Oristano
25 Febbraio 2015
Cari amici,
dovevamo proprio arrivare
in Cassazione per stabilire le regole della buona educazione per i proprietari
dei cani, sempre più numerosi ma anche sempre più menefreghisti! Non si può essere
egoisti e presumere che i propri diritti abbiano la prevalenza su quelli degli
altri: rispetto chiama rispetto, ma così spesso non è. Una recente sentenza
della Corte di Cassazione, nel prendere atto che certi atti compiuti da questi
animali possono danneggiare i beni altrui, ha emesso una innovativa sentenza.
Vediamo di ripercorrere insieme l’iter della vicenda che ha portato la
Cassazione a pronunciarsi.
Un uomo proprietario di
un cane viene citato in giudizio dal proprietario di un edificio, dichiarato di
notevole interesse storico architettonico, ubicato nel centro di Firenze, per
aver imbrattato la facciata dell'immobile permettendo al suo cane di orinarvi
sopra. Il giudice di pace presso il quale era stato citato l’uomo, accolse le
ragioni del proprietario del palazzo, mentre nel giudizio successivo il
Tribunale di Firenze diede ragione, in appello, al padrone del cane.
Il giudice del
Tribunale fiorentino, nel dare ragione al proprietario del cane, gli
riconosceva la buona fede, ovvero il mancato intento di imbrattare il muro, in
quanto non avrebbe di certo potuto “orientare il bisogno fisiologico del cane”.
Inoltre, a maggior discolpa, era munito di una bottiglietta d'acqua, che ha
utilizzato per ripulire l'urina del cane, come la stessa persona offesa aveva
riconosciuto. Inoltre non poteva essere provato che il muro, già piuttosto
malandato, fosse stato effettivamente rovinato dall'urina del cane. Per tutte
queste ragioni il ricorrente si vide respingere la richiesta in
quanto ritenuta infondata.
Nel successivo ricorso in Cassazione i
giudici della Suprema Corte, emettendo la sentenza n. 7082/2015 hanno cercato
di mettere un punto fermo sul comportamento che i proprietari di cani devono
tenere quando portano a spasso i propri animali. Prima di tutto, essi devono
fare in modo che i cani non sporchino i beni altrui, come i muri degli stabili che si affacciano
sulla pubblica via o i veicoli che vi sostano. Pur condividendo le argomentazioni del Tribunale, che non aveva riconosciuto nel proprietario del cane né un delitto di dolo (art. 638 comma
2 Codice penale), ossia di volontà di imbrattare, né tantomeno quello di colpa
cosciente, cioè di astensione dall'agire doveroso di rimediare a un danno
provocato anche involontariamente, la Corte ha voluto esprimersi per indicare le giuste regole che i padroni degli animali debbono rispettare.
Affrontando
la questione, la Corte, esulando dal caso specifico, ha precisato che il problema "coinvolge interessi diffusi nella vita
quotidiana nella quale si contrappongono i diritti e gli interessi di milioni
di persone divisi tra la legittima tutela dei beni di proprietà e la posizione
di chi accompagna animali da compagnia sulla pubblica via. Si tratta di
rapporti, interessi ed esigenze talvolta contrapposti che si inseriscono in un
più ampio quadro di convivenza, di rispetto civile, di tolleranza ma anche di
malcostume di fronte ad un fenomeno che non può essere sottaciuto in quanto
parte della realtà quotidiana soprattutto nei grandi agglomerati urbani".
Stante l’ampiezza del
problema la Cassazione nella sentenza ha ritenuto di stilare un breve “Vademecum”
per chi conduce il proprio animale domestico sulla pubblica via, "non
essendo ipotizzabile che l'animale sia costretto a espletare i propri bisogni
fisiologici all'interno di luoghi di privata dimora". Ecco le
regole, indicate in sentenza, che il proprietario deve cercare di rispettare
per non incorrere in spiacevoli conseguenze:
a.
vigilare attentamente i comportamenti del cane;
b.
limitare anche la libertà di movimento dell’animale con l'aiuto di un
guinzaglio;
c.
tentare di farlo desistere, quantomeno nell'immediato, dall'azione di espletare
i propri bisogni, se quest'atto comporta l'imbrattamento di beni altrui;
d.
intervenire coscienziosamente per rimediare all'imbrattamento, rimuovendo le
feci del proprio cane o ripulendone l'urina con dell'acqua.
In caso contrario, hanno sentenziati i Giudici, il
proprietario poco vigile e coscienzioso si dovrà far carico delle conseguenze.
Al proprietario, infatti, che non si attenga a una condotta corretta può essere imputata
un'attività di "malgoverno del rischio stesso dipendente da disattenzione,
sciatteria o imperizia nella conduzione del cane, situazioni comunque riconducibili
alla sfera della colpa ma non certo del dolo (neppure nella forma del dolo
eventuale)".
L’innovativa sentenza
non fa che ribadire in modo fermo quanto già disposto con precedente ordinanza dal
Ministero della salute. Ordinanza con la quale si poneva divieto all’uso del guinzaglio
in estensione (il limite massimo scende a 1,5 metri di lunghezza) ed rendeva
obbligatoria, in ogni caso, la raccolta delle feci dell'animale. L'Ordinanza è
stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.209 del 6 Settembre del 2013, e
successivamente molti Comuni hanno ritenuto necessario regolamentare dettagliatamente questo
fenomeno con precise ordinanze comunali. Le multe attualmente in vigore vanno dai 25 a 150 euro.
Cari amici, prima di
chiudere Vi riporto una notizia curiosa, in quanto questi problemi esistono in
tutte le parti del mondo! Nel Massachusetts, un gruppo di amministratori di un
condominio, stanchi di trovare deiezioni canine non raccolte negli spazi
comuni, hanno deciso di utilizzare il test del DNA delle feci dei cani
residenti negli edifici condominiali. Il motivo che ha indotto gli
amministratori a ricorrere a questo metodo è stato perché ogni volta che il
padrone veniva colto in flagrante la risposta era "provi che sia stato il
mio cane". Proprio per tali ragioni si è deciso di avviare il procedimento
di campionatura del DNA di tutti i cani dell'edificio.
Tale procedimento negli
USA può essere effettuato anche senza l'approvazione del proprietario perché,
stando alle normative statunitensi, l'amministratore può imporre agli inquilini
di sottoporre tutti i cani al prelievo del DNA, tanto che l'obbligo può essere
inserito anche nel regolamento condominiale. Costruito il database, si
raccolgono gli escrementi rilevati nel condominio e si inviano al laboratorio
che ne estrae il DNA e lo confronta con il materiale genetico in archivio.
Identificato il proprietario, viene comminata una multa di 100 dollari, a cui
si aggiungono altri 50 dollari per i costi del test. Come vedete, cari amici, il caso in America è stato risolto rapidamente!
Quasi da esclamare: Elementare Watson!
Che ne dite, non sarebbe
interessante applicare la normativa anche in Italia?
Ciao, a domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento