domenica, settembre 23, 2012

L’UOMO E LA CONQUISTA DEL TEMPO: LA LUNGA ED IMPERFETTA CREAZIONE DEL CALENDARIO.






Oristano 22 Settembre 2012

Cari amici,
Dopo aver ripercorso con Voi la lunga strada della misurazione del tempo, limitata all’arco temporale del “tempo breve”, il giorno, eccomi di nuovo per una seconda “lettura allargata”, relativa, però, alla rendicontazione del “tempo lungo”, il costante ripetersi di quella indefinibile ma pesante “entità” che, pur priva di massa e di spazio, ci avvolge quotidianamente nelle sue spire. In questa “seconda lettura” rivedremo il percorso fatto dal “Calendario”, strumento indispensabile per rendicontare il trascorrere dei giorni, l’alternarsi delle stagioni, fissare i momenti buoni e cattivi dell’esistenza. Il primordiale calendario, nato con la semplice incisione di segni ripetuti su un bastone, si sviluppò successivamente in modo ordinato e complesso, quantificando e raggruppando i giorni, partendo in origine dai riferimenti naturali, il sole, il ciclo della luna e gli astri.

Il raggruppamento dei giorni in Settimane non si conosce con esattezza nè quando e nè da chi sia stato introdotto. L’ipotesi più accreditata è che sia stato il ciclo lunare a suggerire questo raggruppamento: le fasi lunari, infatti, sono quattro (primo quarto, Luna piena, ultimo quarto e Luna nuova) separate da un po’ più di sette giorni l’una dall’altra. Probabilmente fu in questo modo che si andò affermando la settimana di sette giorni e le origini di questo metodo vengono attribuite ai Babilonesi (anche se non vengono esclusi altri popoli come gli egiziani ed i persiani), circa 700 anni prima di Cristo. Gli astrologi che abitavano quelle terre chiamarono i giorni della settimana con i nomi dei pianeti, ognuno dei quali avrebbe avuto un particolare influsso su ciascuno di essi.  L’introduzione della “settimana” di sette giorni si diffuse ampiamente e venne accolta anche nell'impero romano a partire dal I secolo d.C., sostituendo il precedente metodo che conteggiava, invece, un ciclo di otto giorni, il primo dei quali, chiamato novendinae o nundinae, era giorno di mercato.  Fu l'imperatore Costantino che, con un editto del 321 d.C., ufficializzò l'uso della settimana di sette giorni, di cui il primo, chiamato ancora dies Solis, il giorno del Sole, era obbligatoriamente di “astensione dal lavoro” per tutti i cittadini non agricoltori. Era un artifizio, questo, che In qualche modo consentiva il riconosciuto del giorno festivo dei cristiani, ma senza scontentare i pagani adoratori del sole.



Tornando ai Babilonesi, i nomi che questi avevano dato ai giorni della loro settimana erano quelli dei cinque pianeti allora conosciuti (Saturno, Marte, Mercurio, Giove, Venere) più quelli del Sole e della Luna; tali nomi, come possiamo osservare, sono sostanzialmente rimasti fino ad oggi. Nelle province dell'Impero romano i nomi dei pianeti furono sostituiti con i nomi degli dei della religione del luogo: così, ad esempio, Wednesday è, in inglese, il giorno di Wodan, corrispondente al dio Mercurio. Gli Ebrei probabilmente adottarono la settimana babilonese, ma in seguito tolsero i nomi dei primi sei giorni (numerandoli semplicemente) e chiamarono il settimo Shabbat (che corrisponde al nostro sabato), ovvero Quiete, poiché nella Genesi è scritto che Dio consacrò il settimo giorno, in quanto in quel giorno cessò il lavoro della creazione e si riposò. I cristiani si adeguarono ai nomi della settimana di origine pagana, cambiandone solo due: quello di Saturno fu modificato in Sabbatum o Sabbata (derivandolo dal Shabbat ebraico; ma si noti che in inglese, ad esempio, è rimasto Saturday), mentre il giorno del Sole fu sostituito da Dominicus o Dominica dies (= giorno del Signore; anche qui si noti che in inglese è rimasto Sunday, e analogamente nei paesi di lingua germanica). Se per il calendario liturgico dei cristiani la domenica è il primo giorno della settimana (così come per gli ebrei: infatti per la Bibbia l'ultimo giorno è il sabato), ai fini civili viene generalmente considerato come primo giorno il lunedì, anche perché la norma ISO (International Organization for Standardization) IS-8601 stabilisce che sia così. Di fatto, mentre nella maggior parte delle nazioni viene considerato primo giorno il lunedì, in altre (come in Russia) viene ritenuto come primo giorno la domenica. La citata norma internazionale IS-8601, oltre che considerare il Lunedi primo giorno della settimana, assegna anche un numero ad ogni settimana dell' anno. 

Il raggruppamento delle settimane in mesi è sempre stato mutuato dalle fasi lunari: il ripetersi, ogni 29 giorni circa del ciclo lunare. La Luna nuova, infatti, si ripresenta ogni 29 giorni e mezzo circa e da una primavera all'altra ricorrono circa dodici Lune nuove. Il numero dodici si rivela molto agevole all’impiego in quanto è divisibile, senza dare resto, per due, per tre, per quattro e per sei e nessun altro numero così piccolo ha queste caratteristiche. Viene quindi spontaneo pensare che gli antichi, non molto abili nel far di conto, abbiano trovato utile dividere l'anno in dodici mesi ed adottare quindi le fasi lunari per scandire ulteriormente il tempo. Con la rendicontazione del trascorrere del tempo mediante questa divisione in giorni, settimane, mesi ed anni era nato quello che ancora oggi viene chiamato “CALENDARIO”.
Per curiosità e completezza d’informazione rivediamo l’origine del termine ‘calendario’. La parola “calendario” deriva da calendae, il primo giorno del mese, termine che a sua volta trae origine dal verbo latino calare che significa “convocare”, “chiamare a raccolta”. Nel giorno delle calendae, infatti, si usava pagare i debiti che erano segnati su un registro chiamato calendarius. Siccome nel calendario greco le calende non esistevano, si diceva pagare alle calende greche per intendere che non si sarebbe pagato mai; oggi è rimasta l’espressione “rinviare alle calende greche” quando si allude a qualcosa che non si farà mai! Ecco ora i vari tipi di calendario adottati dai popoli antichi.


IL CALENDARIO EGIZIANO.

Gli Egizi furono sicuramente una di quelle popolazioni antiche che, per determinare le stagioni adatte alla semina, elaborarono un “calendario” basato sulla costante ripetizione dei cicli lunari. Il popolo egiziano dipendeva, per la sua sopravvivenza, dalle benefiche inondazioni del Nilo che fertilizzavano le terre e si ripetevano, anno dopo anno, con incredibile puntualità. Gli Egizi notarono che il Nilo straripava, arricchendo i campi di fertile humus, giungendo regolarmente ad intervalli di 365 giorni, corrispondenti a poco più di 12 cicli lunari. Ciò li portò a dividere il tempo in dodici mesi. Stabilirono, quindi, in 30 giorni la durata del mese per un totale di 360 giorni. Infine, per fare in modo che la durata dell'anno corrispondesse al ritmo delle piene del Nilo, aggiunsero altri 5 giorni al fine di portare l'anno esattamente a 365 giorni. I cinque giorni complementari, che venivano aggiunti alla fine della stagione dei raccolti, erano giorni di festa e venivano considerati un piccolo mese a parte. Essi erano detti epagomeni da un termine greco che significa "portare sopra", "aggiungere".


IL CALENDARIO MAYA.

Tra i calendari del continente americano certamente il più completo fu quello dei Maya. Questo popolo aveva tre diversi calendari. Il primo considerava l'anno diviso in 18 mesi di 20 giorni ciascuno, cui seguivano 5 giorni nefasti, nei quali nessuna attività veniva svolta, e che non erano né nominati né calcolati. AI termine del quinto giorno i sacerdoti-astronomi consultavano i libri del tempo e, resisi conto che il mondo non sarebbe finito, decretavano con riti e sacrifici l'inizio del nuovo anno. Il secondo era un calendario sacro di 260 giorni che non aveva relazioni con l'osservazione astronomica. Il terzo veniva detto «conto lungo» e computava i giorni a partire dal 3111 a.C. I Maya avevano una concezione ciclica del tempo. Dopo un certo numero di anni gli stessi fatti e le stesse conseguenze dovevano ripetersi. La coincidenza tra i giorni del primo e del terzo calendario avveniva ogni 52 anni, cioè ogni 18.980 giorni, dopo di che tutti gli eventi si ripetevano come nel ciclo precedente.


Di quest’epoca ci resta uno spettacolare monumento riportante un calendario azteco, inciso su pietra, del diametro di 4 metri e pesante 24 tonnellate, che raffigura la storia del mondo secondo la cosmologia di quel popolo.





 
IL CALENDARIO ROMANO.
Il primo calendario degli antichi romani, che va sotto il nome di calendario di Romolo, era già in uso 750 anni prima di Cristo e contava solo 10 mesi, cioè i mesi in cui si svolgevano i lavori nei campi, mentre trascurava il resto dell'anno. Si trattava, fondamentalmente, di un calendario lunare che veniva raccordato con le stagioni in modo approssimativo. I nomi degli ultimi quattro mesi di questo antico calendario: settembre, ottobre, novembre e dicembre, che indicavano, rispettivamente, il settimo, l'ottavo, il nono e il decimo mese, sono rimasti gli stessi quando, all’inizio dell'ottavo secolo avanti Cristo, lo stesso venne modificato e integrato con l’aggiunta di altri due mesi. Un primo miglioramento al calendario di Romolo fu apportato da Numa Pompilio, il secondo re di Roma che regnò dal 715 al 672 a.C. il quale, come abbiamo accennato, lo allungò portandolo da 10 a 12 mesi lunari, per complessivi 354 giorni. I due mesi aggiuntivi furono chiamati januarius (da Giano, il dio a cui il mese era consacrato) e februarius (da februa, festa della purificazione che si teneva a metà di quel mese) e furono messi in coda all’elenco di quelli esistenti. Ora però, poiché l'anno solare dura 365 giorni e qualcosa, per uniformare questo corto calendario lunare con quello più lungo scandito dalle stagioni, venne introdotto un mese supplementare di 22 o 23 giorni da aggiungersi un anno sì e un anno no. Questo tredicesimo mese, più corto degli altri, fu chiamato Mercedonio (dal latino merces che significa “mercede”, “relativo alla paga”) e fu collocato dopo il giorno delle terminalia il giorno dedicato a Termine, il dio dei confini, che si festeggiava il 23 febbraio, cioè in pratica alla fine dell’anno che allora iniziava a marzo, con la prima lunazione di primavera. Il mese aggiuntivo doveva comprendere anche gli ultimi cinque giorni di febbraio, ma la regola non sempre veniva rispettata. Come abbiamo già detto, le decisioni circa il calendario venivano prese dai sacerdoti i quali, un po’ per ignoranza, un po’ per motivi politici e di interesse personale (essendo gli stessi anche dei funzionari pubblici), lo manomettevano spudoratamente al fine di prolungare il periodo del loro mandato o abbreviare quello degli avversari.


IL CALENDARIO GIULIANO.

Nel 46 a.C. quando Giulio Cesare giunse al potere trovò il calendario in uso in una situazione di incredibile confusione: esso era sfasato rispetto alle stagioni di quasi tre mesi e, ad esempio, indicava l’autunno mentre il clima era di piena estate! Anni prima Cesare, che si trovava in Egitto per combattere Pompeo Magno, ebbe notizia per la prima volta del calendario in uso presso gli Egizi. Cesare, che era una persona molto curiosa e colta, giudicò il calendario degli Egizi più semplice di quello in uso a Roma e soprattutto meno suscettibile di manipolazioni a fini politici. Quando il grande condottiero tornò in patria decise di riformare il calendario esistente, avvalendosi della consulenza dell'astronomo Sosigene, che si era portato con sé dall'Egitto. Come primo atto, per rimediare agli 80 giorni in più conteggiati dal calendario in uso, stabilì che l'anno 46 a.C. (708 dalla fondazione di Roma) durasse 445 giorni, cioè circa 15 mesi. Quell'anno fu chiamato «anno della confusione» per motivi facilmente intuibili. Quindi elaborò un nuovo calendario che alla fine si rivelò migliore di quello egiziano al quale si era ispirato. Egli, innanzitutto, svincolò quello esistente dalle fasi lunari e quindi fissò la lunghezza dell'anno in 365,25 giorni, cioè 365 giorni e 1/4. Stabilì pertanto che l'anno durasse 365 giorni interi e, per recuperare il quarto di giorno che non veniva conteggiato, dispose che fosse aggiunto un giorno supplementare ogni quattro anni. Il giorno "extra" venne aggiunto all'ultimo mese dell'anno, che a quel tempo era febbraio, e che contava 29 giorni; il mese era dedicato a Plutone, il dio dell'oltretomba. In un momento successivo fu stabilito che gli anni con il giorno in più fossero quelli il cui numero era divisibile per quattro, quelli che oggi chiamiamo “anni bisestili”. I dodici mesi avevano giorni sia di 30 che di 31 giorni, a parte febbraio di 28 o di 29. Cesare nella stesura di questa importante riforma pretese che il quinto mese (quintilius), quello della sua nascita, avesse 31 giorni e che venisse ribattezzato luglio in suo onore. Infine decretò che il primo anno del nuovo calendario iniziasse al plenilunio che cadeva dopo il solstizio invernale e non più con l’inizio della primavera come avveniva in passato. Il primo mese dell'anno divenne pertanto Ianuarius (gennaio) il mese dedicato a Giano, il dio che veniva rappresentato bifronte in quanto presiedeva gli "ingressi" e quindi era il più adatto a chiudere la porta del vecchio e ad aprire quella del nuovo anno. L'ultimo mese dell'anno, il dodicesimo, finì quindi per essere quello che precedentemente era il decimo: december (dicembre).   Il calendario di Giulio Cesare è, salvo alcune modifiche, quello che ancora oggi usiamo.  
Il calendario di Giulio Cesare subì, nel tempo, modifiche e aggiustamenti più o meno rilevanti. Dopo le modeste modifiche apportate da Cesare Augusto un ulteriore ritocco fu apportato da Costantino il Grande, l’imperatore romano convertitosi successivamente al cristianesimo. Due secoli dopo il Concilio di Nicea, le Chiese d’Oriente e quelle d’Occidente, nonostante l’invito di Costantino, non si erano ancora messe d’accordo sulla data della Pasqua. Un primo motivo di contrasto riguardava la data dell’equinozio primaverile che per gli Egiziani cadeva il 21 di marzo, come era stato deciso durante il Concilio, ma per i Romani era il 25 marzo, come avveniva ai tempi di Cesare. Un altro motivo di contrasto era quello relativo alla ricerca dei metodi utili per armonizzare l’anno solare con le fasi della Luna. La presa di contatto fra Sole e Luna, cioè in pratica la fusione di un anno lunare di 345 giorni con un anno solare di 365 giorni e un quarto rappresenta ancora oggi un complesso problema astronomico. Sotto questo aspetto gli orientali si erano dimostrati più abili degli occidentali ed avevano elaborato carte del tempo per predire la futura Pasqua molto più precise di quelle esistenti a Roma. 

Nel 525 d.C., papa Giovanni I (470 ca - 526) chiese ad un monaco sciita di nome Dionysius Exiguus, Dionigi il Piccolo, abile matematico e astronomo, di fissare delle regole facili e comprensibili a tutti per calcolare la data della Pasqua senza dover ricorrere di volta in volta al calcolo astronomico. Dionigi il Piccolo aveva ricevuto dal Papa l’incarico di calcolare la data della Pasqua, ma, come vedremo, il pio studioso venuto dal Caucaso andò oltre i compiti che gli erano stati affidati fino a pervenire ad una vera e propria riforma del calendario. Mentre eseguiva i suoi calcoli, notò che le tavole allora in uso per la determinazione del giorno della Pasqua erano basate sul primo anno di regno dell’imperatore Diocleziano (fra l’altro un persecutore dei cristiani) mentre, per la definizione di una ricorrenza tanto importante per la cristianità sarebbe stato più logico e più giusto iniziare il computo dalla incarnazione del Signore. Questa data tuttavia non era nota. Egli però decise, non si sa bene servendosi di quali fonti, che Cristo era nato il 25 dicembre del 753 dalla fondazione di Roma (753 ab urbe condita, come di diceva a quel tempo). In verità, né il giorno, né l’anno erano il risultato di un calcolo o di un riferimento sicuro e nemmeno i Vangeli suggerivano un anno preciso per la nascita del Messia. Secondo Matteo, Cristo sarebbe nato durante i giorni di Erode il Grande il quale, oggi lo sappiamo per certo, morì nel 4 a.C. e quindi se dovessimo dar credito a quanto è scritto sui libri sacri Cristo sarebbe venuto al mondo almeno tre anni prima della sua nascita (!). Secondo il parere di molti studiosi, Gesù Cristo nacque nel 7 a.C.. Stabilito il giorno della nascita di Cristo, Dionigi chiamò quindi anno Domini 1 l’anno seguente quella data, cioè il 754 dalla fondazione di Roma. Il 754 dalla fondazione di Roma divenne quindi il primo anno dell'era cristiana (o volgare), ma questo nuovo modo di computare il tempo non fu adottato immediatamente: dovrà infatti passare l’anno 1000 perché esso venga utilizzato ufficialmente. L’era cristiana, seguendo il sistema introdotto da Dionigi il Piccolo, determina l’intervallo di tempo fra la nascita di Cristo e il presente: la dicitura A.D. (Anno Domini) o d.C. indica il periodo trascorso dalla nascita di Cristo, mentre con a.C. ci si riferisce agli anni precedenti l’era cristiana.

LA RIFORMA GREGORIANA.

Durante il Medioevo l’interesse per il calendario, per i motivi più disparati, si diffuse fra tutti gli strati sociali. Ad esso si ricorreva, ad esempio, per la venerazione dei Santi, per le scadenze contrattuali, per la predisposizione del lavoro dei campi e della bottega e così via. Ora, poiché molte persone utilizzavano il calendario, fu molto facile accorgersi che, nonostante le correzioni apportate, questo non corrispondeva affatto al tempo reale. La durata dell'anno medio, stabilita da Giulio Cesare in 365 giorni e 6 ore, a far bene i conti, risultava ora, a seguito di misure più scrupolose, di oltre 11 minuti più lunga rispetto al ciclo solare. Si trattava di un errore apparentemente trascurabile ma, accumulandosi nei secoli, gli undici minuti all'anno, intorno al 1100, erano diventati 6 giorni e l’inizio della primavera astronomica non capitava più il 21 di marzo come era stato stabilito quando venne fissata la data della Pasqua, ma il 15 dello stesso mese. In altre parole il calendario ora andava un po’ indietro rispetto alle stagioni. Vi era quindi bisogno di un ulteriore aggiustamento. Ma modificare un calendario, in qualsiasi tempo, non è cosa semplice e infatti si dovrà aspettare molti secoli prima che qualcuno si cimenti nell’impresa. Alla fine ebbe successo il tentativo di Papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni, insigne rappresentate di una influente famiglia bolognese. 



Abbiamo visto che Giulio Cesare aveva considerato l'anno della durata di 365,25 giorni, ma in realtà esso è leggermente più corto e dura, per la precisione, 365,24220 giorni quindi è più breve, rispetto a quello considerato da Giulio Cesare. Dopo diecimila anni ci si troverebbe cioè nella stessa situazione in cui si trovò Giulio Cesare quando mise mano al suo calendario, ma in senso opposto. Giulio Cesare si trovò infatti alle prese con un calendario che andava avanti rispetto al tempo reale, mentre in questo caso si sarebbe dovuto porre rimedio ad un calendario che andava indietro rispetto al tempo reale. E quindi, mentre Giulio Cesare dovette aggiungere 80 giorni al suo calendario, creando un anno di 445 giorni, ora si sarebbero dovuti togliere altrettanti accorciando l’anno di quasi tre mesi. Prima di arrivare a questi eccessi si pensò bene di intervenire con degli opportuni aggiustamenti. Era necessario intervenire per fare coincidere nuovamente l’equinozio di primavera con la data del 21 marzo perché, con il trascorrere del tempo l’equinozio in calendario era scivolato all’indietro di 10 giorni, cioè era finito alla data dell’11 marzo. Tre furono i principali protagonisti della riforma del calendario. Oltre al papa il medico astrologo Luigi Lilio Ghiraldi ed il gesuita Cristopher Clavius. Lilio Ghiraldi elaborò una soluzione semplice e chiara per la sistemazione del calendario che alla fine ebbe l’approvazione di una commissione appositamente istituita per esaminare le varie proposte formulate da studiosi di diversa provenienza. Non vi era più tempo da perdere, i tempi ormai erano maturi e il Papa decise di promulgare il nuovo calendario. Egli, con Bolla del 24 febbraio 1582, ingiunse di cancellare 10 giorni passando direttamente da giovedì 4 ottobre a venerdì 15 ottobre. Si trattava ora di provvedere affinché il calendario, con il passare del tempo, non tornasse a regredire. Si decise allora che nell’arco di 400 anni ci sarebbero stati non più 100 ma 97 anni bisestili e pertanto gli ultimi anni di ogni secolo sarebbero stati comuni (cioè di 365 giorni) ad eccezione di quelli divisibili per 400. Rimase pertanto bisestile il 1600, ma non lo furono il 1700, il 1800 e il 1900. E’ stato invece regolarmente bisestile il 2000. Eliminando tre giorni ogni 400 anni si ottiene l'anno medio della durata di 365,2425 giorni, un tempo molto vicino a quello reale. Inoltre, in quella occasione, si stabilì che l’anno iniziasse il 1° gennaio, come era stato imposto, all'inizio, da Giulio Cesare. Nonostante tutti gli aggiustamenti tuttavia nemmeno il calendario gregoriano è perfetto, perché considera l'anno ancora un po' troppo lungo rispetto a quello reale: 365,2425 giorni, contro 365,2422. Ma l'imperfezione ora è veramente minima (un giorno ogni 3.323 anni) e diverrebbe del tutto trascurabile se si stabilisse che non debbano essere bisestili, oltre agli anni divisibili per 400, anche quelli divisibili per 4000, cioè l'anno 4000, l'8000, il 12000, ecc. Per questa ulteriore sistemazione non c’è fretta e se il calendario gregoriano sarà ancora in uso, essa potrebbe divenire ufficiale fra qualche secolo, o forse anche in tempi ancora più lontani.
Il calendario di papa Gregorio XIII non fu accettato immediatamente in tutto il mondo e nemmeno ebbe l’approvazione incondizionata di tutta la comunità cristiana. Papa Gregorio XIII era un vigoroso e convinto sostenitore della controriforma e i protestanti rifiutarono il nuovo calendario ritenendolo un piano del Pontefice per riportare i cristiani ribelli sotto la giurisdizione di Roma. I Paesi cattolici si uniformarono invece entro pochi anni, mentre la chiesa di Costantinopoli l'accettò solo in tempi molto recenti.


IL CALENDARIO PERPETUO.

Nonostante i vari aggiustamenti il calendario gregoriano presenta numerosi punti deboli e per tale motivo sono state avanzate svariate proposte per un calendario più razionale e di più facile consultazione, lasciando però in tutti i casi intatto l’ottimo metodo dell’anno bisestile. Si parla praticamente della strutturazione di un “calendario perpetuo”. In una economia globalizzata, in cui è necessaria la programmazione delle attività a lungo termine e a grandi distanze, fuori dai confini nazionali, diventa di fondamentale importanza disporre di un unico calendario mondiale, perpetuo e perfetto, che fissi la sequenza delle date settimanali e mensili in modo da renderle identiche ogni anno e in ogni luogo. Gli americani hanno calcolato, non è dato sapere su quale base e con quale criterio, che per valutare il tempo, solo gli abitanti di New York, spendono decine di milioni di dollari all’anno. La proposta di un nuovo calendario che ha incontrato maggiori consensi è stata avanzata, nel 1930, da una certa Elizabeth Achelis e presentata all’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) che, nell’immediato dopoguerra, sembrava seriamente intenzionata ad adottarlo. Anche la Chiesa cattolica considerando ormai quella del tempo una questione di natura civile prima ancora che religiosa, non si era opposta al progetto. Sembrava quindi imminente la sua applicazione nel 1961 anche perché quell’anno iniziava di domenica, il giorno della settimana più adatto per il cambio, ma il calendario perpetuo fu invece abbandonato senza rimedio. Il progetto del calendario perpetuo prevedeva l’eliminazione del 365° giorno in modo da ridurre l’anno a 364 giorni. Tale numero è divisibile in quattro parti uguali di 91 giorni ciascuna che a loro volta possono essere segmentate in sequenze mensili identiche di 31, 30 e 30 giorni. Secondo il progetto, il primo mese di ogni trimestre sarebbe il più lungo; gennaio avrebbe quindi 31 giorni, febbraio 30 e marzo 30. Il secondo trimestre inizierebbe con aprile di 31 giorni a cui seguirebbero due mesi di 30 giorni (maggio e giugno) e così di seguito per gli altri due trimestri. Fra i vantaggi di questo calendario vi è anche quello che il numero 364 è divisibile esattamente per sette e per sette è divisibile pure il numero 91. Nell’anno vi sarebbero quindi complessivamente 52 settimane e ogni trimestre comprenderebbe 13 settimane. In conseguenza di ciò ogni trimestre inizierebbe di domenica e terminerebbe di sabato. Il primo giorno del primo mese del trimestre sarebbe sempre domenica, il primo giorno del secondo mese sempre mercoledì e il primo giorno del terzo mese sempre sabato. La Pasqua era stata fissata all’otto aprile che è una domenica a metà strada fra la Pasqua più bassa (22 marzo) e la Pasqua più alta (25 aprile) del calendario in uso.
    Il giorno sottratto al calendario verrebbe aggiunto alla fine dell’anno e indicato, invece che con un numero, come tutti gli altri, con una lettera, la W, iniziale della parola inglese World. Quella giornata cadrebbe sempre dopo il sabato ultimo giorno dell’anno, ma non sarebbe chiamata domenica, bensì World Day (Giornata Mondiale), e sarebbe considerata una festività mondiale da dedicare all’armonia e alla unità universale dei popoli; in essa tutte le razze e le nazioni del mondo si sentirebbero unite in una sola fratellanza. In verità una delle caratteristiche del modello di calendario proposto era proprio quella di un sistema scientifico da utilizzare per la misurazione del tempo che fosse privo di influenze zonali, razziali o settarie. Negli anni bisestili vi sarebbe un ulteriore giorno extra-settimanale, da aggiungersi alla fine di giugno, denominato in inglese Leap-Year Day (bisestidì o giorno dell’anno bisestile) e da considerarsi, a sua volta, festivo. Chissà se diventerà il calendario del quarto millennio!
Per ora, cari amici, continuiamo a tenerci il nostro calendario gregoriano, imperfetto certamente, ma che non necessiterà, almeno nel breve, di urgenti modifiche. L’importante è che il trascorrere del tempo possa sempre avvenire in armonia, gioia e serenità, beni preziosi e, purtroppo, sempre più rari!
Grazie, carissimi, dell’attenzione che continuate a dedicare a queste pagine.

Mario


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