Oristano
12 Febbraio 2015
Cari amici,
ho di recente fatto una
ironica riflessione: ho paragonato l’attuale Europa, mai diventata Stato
Federale, ai fidanzamenti lunghi oltre misura; quando questi superano una certa
soglia, il previsto matrimonio non si farà mai. In altre riflessioni su questo
blog ho sempre sostenuto che, non essere riusciti a completare in tutti questi
anni il sogno di una vera Europa-Stato, concepita da Robert Schuman (il vero architetto
del progetto di integrazione europea, negli anni 50 del secolo scorso), porterà
gli Stati dell’Unione prima ad un graduale disimpegno e successivamente al
totale disfacimento del progetto iniziale, se non si correrà presto ai ripari. I fatti recenti credo possano
dimostrarlo, fuori da ogni dubbio.
L’aumentato desiderio
di indipendenza, manifestato in Inghilterra con la Scozia, in Spagna con la
Catalogna, e, senza nasconderci dietro un dito, anche in Italia, con la latente richiesta
di indipendenza del Nord Italia, autodefinitosi “Padania”, è uno degli evidenti
segni del malessere che serpeggia negli Stati dell’UE. Altro segno
inequivocabile di malessere è la “cura da cavallo” che la così detta Troika (Commissione europea, Banca
centrale e Fondo monetario), ha imposto con grande severità agli Stati con un
debito pubblico fuori norma, e che, come conseguenza, altro non ha fatto che
affamare la popolazione e far cadere in deflazione prima gli Stati e gradualmente
l’intera compagine UE.
Situazioni di questo
tipo sono difficilmente controllabili e scatenano “l’effetto domino”: basta che solo una “tessera”, precariamente in
equilibrio cada, che in tempi rapidissimi cada tutto il castello delle tessere
vicine, anche le più forti. In assenza di un vero Stato-Europa, in presenza di
una moneta unica governata da un’Autorità Monetaria che non ha certo i poteri
di uno Stato-Nazione, questa struttura, ora governata dal nostro Mario Draghi, poco
può fare per controllare gli equilibri di una moneta ibrida, che non ha la
copertura di uno Stato-Padre (essendo figlia illegittima di un Consorzio di
Stati che Nazione non è). Anche il “Quantitative
Easing”, recentemente messo in piedi dal Governatore Draghi (con grande
contrasto tedesco), cioè l’immissione in circolazione di oltre 1.000 miliardi di nuova
moneta (60 miliardi di euro al mese, per l’acquisto di titoli anche di Stato), da
assegnare alle banche centrali dei vari Paesi per risvegliare la stagnazione e
agevolare la ripresa, potrebbe risultare insufficiente a risolvere i gravi
problemi sul tappeto.
Il recente “cambio di
colore politico” nel Parlamento greco, con una nuova maggioranza che chiede con
forza all’Europa concessioni eque, dopo la forzata “cura dimagrante” che ha
portato il popolo alla fame, è il sintomo più evidente di un malessere che non
sarà facile far rientrare. Il neo primo ministro Alexis
Tsipras, nel suo primo giro di consultazioni nelle capitali europee, sperando
di trovare sostegno alla rinegoziazione del debito di Atene prima di recarsi
dai responsabili dell’UE, si è trovato di fronte, a parte i sorrisi e le
strette di mano, un muro forte e invalicabile, fatto di tanti no, dinieghi che avrebbero
impedito non solo la cancellazione totale del debito della sua Nazione, ma
anche soltanto di una parte.
Il debito pubblico
greco ammonta a 322 miliardi di euro, pari al 177% del PIL della nazione. Di
questi, il 15% è detenuto dal settore privato, il 10% dal Fondo Monetario Internazionale
e il 6% dalla BCE. Il grosso del debito – il
60% del totale, pari a 195 miliardi di euro – è in mano agli altri governi
dell’eurozona. Di questi 195 miliardi, 142 miliardi sono arrivati alla Grecia
attraverso l’EFSF, il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (più comunemente
noto come “Fondo salva-stati”); 53 miliardi sono invece il frutto di prestiti
bilaterali ricevuti dagli altri Stati membri. I Paesi più esposti al debito
greco sono la Germania (56 miliardi), la Francia (42 miliardi), l’Italia (37 miliardi), la Spagna (24
miliardi) e l’Olanda (11 miliardi).
Considerato che anche noi
abbiamo prestato alla Grecia quasi 40 miliardi di euro, la prospettiva di
cancellarne anche soltanto una parte, ha fatto si che anche l’Italia avallasse
la forte richiesta tedesca di non cancellare il debito, neanche in parte.
Questo nostro atteggiamento ha indisposto non poco il ministro delle finanze
greco, Varoufakis, che, usando l'arma della dialettica, ha così affermato: «L'intera
Europa è coperta da una nube di paura. Stiamo correndo il rischio di diventare
peggio dell'Unione sovietica. Noi greci non abbiamo il monopolio della verità,
ma quello che possiamo fare, per l'Europa e per l'Italia in particolare, è
aprire un piccolo varco verso la verità».
Parole sibilline nei nostri confronti, pesanti, quelle
di Yanis Varoufakis, ammiccanti nei confronti dell'Italia, alle quali ha risposto, in modo piccato, il nostro ministro Padoan,
che ha preso le distanze da Atene, rimarcando che «servono soluzioni a livello europeo che
richiedono fiducia condivisa e il governo italiano sta lavorando a questo».
Se “Atene piange, Sparta non ride” (ho
già usato questa metafora in altra riflessione di questo blog), in quanto la
possibile (o probabile) caduta di Atene non sarà indolore neanche per l'Europa. L’'ex
presidente della Fed, Alan Greenspan, recentemente si è detto convinto che la
Grecia «lascerà» la moneta unica.
Cari amici, il compito
di Tsipras non è certo dei più facili, ma anche l’irrigidirsi dell’UE in
maniera esagerata potrà portare conseguenze globali di non poco conto. Senza
una rapida soluzione, condivisa da tutti gli Stati europei, un default della
Grecia appare molto probabile e vicino alla realtà. Questo, come ho detto all’inizio
di questa riflessione avrebbe un terribile “effetto domino”, capace di
distruggere la stessa Europa. In questo caso una delle altre tessere in bilico,
dopo quella della Grecia, potrebbe essere proprio quella dell’Italia, e a cascata molte altre.
Io sono sempre stato
fiducioso: ho sempre visto il bicchiere colmo a metà, più mezzo pieno che mezzo
vuoto. Tuttavia sono convinto che l’arroganza di alcuni Stati europei devi
sparire, in primis quella della Germania, che, se oggi si trova in una situazione
privilegiata, lo deve allo sforzo che l’intera Europa fece quando fu fatta la
riunificazione. Farebbe bene Angela Merkel a non dimenticarlo! E’ tempo di decisioni
importanti: o l’Europa si fa sul serio, diventando uno Stato Federale, oppure verrà
spazzata via, buttando a mare gli sforzi fatti, in oltre sessant’anni, da uomini che in un'Europa-Stato ci hanno creduto davvero!
L’ho detto all’inizio
di questa riflessione: un’incompiuta…se dura troppo a lungo è meglio eliminarla.
Ciao, a domani.
Mario
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