Oristano 22 Settembre 2012
LA RIFORMA GREGORIANA.
<< ..AMICO E' COLUI A CUI PIACE E CHE DESIDERA FARE DEL BENE AD UN ALTRO E CHE RITIENE CHE I SUOI SENTIMENTI SIANO RICAMBIATI..>> David Riesman
Oristano 19 Settembre 2012,
Cari amici,
chiacchierando pochi giorni fa con una cara amica (oltretutto fedele lettrice di questo blog) il discorso è scivolato sulla necessità che anche Oristano, come già avviene in altri centri, possa dotarsi di “PARCHEGGI ROSA”. La mia amica, ben più informata di me sull’argomento, sosteneva con forza che, con l’andare del tempo, l’attenzione che le strutture sociali e politiche dovrebbero dedicare nei confronti delle persone in particolari situazioni di disagio, non solo non fa passi avanti ma addirittura ne fa all’indietro.
Considerata la mia nota caparbietà ho voluto documentarmi su questo argomento ed ora vorrei riportare anche a Voi, che fedelmente leggete questo blog, le mie riflessioni su un problema che va ben oltre la necessità di riservare pochi spazi alle donne-mamme e che Comuni lungimiranti hanno già predisposto e riservato.
La Società, come ben sappiamo, è nata maschilista. A leggere la lenta evoluzione verso un riconoscimento di “Parità” nei confronti delle donne, spesso solo apparente, possiamo ripercorrere le tappe storiche che hanno lentamente modificato la maschilista situazione iniziale. Dalla arcaica sudditanza della donna al marito nel matrimonio ci sono voluti millenni per raggiungere la parità formale nella vita coniugale e nell’educazione dei figli; altrettanti per passare dalla negazione del diritto di voto alla sofferta conquista di questo paritario strumento sociale; dall’annosa differenziazione della retribuzione delle donne - a parità di lavoro - nei confronti degli uomini, alla scarsa e spesso inesistente rappresentanza del sesso femminile nelle strutture private e pubbliche. Gli amanti della statistica possono ancora toccare con mano le irrisorie percentuali delle donne presenti nei Consigli di Amministrazione delle grandi aziende, dell’Alta Dirigenza nelle innumerevoli strutture dello Stato, nonostante i ripetuti tentativi di inserire, con legge, le obbligatorie “Quote Rosa”, tendenti a garantire l’equa distribuzione tra maschi e femmine delle responsabilità gestionali private e pubbliche.
Cari amici, il discorso su questo filone si farebbe troppo lungo e potrei correre il rischio di annoiarvi: la verità è che nella mentalità maschilista, che nel mondo è ancora oggi imperante, la donna non è considerata un soggetto di pari valore dell’uomo! Torniamo ora al quesito iniziale, quello sui “parcheggi rosa”, che nelle città iniziano ad essere riservati alle “donne mamme”.
La necessità di appositi spazi riservati alle persone temporaneamente o definitivamente affette da una deficienza fisica è nata a seguito del costante aumento del numero di veicoli circolanti e della necessità di riservare a questi veicoli appositi spazi pubblici destinati al parcheggio. Nelle grandi città, soprattutto nelle vicinanze di uffici pubblici o strutture sanitarie e della grande distribuzione, gli spazi ordinari destinati alla sosta sono sempre già occupati di primo mattino, costringendo chi necessità di usufruire della sosta per il disbrigo delle sue necessità, a ripetute ricerche che, nella gran parte dei casi, si concretizzano con irregolari “parcheggi di necessità” che impediscono la circolazione e creano non poche situazioni di pericolo. Inoltre gli attuali pochi spazi riservati per legge ai disabili, per una intramontabile maleducazione dei normo dotati, sono spesso occupati abusivamente, vanificando cosi la loro funzione agevolativa.
Nello stesso spirito di “agevolazione” per cui sono nati i parcheggi per i disabili, la lungimiranza di alcuni Comuni ha voluto istituire, pur non essendo espressamente previsto dalla legge, i cosi detti “parcheggi rosa”, destinati alle donne in stato di gravidanza o con bambini piccoli fino ad un anno di età. L’iniziativa si è sviluppata nell’ambito di una politica di sensibilizzazione sociale e di tutela delle utenze deboli, tra le quali vanno ricomprese anche le donne in stato di gravidanza o mamme di bambini nel primo anno di vita che hanno necessità di parcheggiare l’auto nelle vicinanze di farmacie, supermercati ed uffici pubblici. Le auto in questione hanno l’obbligo di esposizione dell'apposito permesso di sosta, rilasciato dal Comune (per ottenere il permesso di sosta dovrà essere presentata la documentazione medica attestante lo stato di gravidanza o l'età del bambino), con divieto di sosta per gli altri veicoli, anche se non essendo espressamente previsti dal Codice della Strada nessuna sanzione può essere comminata a chi li occupa abusivamente.
Essendo italiani mi viene spontanea una domanda: funzionerà? Saprà il nostro ‘senso civico’ superare la barriera dell’obbligo e della sanzione? Chissà! Il senso civico, che nel terzo millennio dovrebbe teoricamente essere maggiore di quello dei secoli scorsi, avrà la meglio o assisteremo a una delle solite contraddizioni all’italiana? Il rischio c’è e certamente è abbastanza ampio, soprattutto a causa di quelle persone che difficilmente si attengono a norme di carattere morale. Senza il timore di una sanzione, ci si sente in diritto di far valere le proprie egoistiche ragioni, non considerando il danno che si arreca alla Comunità. E’ davvero necessaria una legge per regolare il nostro comportamento o, invece, non sarebbe sufficiente adoperare la coscienza morale di ciascuno di noi? Rispetto e sensibilità dovrebbero essere quei “concetti cardine”, guida della nostra esistenza, applicabili a maggior ragione sulla questione degli “stalli rosa”, destinati a chi porta avanti, con non poco sacrificio, la nascita di una “nuova vita”. Se in Italia la natalità, un tempo ai primi posti dei Paesi sviluppati, è da anni in forte recessione la causa è certamente da attribuirsi alla scarsa attenzione alle famiglie da parte della Comunità. Un figlio, certamente un bene inestimabile, non è solo un bene privato, personale della famiglia che lo ha messo al mondo, ma una parte viva ed integrante della sua Comunità. Non dimentichiamolo mai, attiviamoci perché la famiglia venga agevolata, aiutata e protetta!
Anche il comune di Cagliari ha sposato l’iniziativa dei parcheggi rosa. Le formalità sono minime. Per il rilascio del pass bisogna recarsi presso gli uffici ZTL del Servizio Viabilità e Mobilità, in Piazza De Gasperi al sesto piano, negli orari di apertura al pubblico. Il pass viene rilasciato in tempo reale. I posti auto sono circa 30 e si trovano in corrispondenza di uffici pubblici, consultori, ospedali e mercato civico. Spero che anche Oristano, guidata oggi da un Sindaco lungimirante quale è Guido Tendas, non abbia timore a sposare l’iniziativa. Dalle pagine di questo blog lo invito fortemente a far nascere anche in città i Parcheggi Rosa!
Cari amici, anche i “parcheggi rosa” sono un piccolo tassello, un granello di sabbia, che potrà agevolare le famiglie che mettono i figli al mondo. Il mio augurio è che il senso civico riesca a prevalere sulla mancanza di leggi sanzionatorie. Sono fiducioso, ho la speranza che, lentamente ma inesorabilmente, anche i più ostili, i refrattari alle regole comunitarie nate per la pacifica e leale convivenza, saranno indotti alla riflessione ed al rispetto verso i più deboli. Magari non subito, ma in futuro non troppo lontano, la nostra società egoistica spero possa diventare più sensibile verso le problematiche delle fasce meno protette. Le norme, a maggior ragione quelle non scritte, hanno bisogno di essere metabolizzate, “scolpite indelebilmente” nel nostro DNA, per diventare codice morale. Alleviamo le nuove generazioni con questi obiettivi. Lo dobbiamo ai nostri figli e a tutte le generazioni future.
Grazie, cari amici, della Vostra attenzione.
Mario
Oristano, 8 Settembre 2012
Cari amici,
da qualche giorno in città il chiacchiericcio di “Via Dritta” ha un argomento in più di conversazione: il cambio di nome della famosa via. “Forse la via del passeggio, quella che ha visto in assoluto consumare più scarpe di ogni altra via di Oristano, potrebbe cambiare nome”, questa la notizia che rimbalza di bocca in bocca.
Oristano è oggi città tranquilla, quasi dimentica del suo passato, fatto invece di supremazia, di gloria e di potenza, quando il Giudicato d’Arborea dominava con la sua forza tutto il territorio dell’Isola. Giudicato che ebbe il massimo splendore con Eleonora, la giudicessa autrice dell’allora più avanzato codice giuridico, noto in tutto il mondo come “Carta de Logu”, che diverrà, poi, ampia base di partenza per i codici e le legislazioni successive fino ai nostri giorni.
L’idea di rivalutare, in modo pratico, l’antico e glorioso passato di Oristano è venuta dal Rotary club della città che, tramite il suo Presidente Andrea Riccio, ha inoltrato al Sindaco Guido Tendas una proposta per dedicare all’importante documento una via o una piazza della città. La proposta, subito condivisa dal Sindaco, non poteva che prendere in esame i punti più importanti e centrali, partendo proprio dalla via che collega Piazza Eleonora, con la statua della giudicessa, con Piazza Roma, dove si erge ancora maestosa la torre di Mariano II.
Via, questa, tanto cara agli oristanesi ed in passato intitolata ad Umberto I re d’Italia, anche se pochi ricordano che questa via porta il suo nome, perché per tutti gli oristanesi, rimane solo ed esclusivamente “Via Dritta”!
La proposta del Rotary fa discutere e come! Da diversi giorni in città non si parla d’altro. Anche i quotidiani importanti, come l’Unione Sarda e La Nuova Sardegna, cavalcano la notizia e l’impatto che questa ha avuto sulla popolazione, intervistando sia il presidente del Rotary che i cittadini, mettendo a confronto idee molto diverse tra loro. A leggere l’Unione Sarda si sentono i commenti degli abitanti della via (sia delle case che dei negozi) e si percepisce un certo malumore: aggiungere costi e burocrazia in momenti di crisi come quello che stiamo attraversando, non sembra una buona soluzione. A leggere la Nuova Sardegna si percepisce, invece, un anelito di “indipendentismo”, quasi che la proposta del Rotary possa essere considerata una base di partenza per una serie di rivendicazioni contro i Savoia, invasori e colonizzatori, che dovrebbero essere cancellati dalla toponomastica di tutta l’Isola! Niente di più falso. A sentire la gente comune, invece,che del passeggio in Via Dritta ne fa il suo pane quotidiano continuando a consumare scarpe e pavimento, le opinioni sono ugualmente diversissime. C’è chi apprezza con forza, rivendicando per Oristano un ruolo certo superiore e più consono al glorioso passato e chi, invece, abbonato alla solita flemma, pensa che ogni variazione, ogni mutazione, proposta o realizzata, sia solo un aggravio di tempo, di costi e di fatica. Posizione questa molto mortificante, ben adatta a chi , da sempre dominato da altri popoli, si è definitivamente arreso.
Tra le tante campane favorevoli o contrarie c’è sempre una giusta via di mezzo. Io personalmente sono convinto che Oristano può e deve reagire ad una situazione che la vede, oggi, come l’ombra di quella è stata in passato. Certamente le mille variabili storiche che hanno fatto si che Oristano scendesse cosi tanto in classifica, non sono attribuibili solo all’inerzia della sua popolazione ma a fattori in gran parte esterni. Quello che però è necessario, anzi direi doveroso, è quello di non arrendersi, di non considerare le sconfitte come un ineluttabile e irrimediabile fattore del destino. Oristano può e deve tornare a recitare un ruolo più incisivo, dignitoso e orgoglioso, proprio partendo dalle sue radici, dal suo passato. Può farlo, oggi, anche partendo dalle piccole cose, anche rimediando ad un errore del passato: quello di non aver mai dedicato una via al codice giuridico più importante al mondo, la Carta de Logu.
Il Rotary, associazione mondiale di servizio che annovera al suo interno, in ogni club, i maggiori rappresentanti delle professioni presenti nel territorio (e di cui con grande orgoglio faccio parte), è con questo intento che ha lanciato la sua proposta: cercare di far ritrovare agli oristanesi l’antico orgoglio ed il prestigio perduto nel tempo. Proposta che certamente non intende prevaricare nessuno ma stimolare, far ritrovare forza e coraggio, per far si che tutti “prendano coscienza” che solo con il concorso di tutti Oristano potrà riprendersi e dare al territorio nuova forza e speranza.
Qualcuno potrà dire che cambiare il nome ad una via non risolve certo i problemi della città. Certamente questo è vero: non è il “ cambio del nome” la soluzione ma la via per risolvere il problema. E’ il cambio che avviene dentro di noi, il cambio di passo, il passaggio dalla sudditanza e dall’accettazione a quello della riconquista, la via per raggiungere nuovi traguardi e dare speranza al futuro, ed ai giovani che lo dovranno percorrere.
Il Rotary opera proprio ipotizzando questo ”futuro”, per se e per i giovani, i rotariani di domani. Il club di Oristano tiene molto al territorio in cui opera. Vuole Oristano più bella e più pulita, (dopo il concorso “giardini fioriti”, nato lo scorso anno, penserà quest’anno a dotare la città di posacenere per togliere il triste spettacolo delle “cicche” per terra) e vuole anche cittadini, giovani ed anziani, più orgogliosi del proprio territorio. In quest’ottica è nata la proposta di intitolare alla “Carta de Logu” una via della città.
Non sarà questa l’ultima delle iniziative. Altre, più pesanti, bollono in pentola: dono di alcuni defibrillatori, nuova borsa di studio al miglior studente universitario, maggiore attenzione ai giovani e molto altro.
Il Rotary ad Oristano c’è, cari amici, cerchiamo tutti di conoscerlo meglio!
Grazie a tutti Voi dell’attenzione!
Mario
Oristano 1 Settembre 2012
Cari amici,
navigando su Internet, giorni fa, mi sono “imbattuto” in una pianta dalle virtù eccezionali: la Salvia Hispanica.
Comunemente conosciuta come Chia, è una pianta appartenente alla famiglia della menta (Lamiaceae), ed è nativa del centro-sud del Messico e Guatemala. il noto botanico Carolus Linnaeus nella metà del settecento, considerato che con il termine Salvia venivano identificate una dozzina di varietà (Salvia spagnola, Salvia colombiana, Salvia messicana, Salvia di chia, Chia messicano, ecc.), chiuse ogni diatriba attribuendogli definitivamente il nome di “Salvia hispanica”, nonostante la “Chia” fosse originaria dei Paesi centro americani. L’errore, se cosi lo possiamo chiamare, derivò dal fatto che la Chia, portata in Spagna dopo la conquista dell’America, si era talmente ben acclimatata da inserirsi, quasi pianta nativa, nei soleggiati suoli spagnoli.
In America latina questo vegetale iniziò ad essere utilizzato fin da epoca antichissima. La tradizione locale attesta che questa pianta veniva già coltivata in epoca pre-Colombiana dalle civiltà Azteche. Il suo consumo e la scoperta delle sue proprietà benefiche risalgono, dunque, ad epoche lontane; la stessa parola "Chia" è un termine Azteco che significa "Forza", vigore. Si narra che da questo seme, gli aztechi traessero la loro forza durante le battaglie e che grazie alla sua forza riuscirono a conquistare territori e popolazioni fino a formare il grande impero che aveva in Tenochitlan la sua capitale. Questo vegetale, insieme all’amaranto, ai fagioli ed al mais, costituiva la base della dieta quotidiana delle popolazioni messicane ed Azteche in particolare, oltre che di altre civiltà dell’America centrale come quelle dei Toltechi, Zapotechi, oltre che della più nota civiltà Maya. Un cucchiaio di semi di chia, considerato il valore energetico, era considerato la “razione base” di sopravvivenza dei guerrieri Aztechi.
La storia ci tramanda che questo pregiato vegetale era considerato così nobile da essere usato come pagamento, “versato come tributo”, dalla popolazione ai regnanti di turno. I codici Pre-Colombiani rivelano che le nazioni conquistate dagli Aztechi “pagavano in chia” un tributo annuale calcolato intorno alle 4.000 tonnellate e che la capitale Tenochitlan, all’epoca abitata da 200.000 persone, ne riceveva circa 3.000 tonnellate. Di questi tributi pagati in chia, rimangono tracce anche nel codice Mendoza del 1541 e nel codex fiorentino del 1548.
Gli Aztechi non solo facevano un grande consumo di questo seme particolarmente nutriente, ma lo usavano anche nelle cerimonie religiose come offerta propiziatoria ai loro dei. Queste usanze, però, finirono per infastidire i conquistadores spagnoli. Cortes iniziò ad odiare questa pianta ricca di semi cosi potenti che davano agli indigeni grande forza e vigore ed arrivò a vietarne la coltivazione, soppiantandola con quella del frumento, dell’orzo e delle carote, che servivano a soddisfare la notevole richiesta alimentare proveniente dall’Europa. Dalla ben nota furia distruttiva dei conquistadores spagnoli (nel 1521 in modo violento affamarono quelle popolazioni bruciando i raccolti e le riserve) si salvarono, per l’alimentazione locale, soltanto il mais ed i fagioli che continuarono ad essere coltivati.
Il divieto imposto dai dominatori fece crollare le coltivazioni di chia che, ben presto, scomparvero praticamente dal mercato. Solo alcune coltivazioni modeste sopravvissero in zone molto piccole, sparse nelle montagne del Messico e del Guatemala. L’oblio di questa coltivazione durò fino al 1991, quando, grazie ad un programma di sviluppo tecnico, scientifico e commerciale avviato nel nord dell’Argentina, in Colombia e in Perù, si incentivò la ripresa della messa a dimora della chia che riprese ad essere coltivata in modo esteso, trovando nuovo e moderno impiego. Un programma, quello nuovamente avviato che, date le straordinarie caratteristica della pianta, si poneva non solo semplicemente un obiettivo alimentare ma anche uno più specifico: quello di migliorare la salute umana. L’uso di questo vegetale, infatti, inserito nelle diete alimentari, apportava significativi benefici, grazie alle sue particolari proprietà. Oggi la chia è nuovamente ben utilizzata nell’area originaria, soprattutto in Messico e Guatemala, sia consumata direttamente sotto forma di semi (a volte macinati), che attraverso i suoi derivati, utilizzabili in miscela con altri componenti, per la realizzazione di dolci e bevande.
Vediamo ora le principali caratteristiche di questo vegetale, tanto antico quanto importante e benefico.
La salvia Hispanica cresce spontaneamente nei Paesi del Centro America ed in particolare nel Messico; fiorisce da luglio ad agosto con numerosi fiori tipicamente ermafroditi (hanno organi sia maschili, sia femminili), raggiungendo l’altezza di un metro circa. Coltivata, invece, raggiunge la germinazione solitamente in due settimane; viene coltivata anche in serra, dove è seminata fin dal mese di marzo per ottenere più raccolti. La sua coltivazione è abbastanza semplice e non necessita di antiparassitari, anzi, i contadini spargono di semi i terreni coltivati per combattere parassiti ed infestazioni. Coltivare la Salvia Hispanica evita la necessita di pesticidi, perché gli insetti non si sentono attratti da questa pianta. Si può affermare che queste coltivazioni sono praticamente “ecologiche”, sotto tutti gli aspetti.
I semi maturi sono abbastanza piccoli, chiazzati di scuro, con vergature che ricordano pressappoco “le uova di un dinosauro in miniatura”. La loro colorazione è prevalentemente grigia nelle varie tonalità, con una maggioranza di sementi scure rispetto alle chiare, quasi bianche. Più raro è trovarle di un marrone vergato di nero. Il seme ha una buona capacità di conservazione: riesce a conservarsi integro per anni senza alcun deterioramento nel sapore, nell’odore, nel suo valore nutritivo. Esaminando la composizione dei semi di Salvia H. possiamo verificare il grande equilibrio dei suoi componenti nutritivi. Ecco le tabelle.
Dalle tabelle suesposte si ricava che le vitamine ed i Sali minerali della pianta contengono:
-7 volte più Vitamina C rispetto alle Arance
-5 volte più Calcio rispetto al Latte
-3 volte più Ferro rispetto agli Spinaci
-2 volte più Potassio rispetto alle Banane
-15 volte più Magnesio rispetto ai Broccoli
La Salvia Hispanica, inoltre, contiene il 64% di Omega 3 con ALA (acido alfa linoleico), abbondanti bioflavonoidi (antiossidanti), ed è la fonte di Omega 3 più sana, più sicura e più ricca del Mondo, è l’UNICO prodotto che fornisce grassi essenziali Omega 3 senza i problemi di gusto, odore, tossicità, irrancidimento e alto contenuto di grassi saturi. La Chia al naturale è quindi inodore e insapore. I semi di chia non contengono glutine (GLUTEN FREE) e non hanno controindicazioni note, sono dunque un ottimo alimento per i celiaci. Ovviamente sono atossici e sembrano essere ben tollerati a livello di allergeni.
Nell’alimentazione umana si può affermare che la chia, incredibilmente, possiede un tenore proteico più elevato rispetto alla gran parte degli altri semi similari. La sua consumazione diretta, fresca o secca, può essere anche fatta sotto forma di bevanda rinfrescante, saporita ed energetica. Si narra che gli antichi guerrieri Atzechi sopportavano le fatiche della guerra per ventiquattrore, alimentandosi con un semplice cucchiaio pieno di chia. Una volta macinato, il seme può essere trasformato in pane, torte, biscotti, e tostato può accompagnare tranquillamente le miscele di cereali da usare nel latte, esaltando il sapore del miele. Arricchisce anche lo yogurt, le salse, le barre nutrizionali ed il brodo vegetale.
Notevole anche il potere curativo e medicamentoso di questa pianta. Con i semi di chia, opportunamente preparati, si possono curare non pochi disturbi ed affezioni. Le sue proprietà terapeutiche erano già note agli Aztechi che utilizzavano la pianta come medicamento per alleviare gli stati generali di dolore, per stimolare la secrezione di saliva, per curare le irritazioni della pelle e per disinfettare occhi e ferite. Le proprietà terapeutiche della pianta risultano utili anche in medicina interna. I semi di chia, una volta ingeriti, sviluppano all’interno dell’intestino, un gel che si traduce in una barriera fisica fra i carboidrati e gli enzimi digestivi che li scompongono, ritardando così, la conversione degli stessi carboidrati in zucchero. Questa patina gelatinosa protegge anche il tessuto intestinale da un eventuale attacco batterico. Il beneficio diretto di questo gel è a chiaro appannaggio dei diabetici, ma le proprietà colloidali idrofile dei semi di chia aiutano anche la digestione di tutti gli alimenti.
Questi utilissimi semi possiedono anche una qualità eccezionale: un’altissima capacità idrofila, avendo la forza di assorbire fino 12 volte il relativo peso nell’acqua; pertanto, oltre a vantare proprietà d’idratazione prolungata, risultano utili anche per curare gli scompensi causati dal mancato equilibrio elettrolitico. L’utilizzo della chia risulta utile anche in gravidanza, durante l’allattamento e la crescita dei bambini, perché aiutano lo sviluppo dei tessuti. A tal proposito è somministrato anche agli atleti per una buona rigenerazione dei muscoli. Recenti studi hanno accertato che la salvia hispanica, è un buon “ritardante” nelle malattie connesse all’invecchiamento, nonché “benefica” per contrastare l’insorgenza del cancro, delle malattie cardiovascolari e delle cataratte. Senza dimenticare che svolge un’azione protettiva e stimolante anche sul sistema immunitario. Innegabile è il suo effetto equilibratore nei trigliceridi, con il conseguente beneficio sui livelli di colesterolo. Questi semi sono anche molto ricchi di fibre alimentari, capaci di intervenire positivamente (da alcuni sono considerati un toccasana) contro stipsi, gas e gonfiori.
La scienza moderna sembra aver “riscoperto” le innumerevoli virtù di questa antichissima risorsa alimentare ed i ricercatori oggi sostengono ed incoraggiano il consumo di chia, raccomandandone l’inserimento nell’alimentazione giornaliera della popolazione sudamericana, così come, in Europa, è stata e continua ad essere caldeggiata, la nostra dieta mediterranea.
I semi di Chia non soddisfano sono le esigenze alimentari umane. I suoi semi sono un ottimo complemento per l’alimentazione animale nell’allevamento. Si è constatato, curiosamente, che le uova delle galline alimentate con la chia hanno un acido grasso simile a quello trovato nel latte umano. Queste uova sono particolarmente ricche di Omega 3, insieme alle loro carni, acquisendo, quindi, un indubbio valore nutritivo aggiunto. La somministrazione della chia nei diversi tipi di allevamento da valore aggiunto anche alle carni di manzo, di maiale, nonché ai loro derivati come prosciutto, latte e formaggi.
Gli straordinari semi di Chia sono utilizzati anche a livello industriale. L’olio ricavato (molto simile all’olio di lino) risulta un ottimo componente per la fabbricazione di vernici e gomme. A beneficiare delle eccellenti qualità di quest’olio non è solo l’industria pesante ma anche quella per la “cosmesi”, per la cura e la bellezza del corpo, ultimo traguardo, in ordine di tempo e considerato un campo “vergine”, ancora tutto da scoprire! Un siero ricavato dai semi di Chia ha dato risultati straordinari per il ringiovanimento della nostra pelle. Le proprietà di questo prezioso siero, sembra fossero già state scoperte dalle antiche popolazioni Azteche e Maya, che con esso curavano e ringiovanivano le affezioni e l’invecchiamento della pelle. Oggi, opportunamente adattato alle nostre esigenze e necessità, il siero ricavato dai semi di Chia costituisce quasi un vero “toccasana” per il benessere, la vitalità, il rinnovo e l’elasticità della nostra pelle.
Che dire, cari amici, di questa straordinaria pianta, capace di soddisfare esigenze alimentari, dietetiche, curative e molte altre? Credo che dovremo incentivare la sua coltivazione ben oltre gli attuali confini. Da sardo, facente parte di un popolo che certamente non naviga nell’oro, credo che anche noi dovremo provarne la semina e l’utilizzo. Sono tante, ormai, le campagne incolte dove nessuno sembra interessato a piantarci più nulla. Chissà, forse, provare a seminare la Chia potrebbe essere un utile tentativo!
Per chiudere la chiacchierata su questo straordinario prodotto della natura ecco, ora, una “dolce” ricetta che potrà certamente far venire “l’acquolina in bocca” a tanti estimatori.
Chia Seed Pinole - Croccante ai semi di Chia e Mais
Questa ricetta per preparare dei buonissimi croccantini di Mais e semi di Chia deriva da un'antichissima ricetta messicana (Il nome Pinole è proprio messicano), che prevedeva l'uso di farina di mais tostata e semi di Chia. I leggendari corridori Tarahumara, li usavano per caricarsi di energia! Anche noi, però, possiamo sperimentare le sue leggendarie virtù: pur non essendo coltivato nelle nostre regioni il prodotto si trova in commercio senza problemi. Ecco la ricetta.
Ingredienti per circa 18 biscottini:
-1 Bicchiere di farina di Mais grezza (quella per la polenta)
-1 bicchiere di Semi di Chia
-4 cucchiai di Miele
-2 cucchiai di Acqua
-1 cucchiaino (da dessert) di Cannella
Preparazione:
Accendete il forno, preriscaldatelo mentre tostate il mais.
In una padellina (quella usata è in ceramica, la consiglio) tostate la farina di mais a fuoco medio, fino a che inizia ad imbrunire (tipico odore di popcorn). Mi raccomando, mescolate la farina ogni tanto, altrimenti si brucia quella sotto! Ora versate la farina di mais tostata (calda) in un contenitore, aggiungete i semi di Chia e la cannella, mescolate bene. Aggiungete 4 cucchiai (grandi) di Miele e due cucchiai (grandi) di Acqua. Mescolate bene fino ad ottenere una poltiglia abbastanza densa. Compattate il composto bene fino a formare un disco (se la teglia è tonda), sopra una teglia da forno (quella usata è da 22cm di diametro) fino ad ottenere uno strato abbastanza sottile di composto. Infornate il tutto nel forno preriscaldato ad una temperatura media (150 °C - 180°C) per 15 minuti! Attenzione, il miele deve solo imbrunire leggermente, ma non deve caramellarsi! Spostate la torta calda su un piano in marmo, oppure su un piatto largo freddo e tagliatela subito in fette, prima che diventi croccante e solida una volta raffreddata! Lasciate raffreddare, fino ad ottenere dei croccantini solidi e... BUONISSIMI!!!! Buon appetito!
Uno studioso, grande estimatore di questi semi ha recentemente cosi commentato: “ Semi di Chia, un alimento Ancestrale che dal passato ritorna al presente guardando al futuro”.
Grazie, cari amici, della Vostra sempre splendida attenzione!
Mario