Oristano
9 Febbraio 2015
Cari amici,
la storia è costellata
di colonialismi! Ci basti ricordare la colonizzazione dell’America da parte
dell’europeo Cristoforo Colombo, la grande colonizzazione mondiale portata
avanti dagli inglesi, in particolare ad Oriente con la Compagnia delle Indie,
senza dimenticare l’Africa, rapinata non solo delle sue terre ma anche di
milioni di suoi uomini attraverso la deportazione e la schiavitù. Erano, quelli
medioevali, e successivamente ottocenteschi, tempi certamente diversi da quelli
di oggi, anche se, a ben guardare, pur
sotto altra forma, certe rapine continuino a perpetrarsi, facendo in modo che
nulla sia cambiato.
Una di queste rapine
moderne è chiamata “LAND GRABBING”, locuzione
inglese che letteralmente significa «accaparramento della terra», e che
riguarda gli effetti delle pratiche di acquisizione su larga scala di terreni
agricoli in Paesi in via di sviluppo. Sono le grandi Compagnie transnazionali a
mettere in atto simili acquisti, ed il fenomeno si è largamente diffuso a partire dagli anni
2007-2008, quando alcuni Paesi, per rimediare alle conseguenze della crisi dei
prezzi agricoli di quegli anni, hanno cercato di assicurarsi le proprie riserve
in campo alimentare, al fine di tutelare la propria economia.
Il fenomeno del Land Grabbing,
se da un lato può sembrare portatore di benessere nei confronti dei Paesi che
cedono i propri territori, dall’altro comporta non pochi rischi. Le
acquisizioni possono apparentemente garantire un'iniezione di preziose risorse
per investimenti, in realtà economiche in cui queste ultime sono scarse e
necessarie, mentre in sostanza le popolazioni locali perdano ogni potere sui
suoli “passati di mano”, impoverendosi ancor più di quanto non lo fossero già. Land
Grabbing, quindi, più che un’opportunità per le popolazioni che cedono la
terra, una vera e propria “rapina dei territori” camuffata da opportunità,
messa in atto non per risolvere le crisi alimentari dei Paesi in via di
sviluppo, ma quelle dei Paesi colonizzatori: non molto differente, quindi dalle
“colonizzazioni” del passato.
Non è difficile, per i
grandi esperti delle multinazionali, l’acquisizione di terre fertili su vasta
scala a prezzi bassi, nelle zone più disagiate del mondo, soprattutto in Africa
e Asia, da destinare ad uso prevalentemente agricolo per monocolture, assolutamente
non coincidenti con i bisogni delle popolazioni che su quelle terre vivono. I Governi
e le Aziende transnazionali dei Paesi cosiddetti ricchi e tecnologicamente
avanzati, in apparenza promettono buoni investimenti, capaci di portare beneficio all’economia locale, migliorare le strutture esistenti e creare posti di
lavoro, mentre in realtà l’acquisizione di queste immense distese agrarie risulta una
vera e propria forma di sciacallaggio, una nuova tipologia di colonialismo, più
subdolo di quello dei secoli scorsi.
Nella sostanza il danno è
ancora più consistente. Lungi dall’essere una buona soluzione al problema
dell’approvvigionamento agroalimentare e energetico mondiale, il Land Grabbing
rappresenta un grave rischio anche per l’ambiente e il clima. Alla base, ancora
una volta, la mancanza di attenzione dei nuovi colonizzatori verso “l’interesse generale”, focalizzata esclusivamente
sull'interesse personale; insomma una sorta di becero concetto di capitalismo, basato unicamente sul
profitto, privo di scrupoli etico-ambientali e in grado di favorire solo i Paesi più
ricchi e sviluppati. In sintesi un continuare a praticare la tecnica dello sfruttamento dei soggetti deboli come in
passato, ripristinando forme di sfruttamento che possiamo definire un vero e proprio “nuovo
colonialismo”.
Le monocolture messe in
atto nei territori acquisiti, gestite dalle Multinazionali che controllano le
sementi nel mondo, mal si conciliano con le esigenze alimentari delle
popolazioni locali; inoltre le tecniche di semina adottate prevedono anche
vasti disboscamenti. La perdita della biodiversità che ne consegue, aggravata dalle
pericolose deforestazioni messe in atto, hanno come effetto quello di influire
inevitabilmente anche sui cambiamenti climatici. E’ una realtà sempre più
evidente che questa “rapina” di medioevale memoria, messa in atto dalle Multinazionali
agricole, ha provocato e continua a provocare miseria e devastazione nei territori occupati,
sottraendo brutalmente il cibo anziché fornirlo.
La realtà cari amici è
sempre quella della prevaricazione, dove vince sempre il più forte. Nella
maggior parte dei casi gli investitori esteri prendono possesso di terre dove
in precedenza vivevano migliaia di persone e lavoravano molti piccoli
agricoltori, bloccando le loro attività. “Il Land Grabbing anzichè aumentarla riduce invece l’occupazione
locale e le persone che vengono assunte dalle multinazionali agricole vengono a
trovarsi in condizioni lavorative ancora più misere.
Il prof Henk Hobbelink, fondatore di Grain,
l’associazione internazionale che da anni si occupa di questo fenomeno
diffondendo ricerche e pubblicazioni, e supportando le attività dei piccoli
coltivatori, ha affermato in una recente intervista rilasciata al settimanale
Long Term Economy, che: “Quando vengono impiegati elementi della
popolazione locale, generalmente vengono compensati con stipendi molto bassi.
Abbiamo osservato durante i nostri studi che per esempio in Etiopia e Sudan, le
persone ricevono meno di un dollaro al giorno, che è la soglia stabilita dalla
Banca Mondiale per definire la linea di povertà come parametro”. Hobbelink ha
infine affermato che questo non è sviluppo ma “antisviluppo”!
Cari amici, l’uomo non
si smentisce mai! Chi è forte vorrebbe diventare sempre più forte, anche a
scapito di passare sul cadavere del proprio vicino. Il futuro, nonostante
tutto, nonostante le nuove tecnologie che potrebbero consentire a tutti i 7
miliardi di individui che abitano la terra di vivere con maggiore dignità, non
appare roseo.
Ha proprio ragione il nostro Papa Francesco, che nel video
messaggio andato in onda in occasione di una delle recenti Convention sul lancio di Expo 2015 ha così affermato: “Oggi,
nonostante il moltiplicarsi delle organizzazioni e i differenti interventi
della Comunità internazionale sulla nutrizione, viviamo quello che il Santo
Papa Giovanni Paolo II indicava come ‘paradosso dell’abbondanza’. Infatti, c’è
cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il
consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri
occhi. Questo è il paradosso”. Il Papa, ha individuato nell’iniquità “la
radice di tutti i mali”.
Credo, cari amici, che
ogni ulteriore commento sia solo superfluo.
A domani.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento