Oristano
19 Settembre 2014
Cari amici,
tra speranze e paure
ieri la Scozia è andata al voto per un SI
o un NO dal significato storico: la
permanenza o meno nel Regno Unito. I 2.600 seggi allestiti
per il referendum popolare ieri hanno aperto i battenti alle 8 del mattino e si
sono chiusi alle 23, ora italiana. L’esito del voto è rimasto incerto fino alla
fine, considerata l’ampia affluenza prevista: il 97% per cento degli aventi
diritto, infatti, si era registrato per votare. Degli elettori registrati be l’85%
è andato a votare, creando un precedente storico di partecipazione difficilmente
superabile.
Stamattina i primi dati
sull’esito del voto: la Scozia ha detto “NO”
all'indipendenza, questo il risultato, che è stato più
netto delle previsioni, con il 55% dei voti contrari e il 45% a favore. "Con
30 circoscrizioni scrutinate su 32 il fronte del “No” ha raccolto 1.877.252
voti, mentre quello del “Sì” ha ottenuto 1.512.688 voti", ha
affermato la BBC poco dopo le 7 di stamattina. "La Scozia ha votato per
restare in seno al Regno Unito respingendo l'indipendenza", ha confermato
ancora la BBC sul suo sito Internet. Alla soddisfazione del
Premier inglese David Cameron ha fatto seguito la delusione di Alex Salmond, il
coriaceo Premier scozzese leader dell'indipendentismo e promotore del
referendum, che ha ammesso la sconfitta e ringraziato tutti gli scozzesi che
hanno votato per il “SI”. "Accetto il verdetto del popolo e
invito la Scozia ad accettare la volontà democratica del popolo scozzese",
ha commentato a caldo. Il vice Primo ministro, lo scozzese Nicola Sturgeon,
fautore dell'indipendenza intervistato dalla BBC ha detto che il risultato
rappresenta una "sconfitta grave, tanto personale che politica", - per
poi aggiungere che – “però, con questo referendum, il Paese è cambiato per sempre".
In Europa questo
referendum era particolarmente temuto. I fermenti autonomisti da tempo sono in
forte lievitazione e l’esito della consultazione scozzese era atteso con particolare
trepidazione: in Spagna, come anche in Grecia, Cipro, Belgio e
Romania, dove i venti separatisti continuano a gonfiare le vele, e, anche in altre
regioni (non esclusa l’Italia), altissimo è
il rischio di rivendicazioni indipendentiste, come la Padania e non
ultima la nostra Sardegna. Tra tutti la Spagna è sicuramente
la più preoccupata. Il 9 Novembre, i catalani sono chiamati ad un referendum
per decidere la secessione, consultazione che però il governo di Madrid, a
differenza di quello di Londra, considera incostituzionale e illegale. E dietro
la Catalogna ci sono i Paesi baschi, dove le aspirazioni indipendentiste sono
particolarmente forti e dove l'ETA ha costellato col sangue il percorso di indipendenza.
Tornando
a “casa nostra”, i sardi cosa ne pensano di questo referendum? I
movimenti indipendentisti sardi guardano al referendum scozzese "con grande attenzione”. Diverse Delegazioni
indipendentiste erano presenti in Scozia per monitorare la partecipazione e l’esito
del voto. "Il
tempo non è ancora maturo per una consultazione simile nell'Isola, ma ci si
arriverà", sostengono con convinzione i movimenti
sardi Irs, Rossomori, Partito dei sardi
e Sinistra sarda, che, però, più che uniti sono divisi, operando, separati in
due gruppi, anche in Consiglio regionale. Indipendentisti sardi “divisi”, quindi,
a differenza di quelli scozzesi, che hanno voluto comunque essere presenti alla
consultazione, per sognare anch’essi una futura Nazione Sarda. La delusione provata dopo l’esito
negativo del referendum è stata sicuramente grande anche per i sardi presenti in Scozia.
Personalmente, pensando
all’esito del voto scozzese, ritengo di poter affermare con buona certezza che,
in ogni caso gli scozzesi, sotto certi aspetti, hanno comunque vinto la loro battaglia: riusciranno
ad avere cento volte di più di quanto avrebbero potuto avere “normalmente” dal
Governo inglese. Anche se hanno prevalso di misura i “NO”, essi otterranno non
pochi strumenti di autonomia normativa che aumenteranno di non poco la loro
sovranità. Il futuro che si prospetta per la Scozia, cari amici, sarà molto
diverso dal futuro della nostra Isola e di noi sardi, inseriti in una nazione
che, invece, sta portando avanti l'obiettivo di “centralizzare”, eliminando
l'autonomia locale, in particolare quella delle Regioni a statuto speciale. La
storia insegna, però, che la corda tirata troppo a lungo si spezza.
Se oggi la Scozia ha
evitato un distacco che poteva essere sotto certi aspetti più un danno che un
guadagno, lo deve soprattutto alle promesse fatte da Cameron sul nuovo ruolo di
libertà e di indipendenza che la Scozia certamente avrà. In Italia, invece,
continuando di questo passo anche la modesta autonomia locale (ben poca cosa,
in effetti) scomparirebbe come neve al sole, fagocitata dal centralismo di
Roma. Centralismo, com’è noto, già mal
sopportato nell’Italia del Nord, che attendeva anch’essa con vigile attenzione
l’esito della consultazione scozzese. Credo che l’apparente vittoria del Regno
Unito, non farà demordere, ne in Inghilterra ne nelle altre nazioni, il
desiderio di libertà che continua a contagiare i popoli.
L’Unione Europea, se
vorrà davvero diventare un grande Stato Federale, come da tempo si auspica, dovrà
stare molto attenta a tenere sotto controllo le spinte autonomiste presenti nei
suoi singoli Stati, operando in modo da evitare ogni prevaricazione, tentata o messa
in atto, perché solo così, senza forzature, si potrà arrivare a vedere
realizzato, domani, il grande sogno di Robert
Schumann di un'Europa vera nazione.
Grazie, amici, della
Vostra attenzione.
Mario
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