Oristano 3 Gennaio 2020
Cari amici,
Le statistiche sono davvero impietose: in Italia si fanno sempre meno
figli. I dati parlano forte e chiaro: nei Paesi più industrializzati, la
natalità è in caduta libera fin dalla fine degli anni Settanta. Già nel 1976 (periodo
in cui si chiedeva a gran voce il diritto all’aborto) lo storico francese
Pierre Chaunu parlava del “declino demografico europeo”, definendolo
come «la peste bianca». È da allora che, anno dopo anno, le nascite hanno
continuato a diminuire, tanto che oggi, stando alle ultime rilevazioni di
Eurostat, nessuno dei 28 Paesi UE raggiunge il cosiddetto «livello di
sostituzione» ovvero quel numero di figli necessario per rimpiazzare
naturalmente la popolazione, soglia calcolata in almeno 2,1 figli per donna.
All’interno dell’Unione
Europea la situazione non è uniforme: vi sono Paesi molto prossimi a quella
soglia (come Francia e Irlanda, rispettivamente a 1,96 e 1,92) e altri, come l’Italia,
che sono scivolati agli ultimi posti. È il caso della Germania con 1,5, dell’Italia
con 1,34 e della Spagna con 1,33. Numeri, peraltro, che sarebbero perfino più
bassi senza i figli nati dalle donne extra-Ue: in Italia, per esempio, la
fecondità delle mamme straniere è a 1,95 quella delle italiane a 1,27.
Ragionando sui dati
relativi al 2016, nell’Unione Europea si è passati dai più di 7,2 milioni di
nuovi bebè nati nel 1970 ai 5 milioni e 114 mila neonati del 2016. In Italia addirittura
ci fu un tracollo: le nascite praticamente i dimezzarono, passando da 901.472
del 1970 ai 473.438 del 2016. Per il secondo anno consecutivo, insomma, si è sotto
il mezzo milione di bebè! Una situazione, riferendoci in modo particolare all’Italia,
che mette in crisi il sistema lavorativo e pensionistico prima esistente, in
quanto la mancanza di nuovi nati diventa praticamente una bomba a orologeria,
soprattutto per la sostenibilità del welfare e del sistema pensionistico.
Quando in un Paese le
nascite sono in continua diminuzione, l’età media della forza lavoro aumenta,
mettendo in crisi sia il sistema produttivo che quello pensionistico, in quanto
si appesantisce sulle spalle dei lavoratori attivi, e quindi dei giovani, il
carico per sostenere quella parte (crescente) di popolazione che invecchia e
vive più a lungo. Le ragioni per cui si fanno meno figli sono molteplici e le
variabili si intersecano in tanti modi. Si fanno meno figli perché è costoso
allevarli, perché nella gran parte dei casi, avere un figlio per una donna che
lavora significa addirittura poter perdere il posto di lavoro, e così via.
Realizzarsi nel lavoro
oggi per una donna è tutt’altro che facile. Per questa ragione, entrando nel
mondo lavorativo non più giovanissima, si decide a creare una famiglia dopo i
35/40 anni, quando la sua fertilità è già in forte calo. Affacciarsi alla maternità intorno ai 35/40
anni, comporta diversi problemi legati proprio all’infertilità. La fertilità,
infatti, inizia a calare dopo i 30 anni. Un’indagine condotta da Ixè e
commissionata dall'Istituto Valenciano per l'Infertilità (IVI), ha evidenziato
che quasi 2 persone su 10 ritengono che la fertilità della donna inizi a
ridursi dai 46 ai 50 anni e un ulteriore 11 per cento (in misura superiore gli
uomini) dopo i 50 anni. In realtà, il calo inizia ben prima, intorno ai 30 anni,
e diventa importante già nei cinque anni successivi.
Maria Cristina Magli,
neopresidente italiana della Società europea di riproduzione umana ed
embriologia (Eshre), nel commentare con l'AdnKronos Salute il nuovo dato
ISTAT sul calo delle nascite nel nostro Paese ha detto: "In Italia
manca ancora la consapevolezza sulla fertilità, la cosiddetta 'fertility
awareness': credo che stia diventando un grosso problema non solo fra i
giovani, ma persino fra i medici, che si dimenticano di dire alle generazioni
in età fertile che il periodo riproduttivo è limitato. E questo vale sia per la
donna che per l'uomo".
Cari amici, il problema
dell’aumento della vita media, aggravato dal fatto della diminuzione delle
nascite, porterà sconvolgimenti di non poco conto, non solo in Italia ma in
molte altre parti del mondo; un mondo destinato a diventare sempre più multietnico
e multirazziale. Le scelte delle donne che vogliono comunque un figlio, di
fronte ai problemi di infertilità, sono rivolte alla scienza, alla quale
vengono richiesti, spesso, dei miracoli che non può fare. Anche l’adozione
rientra in questo “bisogno tardivo di maternità”, anche se le difficoltà non
mancano neppure in questo caso.
Che fare dunque? Il
problema non è proprio semplice da risolvere, e cercare di cambiare le cose
richiede non solo tempo ma grandi investimenti che i Governi stentano a
reperire. Nel nostro Paese si è parlato di recente del problema della
difficoltà delle famiglie ad allevare i figli durante la preparazione della
Finanziaria 2020; tuttavia, a parte tante chiacchiere si è arrivati ad un nulla
di fatto! Si è parlato di Bonus bebè e di aiuti alle famiglie numerose, ma in
realtà poco o nulla è cambiato.
Amici, il problema però
esiste ed è grave, ed è inutile nascondere la polvere sotto il tappeto! La
nostra società senza interventi risolutivi subirà traumi e lacerazioni che la
rivolteranno come un calzino! Non oso pensare cosa potrà succedere nei prossimi
decenni alle “Nuove generazioni”, a cui abbiamo lasciato un mondo senza futuro.
Credo abbia ragione chi sostiene
che noi, esponenti dell’attuale generazione, “Abbiamo rubato il futuro ai
giovani”.
A domani.
Mario
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