Oristano 25 Gennaio 2019
Cari amici,
Il processo di
fermentazione, studiato per la prima volta nell’Ottocento dal microbiologo
francese Louis Pasteur, è un
processo naturale, che avviene in assenza di ossigeno (condizioni anaerobiche).
Come spiega con competenza il Dr. Simone Guglielmetti, docente presso il Dipartimento
di scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente dell’Università degli
Studi di Milano, tramite questo processo i batteri, lieviti e funghi, ovvero quei
piccoli organismi presenti, seppure invisibili ai nostri occhi, si procurano l’energia per vivere
colonizzando un cibo e trasformando alcuni suoi nutrienti, come i carboidrati,
in sottoprodotti, come alcoli o acidi organici. Questi microrganismi si cibano
di alcune sostanze presenti nel prodotto di partenza, dando origine a un nuovo
alimento con gusto e consistenza diversi da quello di base.
Le forme di fermentazione
possono essere di diversa natura: tra le principali, la fermentazione lattica e quella
alcolica; da precisare che c'è quella iniziata dai microrganismi presenti sul prodotto e quella “Starter”, nella
quale è necessario aggiungere di nostra iniziativa alla materia prima dei microrganismi appositamente
selezionati. Vediamo, seppure in maniera sintetica, di illustrare le diverse, più importanti caratteristiche.
Nella fermentazione
lattica, il glucosio, attraverso l’azione di batteri del genere Streptococcus e
Lactobacillus, viene convertito in acido lattico. Questo tipo di fermentazione viene
utilizzato per trasformare il latte in yogurt e formaggi, ma anche per ottenere
le verdure fermentate. In quella alcolica invece, il
glucosio dà origine ad alcol etilico (etanolo) e anidride carbonica, grazie
all’azione di alcuni lieviti, come ad esempio il Saccharomyces ellipsoideus,
utilizzato per produrre il vino, e il Saccharomyces cerevisiae, usato invece per la produzione
della birra partendo dal malto; un processo simile è usato anche nella preparazione del
pane.
Non sempre, come accennato, la
fermentazione si innesca “naturalmente”, a partire da microrganismi
già presenti sulla superficie degli alimenti; quando questo non avviene, per
avviare il processo è sufficiente fornire loro le adatte condizioni di
crescita. Ciò che accade, ad esempio, col cavolo, che, se immerso in acqua e
sale, per effetto dei batteri lattici quali il Lactobacillus plantarum e il
Leuconostoc mesenteroides, si trasforma in crauti (letteralmente «verdura
acida»), un contorno tipico della cucina tedesca.
Ci sono dei casi, però,
dove è necessario aggiungere alla materia prima delle particolari colture di
microrganismi, denominati per la loro funzione starter. È
quanto succede, ad esempio, nel caso dello yogurt, che si ottiene mettendo nel
latte, che può essere di capra, di mucca o di pecora, il Lactobacillus
bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus, oppure del miso, che si ricava
aggiungendo alla soia un fungo chiamato Aspergillus oryzae. Al di là degli
ingredienti, ogni fermento produce comunque risultati unici, influenzati da
numerose variabili, come ambiente, stagione, temperatura, umidità e durata della
fermentazione, che in alcuni casi si completa in poche ore, mentre in altri
casi richiede molto più tempo.
«La
fermentazione è stata sfruttata fin dagli albori della civiltà come strumento
per la conservazione dei prodotti altamente deperibili, come latte, carne,
frutta», spiega con competenza di docente il prof.
Guglielmetti. «L’attività fermentativa dei batteri lattici o dei lieviti, presenti
nell’alimento, determina la produzione e l’accumulo di molecole, quali acido
lattico, acido acetico, alcol etilico, che fungono da conservanti naturali,
inibendo la crescita dei microrganismi che causano il deterioramento, come le
muffe», precisa.
E' bene sapere che i cibi fermentati hanno
una caratterista importante: oltre che buoni e saporiti, sono anche
conservabili a lungo, sono facilmente digeribili e benèfici per il nostro organismo.
Anche al giorno d’oggi, seppure con l’avvento dei moderni frigoriferi non sia
più necessario fermentare il cibo per la sua conservazione, gli alimenti
fermentati non sono mai passati di moda, ma anzi hanno continuato a guadagnare
popolarità, grazie alle loro numerose virtù. Uno dei validi motivi è la loro elevata
digeribilità che li rende particolarmente graditi a chi ha problemi digestivi o
di intolleranze.
Cari amici, ormai è assodato
che nutrirsi di cibi fermentati apporta un grande beneficio al nostro
organismo. Non è certo un caso se il biologo Bill Mollison, autore del libro The permaculture book of ferment and human
nutrition, ha definito la fermentazione «una forma di predigestione», operata per noi dai microrganismi. I vantaggi per la salute sono davvero molteplici; alcuni fermenti, per esempio, funzionano come antiossidanti riducendo i
radicali liberi, quelle sostanze che provocano l’invecchiamento delle cellule
rendendo la pelle meno tonica e più rugosa e favorendo l’insorgenza di alcune
malattie, come tumori e patologie degenerative.
Utilizziamo dunque, quando possibile, i cibi fermentati, sicuramente il nostro organismo ne potrà davvero beneficiare!
Utilizziamo dunque, quando possibile, i cibi fermentati, sicuramente il nostro organismo ne potrà davvero beneficiare!
A domani.
Mario
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