Oristano
10 Agosto 2015
Cari amici,
il “Carasau” è
certamente uno dei pani più antichi al mondo. Sicuramente risalente in Sardegna
al periodo nuragico, è ancora oggi il prodotto che rappresenta non solo la prima fonte alimentare, ma anche la componente principe di diverse ricette della tradizione come il pane frattau e il pane guttiau; è inoltre il prodotto
base per realizzare dei primi piatti ricchi e saporiti, come le lasagne al
pecorino, i pasticci a base di verdure e ortaggi, con l’utilizzo magari del
brodo di pecora. Anche i piatti della ‘modernità’ se ne avvantaggiano: rivalutato
e utilizzato con gli aperitivi, è
servito e consumato come snack da grandi e bambini, oppure, in modo più completo,
per accompagnare salumi e formaggi.
Questo pane croccante e
resistente, capace di durare molto a lungo per la modica quantità di acqua presente, è certamente originario del mondo
agro-pastorale delle zone interne dell’Isola: Barbagia, Baronia e Ogliastra, senza
escluderne altre. La sua forma caratteristica è rotonda, lavorata a mano col
cannello di legno; una sfoglia derivante da una pallina di impasto di farina di grano duro non lievitata, che
diventa sottilissima e che il fuoco del forno a legna rende croccante e quasi trasparente.
Lavorazione tradizionale antichissima, che si rifà alle prime tipologie di pane in uso nei
territori della Mesopotamia e del Medio Oriente, fino alla Palestina di Gesù.
Il pane Carasau, ieri
più di oggi, era il pane dei pastori perché in grado di conservarsi per molto
tempo. La pastorizia, infatti, in passato obbligava gli uomini a trascorrere
lunghi periodi lontano da casa per pascolare le greggi; nei mesi passati tra i
pascoli i mariti-pastori lo consumavano con la ricotta, con il formaggio di
capra o di pecora, servendosi della sfoglia come piatto e mangiandola alla
fine, quando il companatico era ormai terminato. Alcuni ritrovamenti
archeologici fanno ritenere con molta probabilità che si producesse già
nell’età del bronzo, agli albori della civiltà nuragica.
Questo pane, cari
amici, ha alle spalle una lunga storia, fatta di sacrifici e di duro lavoro,
non solo dei pastori ma anche delle donne, che per prepararlo seguivano un
faticoso procedimento. Il processo di lavorazione è il vero elemento distintivo
del Carasau. La sua preparazione, è un vero e proprio ‘rito’, chiamato in sardo
“sa cotta”. Data la faticosa
lavorazione, le mogli dei pastori si riunivano per panificare: due, tre donne
alle prime luci dell’alba cominciavano a impastare energicamente e a lungo la
farina di grano duro con l’acqua, all’interno delle madie (contenitori di
legno), fino a ottenere un composto liscio e solido. L’impasto veniva poi fatto
riposare per alcune ore dentro recipienti di terracotta e successivamente
suddiviso in pezzi regolari e tondi che venivano schiacciati con l’aiuto di un
piccolo matterello di legno, fino a raggiungere un diametro mediamente di circa
40 centimetri e uno spessore sottilissimo: appena 2 o 3 millimetri.
I dischi di pasta
venivano poi cotti nel forno a legna ad una temperatura altissima (tra i 450 e
i 500 gradi), che provocava l’immediato rigonfiamento della sfoglia, facendola
diventare simile a un pallone. A questo punto le donne toglievano il pane dal
forno e, con un coltellino affilato, dividevano la sfoglia superiore da quella
inferiore, ricavando due dischi uguali. I fogli venivano poi impilati, divisi
l’uno dall’altro da teli di lino che evitavano di farli attaccare tra loro, e
lasciati raffreddare. Trascorso il tempo necessario, iniziava l’ultima fase del
procedimento, la “carasatura” (quella
che dà il nome al pane), ovvero la seconda cottura dei fogli di pane in forno,
durante la quale questi assumevano il colore dorato ma soprattutto la
consistenza leggerissima, i puntini bruni in superficie e la caratteristica di
“scricchiolare” al palato – particolari grazie ai quali è diventato celebre
anche con il nome di “carta da musica”.
Negli anni alla ricetta
originale sono stati aggiunti il sale e il lievito, cosa che comportava naturalmente
una lunga lievitazione – di almeno sei ore. Tuttavia anche oggi, in alcune
famiglie sarde, che hanno ancora il forno a legna nelle proprie abitazioni, il
pane carasau viene fatto in casa seguendo questo antichissimo procedimento,
tramandato di madre in figlia.
Dopo questa sommaria
ricostruzione della fabbricazione di un grande prodotto della nostra terra,
ecco ora una bella ricetta che consente di gustarlo non solo come pane ma anche
come ottimo primo piatto: “Su Pane Frattau”. La ricetta è così semplice che non
ci sarebbe bisogno neanche di scriverla, tanto la si può memorizzare in
fretta. Se hai del pane carasau in casa,
delle uova in frigorifero, un po’ di sugo e del formaggio pecorino fresco, puoi
risolvere un pranzo o una cena anche all’ultimo minuto, come quando ti arrivano
degli amici ai quali non puoi dire di no! Ecco cosa puoi fare nell’arco di una
ventina di minuti.
Metti dell’acqua a
bollire come se dovessi preparare la pasta; nel frattempo apparecchia
velocemente la tavola. Appena inizia il bollore prendi dei pezzi di pane
carasau e li tuffi nell’acqua calda senza farli ammorbidire troppo,
depositandone alcuni pezzi in ogni piatto. Ora prendi le uova le rompi sul bordo
di un piatto e le tuffi, intere, nell’acqua bollente. Non appena vedi il bianco
che si rapprende con una schiumarola le togli e, dopo averle scolate, le
depositi nei piatti (normalmente un uovo per piatto, possibilmente al centro), sopra il
pane carasau. Nel frattempo hai anche riscaldato il sugo e, con un cucchiaio lo
metti, anche abbondante, a contorno dell’uovo. A questo punto il piatto è praticamente pronto:
basta un pizzico di sale sopra l’uovo e una bella spolverata di pecorino fresco
a coprire il tutto! Un suggerimento per chi non lo ha mai mangiato: dopo aver
arrotolato il carasau, ormai morbido, intorno all’uovo si fa una specie di “involtino”,
che potrà essere gustato in tutta la sua fragranza tagliandolo a fettine. Il
sapore sarà gradevolissimo e piacerà a tutti!
Cari amici, questa è la
ricetta più semplice, ma mille altre ne possiamo preparare con il carasau. In
una delle prossime chiacchierate Vi parlerò delle “Lasagnette di carasau e pecorino”, a cui si possono aggiungere
melanzane, zucchine, pesce e carne, a seconda dei gusti.
Grazie, amici, alla
prossima.
Mario
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