Oristano
15 Agosto 2015
Cari amici,
oggi è Ferragosto. Nel
rinnovare gli auguri a tutti Voi, voglio proporvi uno dei miei ricordi degli
anni giovanili: una giornata speciale, un Ferragosto ad Orgosolo nel 1980 per
la festa dell’Assunta, con il Professor Remo Branca. In quel periodo dirigevo
lo sportello bancario del Banco di Sardegna a Fonni. Questo racconto-ricordo è
estratto dal mio libro “Tracce, orme
fragili nel cammino della vita”, la mia ultima fatica letteraria. Eccolo.
Buona lettura.
FERRAGOSTO
AD ORGOSOLO
“…durante il mio soggiorno in Barbagia
conobbi, tra gli altri, il professor Remo Branca. Personaggio illustre,
pittore, scultore e xilografo di fama internazionale. Con Lui, in tempi
brevissimi, maturò una bella amicizia che mi consentì da subito, cosa non
concessa a molti, di accompagnarlo nei luoghi più suggestivi del territorio
barbaricino, da fedele amico. Gradiva la mia compagnia non solo per scoprire
gli angoli più pittoreschi della campagna, dove trovava l’estro per realizzare
i suoi dipinti, ma anche per andare a far visita agli amici, alcuni di lunga
data, che contava in Barbagia. Io lo accompagnavo volentieri sia in campagna
che in città: dai Mauri a Nuoro, dai Corraine a Orgosolo, o in altre località
del circondario dove erano sparsi i molti amici. Erano tutte persone che “il
professore”, come ormai tutti lo chiamavano in Barbagia, conosceva dai tempi
della gioventù, quando faceva il praticante legale al foro di Nuoro. I Mauri,
ricca famiglia nuorese, erano dei mecenati con Lui: gli finanziavano i lavori
tipografici, e la realizzazione delle cartelle delle sue opere (ne conservo
ancora alcune, donatemi in quegli anni, a me dedicate e con la sua firma); i
Mauri erano anche fra i maggiori
acquirenti dei suoi quadri. Un bellissimo quadro in costume, con il ritratto
della signora Mauri, abbelliva il grande salone della loro casa. Durante
l’estate accompagnavo spesso da Loro, il professore, e l’invito a cena era sempre
scontato.
L’estate del 1980 fu un’estate
particolarmente calda. Una sera mentre cenavo in albergo, seduto al tavolo con
il professore e ziu Battista,
proprietario dell’Hotel, la ragazza della reception si avvicinò al
professore e gli comunicò che una persona voleva parlare con Lui al telefono.
Al ritorno al tavolo ci comunicò che i sui amici Corraine lo avevano invitato
ad Orgosolo per il Ferragosto, ormai vicino. Durante la successiva
conversazione ci disse che gli sarebbe stato difficile rifiutare, considerata
la lunga amicizia vantata. Quando più tardi, dopo aver chiacchierato a lungo al
fresco, ci alzammo per andare a dormire, prima di salutarmi mi disse: “Sai
Mario mi piacerebbe accettare l’invito che mi è stato fatto: ti chiedo, però,
se ti è possibile, di accompagnarmi”.
Rifiutare una richiesta al professore
sarebbe stato non solo scortese ma anche antipatico: l’amicizia ormai salda con
Lui non lo avrebbe consentito. Inoltre, io non ero mai stato ad Orgosolo ed ero
anche curioso di prendere parte, almeno una volta, alla famosa festa
dell’Assunta, particolarmente festeggiata in quel centro, con la partecipazione
di una grande folla, con sfilata di cavalli e costumi da tutta l’isola.
Ovviamente saremo stati ospiti, a pranzo e per l’intera giornata, della
famiglia invitante, quella dei Corraine.
Nei giorni precedenti il ferragosto
nelle lunghe chiacchierate al fresco, Remo mi spiegò come era entrato in
contatto, molti anni prima, con questa famiglia, coinvolta con un’altra sempre
di Orgosolo, nelle spire di una spietata faida: una “disamistade”, che tanto
sangue aveva fatto versare in passato. Mi disse anche di aver raccontato quei fatti in
un suo libro (“Medioevo a Orgosolo”, editrice Fossataro – CA – 1966), che
riuscì anche a reperire in una libreria a Nuoro e che mi regalò con la sua dedica, libro
che conservo gelosamente. Tutto questo, come ben potete immaginare,
aumentava notevolmente il mio interesse ad accompagnarlo ad Orgosolo. La mia
curiosità, come molti di Voi sanno, è stata sempre molto alta.
Il giorno di Ferragosto partimmo presto
da Fonni, non solo perché la giornata si mostrava particolarmente calda, ma
anche per evitare il traffico che certamente si sarebbe riversato sulle strette
strade verso Orgosolo. Era anche
necessario arrivare presto per avere il tempo di salutare gli amici, prima di
partecipare alle funzioni religiose ed alla processione. La famiglia Corraine
abitava nel centro storico, proprio nel corso principale. Parcheggiata l’auto
nelle vicinanze suonammo il campanello e, in brevissimo tempo (eravamo attesi),
vennero ad aprire. La casa, di antica costruzione, aveva un bel cortile interno pieno di fiori e,
tutt’intorno, una serie di servizi che consentivano di espletare in casa la
gran parte delle lavorazioni casalinghe: forno per il pane, locale per la
lavorazione delle carni, cantina per l’olio e il vino. La casa aveva mantenuto
intatte le caratteristiche della “antica casa-fattoria dei nostri nonni”,
ancora perfettamente funzionante! Nella casa vivevano, tutti insieme, come nel
passato, i componenti dell’intero nucleo familiare-patriarcale: genitori,
figli, figlie, nonni, nonne e nipotini. Mentre si procedeva ai saluti ed alle
presentazioni, un piacevole vocio di bambini che si rincorrevano in cortile
dava alla giornata di festa una gioia ancora più grande.
Il grande impegno profuso nella
preparazione del sontuoso pranzo non consentì alle donne della famiglia di
partecipare alla processione; noi invece, accompagnati da uno dei
giovani della famiglia, partecipammo al rito religioso ed alla processione, prima di tornare a casa per metterci a tavola.
La processione fu uno spettacolo senza eguali: una folla immensa,
venuta da molte parti dell’Isola, si snodava in un'incredibile lungo serpente umano, immersa in un tripudio di
colori meravigliosi; tanti i costumi, i cavalli, la passione con cui gente seguiva
lentamente e con devozione il simulacro della Madonna. Ricordo con vera
ammirazione le numerose ragazze in costume, alcune giovanissime, che sfilavano
impavide sotto il sole cocente, coperte dai pesanti panni del costume di
Orgosolo; la loro fiera bellezza, paludata dai ricchi e variopinti costumi, ci
ammaliava tutti, in particolare il professor Branca, che non smetteva un attimo
di fotografare e commentare! Lui, attento osservatore, parlava di visi stupendi, dolci e
fieri allo stesso tempo, di mani straordinariamente belle, proporzionate, di
gioielli di grande finezza, indossati con quel particolare portamento orgoglioso,
tipico delle donne sarde; il Professore cercava di catturare questi
straordinari scenari con la sua antica Reflex, con la quale “scattava” immagini
a ripetizione. Materiale che avrebbe certamente utilizzato poi, a Roma, come base
per dipingere altri personaggi in costume sardo.
Avevo sempre saputo che l’ospitalità in
Barbagia era qualcosa di eccezionale, ma in questa occasione mi accorsi che
c’era molto di più: Remo Branca era per questa famiglia un ospite “particolare”, di
riguardo assoluto, da accogliere con tutti gli onori. Il pranzo fu qualcosa di
luculliano: antipasti di tutte le qualità, cibi di ogni tipo in abbondanza,
pane speciale di 4 tipi, forse di più, senza contare tutto il resto, a partire
dai vini migliori, gelosamente custoditi per l’occasione. A tavola, come api
operose, erano impegnate a servire gli invitati le ragazze, figlie del padrone
di casa, due splendide giovani intorno ai 20, 25 anni, che con grande
disponibilità e grazia si alternavano a servire i vari commensali, sempre con un
dolce sorriso sulle labbra. Il pranzo durò a lungo, praticamente fino al
pomeriggio inoltrato. Dopo il pranzo, dolci, caffè e acquavite, della migliore.
A fine pasto le ragazze si portarono sul divano a chiacchierare con il
professore: Gli chiesero del Suo lavoro a Roma, della città che non avevano
mai visto, con grande curiosità e voglia di scoprire; gli raccontarono anche i loro "sogni…nel cassetto" che, forse, mai si
sarebbero realizzati. Lui era felicissimo di stare con Loro: le ammirava le
osservava (non credo dal solo punto di vista pittorico), dichiarandosi
disponibile a fare loro il ritratto in costume. Al calar della sera ci alzammo
per ringraziare e salutare: era tempo di rientrare. Ci dissero di essere stati
felici della nostra presenza, onorati di avere accettato il loro invito, e
pregarono il Professore di tornare ancora a trovarli, prima del rientro a Roma.
Al momento degli ultimi saluti, ormai
sulla porta di casa, il professore disse: “grazie ancora della Vostra grande
ospitalità; ora, come sapete, devo dare un veloce saluto ad un’altra famiglia,
poi rientriamo a Fonni”. Il vecchio padrone di casa annuì senza commentare e
noi uscimmo. Pochi istanti dopo, quando io ed il professore stavamo ancora
attraversando la strada, non ancora giunti dall’altra parte, la porta si
richiuse. Il professore (io in quel momento non lo sapevo) voleva dare un
rapido saluto ad un’altra famiglia orgolese a Lui ben nota: quella dei loro
avversari nella lunga e sanguinosa faida. I Corraine erano da molti anni al
corrente di questa lontana amicizia del Professore (anche se la ritenevano
inferiore a quella a loro riservata), e, anche se malvolentieri, la accettavano.
Quello che non avrebbero mai sopportato, però, era assistere, anche per un solo
istante, al saluto del Professor Branca ai loro “nemici di sempre”. Ecco il
motivo per cui la porta si richiuse subito: prima che i loro occhi potessero
vedere l’incontro affettuoso del professore con i loro nemici!
In Sardegna, cari amici, l’amore e
l’odio hanno un’intensità difficile da misurare”!
Cari amici, grazie
della Vostra sempre gradita attenzione e…ancora una volta:
BUON
FERRAGOSTO A TUTTI VOI!
A domani.
Mario
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