoro e i
lavoratori ad affidarsi a una modalità, quella digitale, che si presta con più
difficoltà a una strumentalizzazione negativa.
Amici, chissà se il lento
passaggio dal cartaceo (a partire dai pagamenti in contanti) al digitale,
porterà buoni frutti, ovvero dare una mano all’eliminazione o almeno alla riduzione
di quell’enorme “Buco nero”, qual è il sommerso, quantificato secondo l’ISTAT
(riferito al 2017) in circa 211 miliardi di euro, il 12,1 per cento del PIL. Che
proprio non è poco!
A domani.
Mario
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