Oristano
25 Aprile 2015
Cari amici,
poco importa se alla
fine, anche se con un certo sussiego, l’autorizzazione a portare il porcetto
sardo all’Expo di Milano, che a giorni aprirà i battenti, è arrivata: l’amaro
in bocca rimane. La lunga telenovela che per mesi ha riempito le pagine dei
giornali regionali e nazionali ha messo in rilievo con grande evidenza, che la
Sardegna era, è e rimarrà sempre colonia. I prodotti sardi, in tanti lo sanno,
sono particolarmente genuini ed apprezzati, e questo probabilmente crea fuori
dall’Isola non poco fastidio. Le colpe sono tante (non escluse, anzi
particolarmente da rimarcare, quelle degli stessi sardi), ma la Sardegna, purtroppo
per mille ragioni, sta continuando a morire ed i nostri giovani ad emigrare,
senza che nessuno muova un dito per cambiare la situazione. Andiamo, però, con
ordine e rivediamo insieme la telenovela del maialetto sardo, su “proceddu”,
prima rifiutato e poi…accolto all’Expo di Milano, seppur con riserva.
La Regione Sardegna questa
volta, per essere ben visibile all’Expo, aveva predisposto le cose per bene: ampia
la cifra stanziata, ben tre milioni e mezzo di euro, e tanto impegno, per
allestire a Milano una scintillante “vetrina sarda”, dove esporre il meglio dei
prodotti dell’Isola: pane carasau, vini particolari come il cannonau e il
vermentino, formaggi tipici, in primis il pecorino, oltre ad una grande varietà
di dolci ed alla bottarga, prodotto “unico”, particolarmente ricercato nella
penisola e all’estero. In vetrina, tra i prodotti da esporre il posto d’onore
sarebbe spettato al maialetto sardo, che avrebbe dovuto fare la parte del leone:
il nostro “proceddu” arrosto, delizia della tavola non solo sarda ma nazionale,
avrebbe fatto apprezzare al meglio, ai rappresentanti di tutto il mondo
partecipante alla Fiera, il valore dei nostri prodotti. Su quest’ultimo, però, è
presto calata la mannaia del diniego, il primo ferreo stop, sia da parte
nazionale che europea. La Sardegna, ha sostenuto subito il Ministro della
Salute Beatrice Lorenzin, non potrà presentare
il maialetto sardo a Milano, in quanto nell’Isola è ancora presente la peste
suina, per cui continua a permanere il
divieto (anche europeo) di esportazione di carni e salumi sardi.
La peste suina africana, pur non essendo
contagiosa per l’uomo, è presente in Sardegna e va debellata affinando i mezzi
per combatterla; gli interventi per l’eradicazione continuano, in particolare
nelle zone in cui i maiali vengono allevati allo stato brado, e di recente è
stato anche approvato un piano straordinario di eradicazione e controllo di
questo morbo. Sarebbe stato logico, stante questo impegno, esaminare fin da
subito e con il dovuto rispetto la richiesta della Sardegna, concedendo le
autorizzazioni, seppur con tutte le cautele necessarie. Eppure così non è stato.
Per una vetrina
internazionale come quella dell’Expò di Milano gli allevatori sardi si
aspettavano almeno una deroga, ma il Ministero della Salute e l’Unione europea,
hanno fin da subito risposto picche. Il diniego
ha acceso gli animi di tutti i sardi, in primis i rappresentanti politici, e “Su
Proceddu” è diventato subito un “caso” nazionale. Al ministro Beatrice Lorenzin
sono arrivate interrogazioni e richieste di chiarimenti da parte dei
parlamentari sardi, ma il maialetto sardo è rimasto off limits: nessuna deroga.
La battaglia dalle aule parlamentari e dai giornali si è spostata anche sui
social network con vivacissimi dibattiti, mentre anche le Associazioni degli
allevatori scendevano in campo per contestare le restrizioni. Il direttore
generale della Coldiretti Luca Saba, intervistato ha affermato: «Questa
è una storia allucinante: in questo modo si danneggiano le ottomila aziende che
rispettano alla lettera le regole e che allevano suini sanissimi e di ottima
qualità».
Anche l’Assessore regionale all’Agricoltura, Elisabetta
Falchi ha sostenuto che: «Sarebbe il colmo che sui banchi
dell’esposizione milanese trovassimo insetti e carni di tutto il pianeta, come
quella del coccodrillo, e che il suino isolano venisse lasciato alla porta. Non
si può escludere uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy».
L’Assessore Arru, a
nome di tutta la Giunta Pigliaru, riepilogando gli avvenimenti ha spiegato che fin
dal mese di Settembre dello scorso anno la Giunta aveva presentato un
protocollo al Ministero per ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione
dei nostri prodotti suini (da sottoporre alla termizzazione) al di fuori della Sardegna; questo perché, pur in
presenza della malattia tale trattamento termico devitalizzava il virus impedendo
ogni possibilità di diffusione ad altri suini. I prodotti termizzati infatti sono
ritenuti sani, sicuri e di ottima qualità. Per questa ragione il Ministero avrebbe
dovuto concedere la sua autorizzazione, e in questo modo il porcetto sardo sarebbe
stato presente e protagonista all'Expo di Milano. Il lungo braccio di ferro tra
Il Ministro Beatrice Lorenzin e l’Assessore alla Sanità Luigi Arru è durato a
lungo ed ha fatto scintille per giorni: al no espresso dalla Lorenzin («sulla peste
suina l'Ue non vuole correre rischi»), ha fatto seguito l'assessore Arru:
«Garantiamo che non ci sono rischi di diffusione della malattia, tocca a voi
decidere».
Alla fine della lunga
battaglia il sofferto si è arrivato. La richiesta di poter commercializzare i prodotti
suini sardi trattati termicamente è stata accolta dal Ministero della Salute,
che ha comunque predisposto un protocollo sperimentale per una spedizione
sicura delle carni precotte, provenienti dalle aziende della Sardegna e da
utilizzare in ambito Expo Milano 2015. Certo, quello arrivato dal Ministero è un sì con riserva e bisognerà
attivarsi concretamente per poter debellare definitivamente questo male e far
sì che i prodotti sardi possano finalmente circolare liberamente in tutto il
mondo. È la prima volta, dopo tre anni e cinque mesi di blocco totale delle
esportazioni, che un suino, per quanto precotto, può lasciare la Sardegna, in
virtù di questa speciale deroga concessa dal Ministero della Salute.
Cari amici, oggi 25
Aprile si festeggiano i 70 anni dalla “Liberazione”, ricorrenza che per noi
sardi, memori di un passato di sudditanza, ha un sapore ancora incompiuto. In
Sardegna la vera liberazione culturale e sociale, la reale autonomia e identità
del nostro popolo, concretamente non sono mai avvenute. La telenovela del
maialetto sardo, che ho voluto ripercorrere con Voi, ne è un esempio eclatante.
La Sardegna ha bisogno, anche in campo agro-pastorale, di darsi una mossa: è
tempo che allevatori, veterinari e politici decidano di lavorare sinergicamente
insieme, per creare le migliori condizioni di sviluppo dell’Isola; non solo,
dunque, provvedimenti tampone per debellare l'epidemia di peste suina, ma per
costruire una Sardegna fatta di Agricoltura e Pastorizia d’avanguardia: le
condizioni ci sono tutte! Se è pur vero che per secoli siamo stati col capo
chino (sudditi e non cittadini) è tempo che rialziamo la testa: La nostra isola
merita sardi attivi, concreti e determinati. Solo in questo modo i nostri
giovani potranno trovare un futuro più sereno e meno precario.
Cia a tutti.
Mario
1 commento:
non solo questo matrimonio non s'ha da fare, ma forse la paura della presunta peste suina che infesta i maiali sardi potrebbe riesumare il ricordo della famosa peste di manzoniana memoria!
Posta un commento