sabato, settembre 20, 2014

LE NOSTRE CITTÀ E LA FOLLA SOLITARIA. ANALISI DI UNA SCONFITTA SOCIALE.



Oristano 20 Settembre 2014
Cari amici,
io lo so per averlo toccato con mano cos'era il “vicinato”, ai tempi della mia fanciullezza. Sarà stata forse la povertà di allora, ma la solidarietà era qualcosa di concreto, di reale, che si poteva toccare ogni giorno con mano. Nel mio libro di memorie “Marieddu” ho affrontato sotto diverse sfaccettature questo “vicinato di solidarietà”, presente all’interno delle famiglie partecipanti come una vera e propria famiglia allargata. Non vi era manifestazione importante, fosse un lutto o una ricorrenza felice, che non fosse “condivisa” tra tutti i membri della Comunità che, nella gioia e nel dolore, partecipavano non solo col sentimento ma anche nella materialità dei beni utili e necessari nella circostanza. Oggi, purtroppo, non è più così.
Sia nelle grandi città che nei piccoli centrici ci si muove come una piccola o grande “folla solitaria”, che si incrocia, si sfiora, si incontra, senza il minimo cenno di interesse, come se fossimo governati da forze aliene. David Riesman, grande studioso di sociologia contemporanea, ha ben evidenziato questa folla solitaria e la sua principale componente, l’uomo eterodiretto, spogliato della propria individualità, solo e disarmato nella moltitudine che gli si affolla intorno. Nella seconda parte del secolo scorso, soprattutto l’Occidente sviluppato, ha trasformato la precedente società, forse troppo individualista, in una società di massa. La famiglia patriarcale ha lasciato spazio alla nuova famiglia, sempre meno numerosa, fino ad arrivare a quella unifamiliare. Cambiato senza pari anche il rapporto genitori-figli, prima basato sull’autorità paterna, ora rifiutata in toto. La dipendenza è oggi dal “gruppo di appartenenza”, dove non conta la volontà individuale ma quella di gruppo; l'influenza ambigua dei mass media, della dialettica tra lavoro e tempo libero, fa emergere con vigore la figura - per certi versi persino tragica - dell'uomo-massa: eterodiretto, educato alla scuola del conformismo, schiacciato dal bisogno di approvazione e di successo, abitante di un mondo governato solo dalle apparenze.
Perché ho voluto fare questa premessa, che ho reputato necessaria? Per dirvi che recentemente ho letto qualcosa di positivo, circa il ripristino di determinate antiche “buone consuetudini”, recentemente riapparse in alcune nostre città. A Trieste, in Via Manzoni, in un edificio di 5 piani e 18 appartamenti gli abitanti (Studenti, anziani e anche disabili) si ritrovano in alcune diverse aree comuni, tra cui una grande sala, una terrazza e la lavanderia,  per partecipare ad attività ricreative e sociali. Questi spazi comuni sono accessibili anche ad amici esterni, ripristinando anche se con modalità diverse, l’antico rito del “vicinato”. Insomma, con uno slogan, potremo definire questi abitanti del palazzo “Vicini più Vicini”!
Quello di Trieste non è un caso isolato. In provincia di Arezzo a Pulicciano, frazione del Comune di Castelfranco di Sopra, una comunità di famiglie sperimenta un “vivere insieme” secondo i principi della solidarietà, della condivisione e della sostenibilità reciproca. La Piazzetta (così è chiamato il condominio) comprende spazi autonomi per ciascun nucleo familiare affiancati ad aree comuni da mettere anche a disposizione della Comunità. Una delle iniziative in cantiere, ad esempio, prevede di offrire le cucine del condominio all’associazione Terra Libera Tutti. "In questo modo cerchiamo di condividere spazi e attrezzature con l’intera comunità, anche in un’ottica di riduzione dell’impatto ambientale – spiega Stefano Pucci, uno dei membri del condominio – Abbiamo in progetto la realizzazione di impianti per produrre energia rinnovabile e già ora siamo attivi nella raccolta della legna da usare per le esigenze della comunità e nel recupero di derrate alimentari che altrimenti finirebbero nelle pattumiere dei negozi".
Un’altra interessante iniziativa è quella del progetto “Condominio Solidale - Vicini più vicini” (www.vicinipiuvicini.it),  avviato in quattro quartieri di Sassari grazie al finanziamento della Fondazione con il Sud. L’obiettivo è coinvolgere il più ampio numero di cittadini in azioni condivise con finalità di utilità sociale. Questo grazie al condominio come “unità di misura” per sperimentare e favorire nuovi rapporti interpersonali, senza trascurare, ma anzi affiancando e valorizzando le attività già esistenti. "Siamo partiti in quattro quartieri differenti tra loro – spiega Cecilia Sechi, presidente dell’associazione Festina Lente, tra i promotori del progetto – Nella borgata di Caniga, ad esempio, sperimentiamo il condominio orizzontale, perché c’è una rete di strade e non di palazzi. Vogliamo che siano le associazioni a raccogliere le proposte. Poi si definiscono le attività, come la ginnastica di condominio, la badante o l’infermiera di borgata. Le idee sono tante e si basano principalmente sulle iniziative e le proposte dei condomini che, grazie al progetto, intrecciano rapporti oltre il solito saluto".
Cari amici, leggere queste cose mi ha dato una grande gioia. La solidarietà che nel tempo si era prima inaridita e poi definitivamente scomparsa, pare stia tornando a conquistarci. L’uomo, lo sappiamo, non è nato per vivere solo ma insieme agli altri, in pace e armonia. Tutto questo era scomparso col crescere dell’egoismo che ha cancellato la solidarietà verso l’altro, verso il meno fortunato. Ora, se l’uomo ha riscoperto certi valori, è sicuramente perché “la folla solitaria” non lo soddisfa, e neanche il possesso di molto danaro è capace di dare la felicità, la gioia di un sorriso. I giornali sardi hanno riportato questi giorni scorsi la terribile notizia della ragazzina di 9 anni che viveva da sola, perché la mamma, per ragioni economiche, era andata a lavorare in Continente. Cose terribili come queste non succedevano neanche nel dopoguerra, quando le famiglie mancavano di tutto. Allora c’era il “Vicinato”, quella grande famiglia allargata che adottava tutti, piccoli e grandi, giovani e vecchi, dove nessuno poteva sentirsi solo, perché tutti all’occorrenza erano pronti a togliersi il pane di bocca per condividerlo.
Speriamo che il mondo, domani, diventi una immensa serie di grandi "vicinati", una vera grande famiglia, legata dall’amore e non dall’odio, dall’altruismo e non dall’egoismo, capace, con grande solidarietà, di condividere gioie e dolori.
Ciao a tutti.
Mario

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