Oristano
13 Novembre 2014
Cari amici,
se è pur vero che la
globalizzazione ha portato un vento nuovo, spazzando via equilibri consolidati,
quasi a significare che il “globale” avrebbe cancellato prepotentemente il
“locale”, uniformando tutto e tutti e trasformando il mondo in un unico
villaggio globale, credo che, alla luce dei fatti recenti, certe previsioni apparentemente
ovvie e date per scontate, debbano essere sicuramente riviste.
Che il mondo cambi in
continuazione è cosa data da tutti per scontata. Ma il concetto reale di
Globalizzazione, prima così decantato e capace di dare “molto” a tutti, alla
luce dei fatti, sta dimostrando tutta la sua fragilità, in quanto nessun
popolo, oggi meno di ieri, è certamente disponibile a sacrificare la sua
cultura, il suo passato, il suo sapere, in nome di un’anonima “globalizzazione”
che amalgama tutto, che annacqua, che dissolve tutto nel mare magnum
dell’omologazione, facendo perdere ai popoli, soprattutto, la loro “Identità”.
Nessuno, cari amici, è
pronto, disponibile, a perdere il proprio nome in cambio di un numero.
Sacrificio, questo, una volta applicato dai carnefici nei confronti dei
prigionieri, proprio per cancellarne l’identità. Ecco perché questo apparente
sogno di un unico mercato, un’unica piazza virtuale dove tutti i cittadini del
mondo si incontrano e mangiano e bevono le stesse cose, è destinato a cambiare,
e credo anche rapidamente. Gli esperti lo avevano già intuito: Zygmunt Bauman, uno tra i più importanti
sociologi europei della seconda metà del Novecento, nel suo libro
Globalizzazione e Glocalizzazione chiarisce che il sistema globale non potrà
mai fare a meno del sistema locale, solo “insieme” i due sistemi potranno fare
strada congiuntamente, integrandosi.
Cari amici , ho voluto fare questa
introduzione al post di oggi, parlandovi di globalizzazione e di glocalizzazione,
per poter meglio riflettere, insieme, sui recenti referendum che hanno riempito in lungo e in largo le pagine dei
nostri giornali: quello della Scozia, per il sognato distacco
dall’Inghilterra e in Spagna quello della Catalogna, prima messo sul tappeto e poi
vietato dalla Spagna, tenutosi, comunque, in forma di consultazione. Questi
referendum, ne siamo certi, non resteranno soli, perché aspirazioni similari soffiano forte, un
po’ in tutta Europa e non solo.
Tutto questo fa sorgere
una domanda spontanea: come è possibile che in un momento in cui il mondo cerca
di avviarsi verso una gestione “globale”, non solo economica ma anche
socio-politica, quasi ad ipotizzare un futuro con un unico governo mondiale che
amministri la società umana, sia esplosa questa voglia di “autonomia locale”?
Perché alcuni popoli, oggi, dopo la lunga, forzata convivenza con altri,
cercano di ritrovare le loro radici, la loro autonomia e indipendenza, secoli
fa brutalmente cancellata da un altro popolo conquistatore? La risposta non è
certamente semplice.
Quanto è avvenuto in
Scozia con il referendum, che solo per un soffio ha confermato la permanenza
nella Corona inglese, e quello che è avvenuto in Catalogna con la
massiccia espressione popolare di
separazione (anche se non può considerarsi un referendum), credo che non possa
in alcun modo essere sottovalutato. In Catalogna sono andate a votare, pur con
mille timori e patemi d’animo, circa 2 milioni e 300 mila persone, poco meno
del 40% degli aventi diritto alle elezioni della Generalitat del 2012 (che
erano più di 6 milioni), le uniche sul cui registro elettorale si può fare
affidamento. Questo non faccia illudere, però, che la maggioranza sia a favore
della Spagna. Dei circa 3 milioni di votanti, hanno espresso una chiara
preferenza per l’indipendenza una percentuale vicina all’80!
Personalmente ritengo
che se si fosse svolto un vero referendum ufficiale la maggioranza dei catalani
si sarebbe espressa per l’indipendenza. Di questa forte espressione popolare di
autonomia il Governo spagnolo dovrà necessariamente tener conto! Sarebbe
assolutamente folle e controproducente, se da parte del Primo Ministro Mariano
Rajoy, si continuasse a operare come se nulla fosse successo. Anche il Primo
Ministro inglese David Cameron, per suo conto, ha assicurato che molte cose nei
rapporti con la Scozia dovranno cambiare, nonostante la risicata vittoria
inglese.
Nel passato, cari
amici, lo “stare insieme dei popoli” è sempre avvenuto con la forza: le
unificazioni sono avvenute sempre col rumore delle armi. Credo che la storia
non conservi grandi tracce, sia di “matrimoni” che di “divorzi” avvenuti in regime
di pace. Eppure, come ben sappiamo e soprattutto come dovrebbe sempre essere, le
leggi comunitarie, in primis la Costituzione, si basano sul consenso e su un
contratto sociale condiviso, mai imposto, che tra l’altro non può essere eterno.
Escluso che oggi la rottura di questi ‘vecchi contratti’ possa avvenire in modo
cruento, è altrettanto chiaro che ogni cambiamento o integrazione alle leggi esistenti
deve avvenire con la costruzione di un
nuovo contratto sociale, che dev’essere negoziato e discusso, anche attraverso
il conflitto (di idee), non certo sul campo.
Cari amici, come sta
avvenendo per la Globalizzazione, che troverà sicura correzione e sarà
calmierata dalla Glocalizzazione, anche nella costruzione dei nuovi agglomerati
politici tra nazioni, si dovrà tener conto delle specificità dei vari popoli
che le compongono. Tornando alla nostra Europa, mai nata come Nazione, il
futuro vedrà più un’Europa Federale delle Regioni, che delle Nazioni. Negare, oggi, da
parte delle nazioni dominanti le richieste d’indipendenza, credo che sarebbe un
grave errore, perché alimenterebbe l’inimicizia, nemica della pace e portatrice di ulteriori
conseguenze. Costruire insieme un nuovo contratto sociale, è invece auspicabile
e sicuramente produttivo. In Catalogna
il leader indipendentista Artur Mas sa di essere già arrivato molto oltre, sa
di aver ottenuto ciò che voleva: esibire al mondo la volontà di autonomia del
popolo della Catalogna. Per ora questo basta e avanza.
La palla passa ora a Mariano
Rajoy, che ha in mano una grande possibilità: quella di essere protagonista e
promotore all’interno della politica e della società spagnola di una nuova fase
di convivenza civile con la Catalogna: nel pieno rispetto del suo popolo. E’ la
stessa palla che ha già in mano, ed è pronto a giocarla, David Cameron. La
storia dirà con quanta capacità, entrambi, avranno giocato questa difficile
“palla”.
A domani.
Mario
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