Oristano
25 Settembre 2014
Cari amici,
che Settembre sia un
mese notoriamente “caldo”, sotto molti punti di vista, è cosa ben nota. Quest’anno,
poi, anche il tempo meteorologico lo sta giornalmente confermando, essendosi la
calura estiva spostata agli inizi dell’autunno. Lungi da me, però, l’idea di
parlarvi qui di meteorologia, perché la mia riflessione è rivolta oggi al
“caldo autunno del lavoro”, quest’anno
reso ulteriormente “focoso”, dalla ventilata riforma del lavoro, più nota come “JOBS
ACT”.
Che la riforma del lavoro
portata avanti da Renzi sia un atto necessario ed indilazionabile credo che
concordino tutti: senza un’immediata armonizzazione delle normative – a livello
europeo – l’Italia continuerà a non avere competitività e continuare così a
perdere ulteriori posti di lavoro.
Le reazioni alle prime proposte di riforma
non sono mancate: il Jobs Act, messo in piedi da Renzi, incontra non poche
resistenze, a partire da quel Totem inviolabile
qual è l’articolo 18 dello Statuto del Lavoratori. ''Il
mio impegno è chiaro: realizzare le riforme indipendentemente dalle reazioni.
La riforma del mercato del lavoro in Italia è una priorità e se i sindacati
sono contro, per me questo non è un problema'',
afferma, senza tentennamenti, il Premier in un'intervista al Wall Street
Journal, concludendo poi: "Basta
compromessi, le riforme sono necessarie, farò una
rivoluzione".
Incontrando la Comunità
Economica e Finanziaria newyorkese, nei giorni scorsi Matteo Renzi, sollecitando
gli imprenditori americani ad investire in un'Italia "aperta", ha
cercato di convincere gli interlocutori che nel nostro Paese le attuali
resistenze cadranno e che lui farà una vera "rivoluzione", avviando
diverse riforme. Nell'elegante sede del Council of Foreign Relations, il
premier ha elencato le 5 riforme su cui punta per far sì che il Belpaese "non
sia solo un grande passato ma guardi al futuro": al primo posto il
Jobs Act perché la riforma del
lavoro "è troppo focalizzata sul
passato e crea disoccupazione", poi le Riforme Istituzionali, quella della Pubblica Amministrazione, della Giustizia e la Lotta alla Corruzione.
La determinazione del Premier
a dir la verità non trova molti consensi, in questo momento, soprattutto per la
ventilata e primaria riforma del mondo del lavoro. Oltre la naturale “controparte
sindacale”, una fetta del suo partito non sembra molto favorevole alle
modifiche proposte, soprattutto in relazione alla diminuzione delle precedenti
garanzie previste nell’art.18 dello Statuto dei lavoratori.
Renzi, a ben
vedere, appare come un uomo sempre “più solo”, se pensiamo che lo stesso Bonanni in una recente intervista, parlando
di Lui, ha detto che "rappresenta il modello di un uomo solo
che tira, si sfianca e stramazza". Nel suo stesso partito l’ex
segretario Bersani, parlando del Jobs Act e dell’art.18 ha detto: “l’Articolo
18 è dignità”. La minoranza del Partito Democratico,
addirittura, non esclude l’ipotesi di un referendum tra gli iscritti nel caso
in cui Renzi non si apra alla mediazione ed alle modifiche da loro proposte
al Jobs Act.
Già oggi, comunque, l’art.18
sta facendo morti e feriti, se pensiamo che nei giorni scorsi Bonanni ha
annunciato le sue dimissioni da Segretario Generale della CISL. Intervistato
da Sky dopo l’annuncio delle sue dimissioni, Bonanni ha detto: "Non lascio per l'articolo
18. Ma con Renzi finisce l'autorevolezza del potere politico". Nel
corso di una riunione della segreteria allargata l’ormai ex Segretario Generale,
formalizzando l'intenzione di lasciare la segreteria generale della Cisl, ha
detto che la decisione delle sue dimissioni “erano
il frutto di una meditazione profonda e non perché fossero mancati fiducia e
consenso di tutto il gruppo dirigente".
Che dire cari amici,
toccare in Italia le tutele dei lavoratori, faticosamente conquistate nel tempo
e scritte in modo “indelebile” nello Statuto, è come giocare col fuoco, col
quale normalmente ci si brucia. Se Bonanni nella CISL lascia, nell’altro
versante sindacale, la CGIL, il segretario generale Susanna Camusso non sta
molto più serena. Intervistata a ‘Porta a Porta’ da Vespa è apparsa diversa dal
solito, ben più morbida e accomodante di come eravamo abituati a vederla. La
situazione in Italia del lavoro (anzi del NON LAVORO) è così grave che è tempo
di far cadere tutti gli steccati: soprattutto quelli ideologici.
Cari amici, se vogliamo
che in Italia si fermi l’emorragia di posti di lavoro, la “rivoluzione
contrattuale” ventilata è una necessità inderogabile. Solo così gli
investitori, in particolare quelli stranieri, riprenderanno ad investire nella
nostra nazione. Come ho sempre sostenuto i posti di lavoro non si creano per
decreto: sono gli investitori, gli industriali che, vista la convenienza
economica, decidono di avviare nuove aziende, creando così nuovi posti di
lavoro. Senza incentivi per gli investimenti in Italia, per gli industriali ci
sono tanti altri Paesi pronti ad accoglierli; Paesi dove le protezioni ed i
costi sul lavoro non sono certo quelli pesanti della nostra Italia! Credo che
dovremo meditare tutti con grande attenzione.
Ciao a tutti!
Mario
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