Oristano
17 Settembre 2014
Cari amici,
sotto certi aspetti
anche quello tra me e Voi è un vero e proprio “Dialogo”. Riflettere insieme su qualsiasi argomento è un “confrontarsi”
continuo, è condividere il proprio convincimento con quello degli altri. Dialogare
corrisponde a esternare la propria opinione, confrontandola con quella altrui,
con un fine preciso: avvicinarsi alla verità, cercare “insieme” la verità.
Scrive Marco Lodoli, in una Sua riflessione
che ho trovato su Internet dal titolo “Non
siamo più capaci di discutere come quando eravamo ragazzi”: “La
filosofia greca ci ha insegnato che il dialogo è il percorso migliore per
arrivare alla verità: chi crede di avere già le risposte giuste in tasca si
perde le obiezioni, le domande, le alternative che pongono gli altri, rimanendo
chiuso in una convinzione tanto granitica quanto sterile. Dialogando, invece,
si sommano le idee, magari le più assurde cadono, altre si tirano indietro,
altre ancora si definiscono meglio. Credo che tutti quanti, anche senza essere
stati seduti al Simposio platonico, abbiamo imparato tanto in certe nottate
trascorse con gli amici a parlare della vita”.
Siamo arrivati al terzo
millennio dando alla comunicazione un’importanza mai attribuita prima: potremo
addirittura sostenere che la nostra società è la “Società della Comunicazione”, eppure, nonostante viviamo
perennemente immersi all’interno di questo flusso comunicativo, strada facendo
abbiamo perso per strada il grande
valore del dialogo, del confronto, dello scambio paritario delle nostre
opinioni, della discussione senza preconcetti, convinti, forse, di avere solo
noi “la verità in tasca”, quindi convinti che risulterebbe inutile metterla sul
tappeto per confrontarla con quella degli altri.
Chi frequenta
abitualmente i Social network tutta questa realtà la può toccare con mano tutti
i giorni, tanto da arrivare alla conclusione che questa generazione ha perso la
capacità di confrontarsi; restare chiusi all’interno delle nostre convinzioni è
come applicare la politica dello struzzo che per non vedere gli altri nasconde
la testa sotto la sabbia! Negarsi al dialogo è come chiudere nella propria casa
porte e finestre, isolandosi dal mondo, anziché spalancarle, aprirle agli
altri.
La mia generazione (quella
precedente a questa, che pure aveva sofferto le ferite lasciate dalla guerra)
dialogava, eccome, anzi lo cercava il dialogo, affrontando tutti gli argomenti e
portando la propria esperienza per condividerla con quella degli altri. Ricordo
anch’io con nostalgia le lunghe discussioni che animavano le calde notti
estive: si parlava di libri, di cinema, di fumetti, di innamoramenti, di
“cotte” e di delusioni, attenti a mettere a frutto l’esperienza propria con
quella altrui, amalgamandola con la nostra senza preconcetti, senza minimamente
ipotizzare che la nostra fosse la migliore. Le nuove generazioni, dotate tra
l’altro di strumenti ben più validi di quelli di ieri (per noi esisteva solo
l’incontro fisico, non virtuale, limitato anche agli amici che abitavano vicini),
pare abbiano, invece, abbandonato questa voglia di condivisione.
Eppure “la Rete”, grande piazza virtuale,
dovrebbe esaltare le possibilità di confronto; riunendo un considerevole numero
di persone ubicate in qualsiasi parte del mondo, dovrebbe consentire un
interscambio straordinariamente vario, un confronto a 360 gradi. Entrare in un
forum oggi dà la possibilità di apprendere tante cose nuove che prima non si
sapevano e di dialogare e confrontarsi. Si parla e si ascolta, si cresce
insieme, insomma. Purtroppo però, nella gran parte dei casi, le discussioni si
trasformano in un attimo in squallide risse, perché nessuno è disposto a cedere
sulle proprie convinzioni in favore di quelle degli altri; si comincia toccando
qualsiasi argomento e in pochi minuti ci si ritrova in un virtuale “Saloon”,
stile Far West, tra sedie che volano e “Colt” che vomitano insulti come
proiettili.
Marco
Lodoli, insegnante e scrittore (scrive poesie e romanzi ma
è anche un bravo insegnante di Lettere in un Istituto professionale della
periferia di Roma), che ha vinto per due volte (nel 1992 e nel 1997) il premio
letterario Grinzane Cavour con i romanzi "Cani e Lupi" e "Il
vento", conclude l’analisi su quest’argomento con questa riflessione: “…Capire
come tra loro si rapportano le generazioni, come sarà la scuola di domani,
capire i nuovi sentimenti, le nuove paure ci può aiutare a uscire dal bozzolo.
Non serve annientare gli altri a colpi di clava! Serve fiducia nella buona fede
altrui, fiducia nelle parole, che indicano e svelano. Ma ho l’impressione che
la nostra società si stia incattivendo, che gli ego si siano militarizzati, che
le parole imitino le mitragliate. Ho nostalgia di quelle nottate tra amici in
cui si sbevazzava e si affrontavano i temi più importanti, e magari non si
arrivava a nulla di preciso, ma intanto si rinsaldavano i rapporti, si
costruiva un bel modello di Società, un cantiere aperto dove ognuno portava un
mattone. Ora quei mattoni preferiamo tirarceli addosso.”.
Una cosa sola vorrei
aggiungere ai tanti giovani di oggi che Marco Lodoli ha così ben evidenziato:
se non dialogherete con gli altri con umiltà, condividendo con loro il Vostro
pensiero, sarete sempre più soli, vivrete sì immersi in una grande folla, ma una
“folla solitaria”, come la definiva Riesman, prigionieri di quella triste e arida solitudine che deriva dal mancato
confronto con gli altri.
Grazie a tutti Voi dell’attenzione.
Mario
Nessun commento:
Posta un commento