Oristano
1 Agosto 2015
Cari amici,
che il nostro Sud
avesse avuto in passato forti legami con la civiltà ellenica è risaputo. La
parte inferiore del nostro stivale, storicamente chiamata “Magna Grecia”, Sicilia compresa, fu colonizzata da nuclei di
pionieri greci a partire dal 735 prima della nascita di Cristo. Le diverse
città create dai greci dopo la rapida espansione che si estese in tutto il sud
della nostra penisola, entrarono presto
in costante lotta tra loro per avere l’egemonia sulle altre. Indebolite, però,
anche dagli attacchi di nemici esterni finirono poi, una dopo l’altra, sotto la
dominazione romana. Siracusa (la città di Archimede) fu l’ultima colonia greca
a cadere sotto la dominazione di Roma nel 212 a.C.
Perché, direte Voi,
inizio proprio con queste reminiscenze scolastiche il primo post del mese di
Agosto?
Semplicemente per accostare al passato una notizia di questi giorni che
mi ha terribilmente colpito: il recente rapporti SVIMEZ sullo stato del nostro Mezzogiorno, ovvero dell’ex Magna
Grecia. Vediamo in dettaglio la spietata analisi fatta dall'Istituto, e che
evidenzia, in chiave moderna, mali antichi, che si traducono nel fatto che dal 2.000 ad oggi il Mezzogiorno d'Italia è cresciuto la metà della Grecia!
In tredici anni, dal
2000 al 2013 (ultimo dato verificato), l'Italia è stato il Paese dell’area Euro
che e' cresciuto meno: un +20,6% rispetto al +37,3% dell'intera Area Euro (composta
da 18 Stati)! Pensate, addirittura meno della Grecia, dove i problemi come
sappiamo non mancano, ma che ha comunque ha segnato un +24%. Questa poco felice
fotografia scattata dallo SVIMEZ, nelle anticipazioni sul “Rapporto sull'Economia del Mezzogiorno 2015”, mette in luce una
situazione decisamente molto critica del nostro Sud, che cresce nel periodo in
questione (2014-15) la metà della Grecia: un misero +13%, oltre 40 punti
percentuali in meno della media delle regioni Convergenza dell'Europa a 28 che porta a casa un +53,6%.
Una situazione, quella
rilevata, che porta lo Svimez a sostenere che "Il Sud è ormai a forte
rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l'assenza di
risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all'area
meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica
in un sottosviluppo permanente". Un quadro di grande precarietà, che
preoccupa anche il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che
è, però, decisamente convinto che "non possiamo abbandonare giovani e
Meridione".
Il divario del Pil pro
capite tra Centro-Nord e Sud è tornato ai livelli del secolo scorso, dettaglia
ancora il rapporto Svimez. In particolare, in termini di Pil pro capite, il
Mezzogiorno nel 2014 è sceso al 63,9% del valore nazionale, un risultato mai
registrato dal 2000 in poi. Altro allarme importante sul fronte del lavoro:
"Il numero degli occupati nel Mezzogiorno, ulteriormente in calo nel 2014,
è arrivato a 5,8 milioni, il livello più basso a partire dal 1977. Al Sud, pensate,
lavora solo una donna su cinque! Il così detto “Rischio povertà”, negli ultimi
tre anni, dal 2011 al 2014, è ancora aumentato: le famiglie assolutamente
povere sono cresciute a livello nazionale di 390 mila nuclei, con un incremento
del 37,8% al Sud e del 34,4% al Centro-Nord.
La situazione negativa delle
imprese manifatturiere è a livello di “Desertificazione industriale”: nel 2014
a livello nazionale il valore aggiunto del manifatturiero è diminuito dello
0,4% rispetto al 2013, un valore ben diverso dalla media della ‘Ue a 28’, che
segna un +1,6%. Terrificanti dati riferiti al solo Sud: dal 2008 al 2014 il
settore manifatturiero ha perso il 34,8% del proprio Prodotto, ed ha anche più
che dimezzato gli investimenti: un -9,3%.
Un’analisi spietata,
senza attenuanti, un quadro che non possiamo che definire “desolante”! E non è
tutto: oltre al tessuto economico, preoccupa la situazione demografica: non si
fanno più figli. "Nel 2014 al Sud si sono registrate solo 174 mila
nascite, livello al minimo storico registrato oltre 150 anni fa, durante
l'Unità d'Italia! Il Sud, evidenzia il rapporto, sarà interessato nei prossimi
anni da uno stravolgimento demografico: uno tsunami dalle conseguenze
imprevedibili”, afferma il rapporto.
Per finire un dato
capace di toglierci ulteriormente il sonno: in Italia, nonostante le speranze, l’occupazione
non decolla. L’Istat ha recentemente sentenziato che la disoccupazione è cresciuta
ancora: siamo al 12,7%! Quella giovanile, poi, ha raggiunto il record del 44,2%,
toccando a Giugno il livello più alto dall'inizio delle serie storiche mensile
e trimestrali, iniziate nel primo trimestre 1977. Negli ultimi dodici mesi il
numero di disoccupati è aumentato del 2,7%.
Credo
che i dati parlino da soli: che commenti potremmo fare?
A voi, cari amici, l’ardua
risposta.
A domani.
Mario
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