Oristano
3 Aprile 2015
Cari amici,
nel lungo percorso
dell’uomo, nella sua costante ricerca della perfezione e della libera e
pacifica convivenza, i comportamenti messi in atto sono stati catalogati e
costantemente censiti, in modo che si creasse un “modus operandi” corretto, che
fosse il migliore possibile e diventasse una vera e propria consuetudine. Da
questi studi, da queste dettagliate analisi, sono nate due grandi classificazioni,
in positivo e in negativo, definite sinteticamente “VIRTÙ” e “VIZI”, i primi
con l’appellativo di ‘Cardinali’ i secondi con quello di ‘Capitali’.
Le modalità
comportamentali virtuose, definite Virtù
Cardinali, erano già note ai filosofi antichi, in particolare al greco Platone, e, successivamente all’avvento del
Cattolicesimo, con la denominazione di “Virtù umane principali”, costituirono i
pilastri di una vita sociale dedicata al bene. Queste virtù erano quelle considerate ‘laiche’, per
differenziarle da quelle inerenti la sfera religiosa, che invece erano definite,
riguardando Dio, “Virtù Teologali”, in
quanto destinate a regolare la condotta umana in conformità alla fede.
Prima di addentrarci
nel “Mare Magnum” della filosofia del bene e del male, in particolare
rapportata alla vita odierna, cercheremo di riflettere insieme pere capire che
senso possano ancora avere nel 3° Millennio queste antiche virtù laiche; lo
faremo partendo dai concetti principali su cui si basano e che l’uomo, anche
odierno, dovrebbe possedere. Partiamo dalle virtù.
Le quattro umane Virtù Cardinali
sono state così definite: Prudenza,
Giustizia, Fortezza e Temperanza, comportamenti di vera rettitudine che
risultano strettamente connessi alle 3 virtù intellettuali: sapienza,
scienza ed intelletto. Vediamole in dettaglio con il loro significato.
La Prudenza, strettamente connessa alla Sapienza, rappresenta il modo
positivo di usare il nostro discernimento, in ogni circostanza, per fare il
nostro bene e quello degli altri, scegliendo i mezzi più idonei per
raggiungerlo. La Giustizia, invece, è
intesa nel senso di “dare a ciascuno il suo”: a Dio ciò che è di Dio e ai
fratelli quello che loro compete, in piena scienza e coscienza. Per Fortezza si intende la fermezza e la
costanza nella ricerca del bene comune, mentre per Temperanza si intende la moderazione dei piaceri terreni, che all’uomo
non sono esclusi, ma che debbono essere usati con il giusto equilibrio.
Passando dalle Virtù ai
Vizi, definiti per la loro importanza “Vizi
Capitali” (dal latino vĭtĭum = mancanza, difetto, ma anche
abitudine deviata, storta, fuori dal retto sentiero), essi rappresentano i
comportamenti anomali, trasgressivi, e per questo definiti anche peccati
capitali. Essi, contrapponendosi alle virtù, sarebbero in
grado di distruggere l’uomo, con la loro devianza, anziché promuoverne la
crescita. Sono definiti "Capitali" poiché ritenuti più gravi, in
quanto riguardanti la profondità della natura umana. La definizione di
"peccati capitali", nella morale filosofica e cristiana, risulta
tuttavia impropria, in quanto i vizi creano i presupposti (per peccare), mentre il
peccato ne è la risultante, cioè il suo effetto finale.
I Vizi ritenuti
Capitali sono 7: Superbia, Accidia,
Lussuria, Ira, Gola, Invidia e Avarizia. Già di per sé le stesse
denominazioni suggeriscono il deprecabile comportamento attuato. La Superbia, rappresenta l’ostentare le
proprie capacità (spesso solo millantate), sminuendo le qualità ed i meriti
altrui. L’Accidia, è invece quel
comportamento indolente e indifferente, che porta ad amare l’ozio e il
disinteresse, estraniandosi dall’essere attivi e partecipi. La Lussuria, che identifica l’amore per
i piaceri sessuali, comprende sia il comportamento che il pensiero, e il piacere diventa trasgressivo quando risulta preponderante e impedisce il normale svolgimento
delle attività.
L’Ira rappresenta le esplosioni di rabbia, e diventa patologica
quando supera i normali livelli di alterazione. La Gola, come ben sappiamo è la smodata passione per il cibo, ma non
solo: rappresenta il piacere di consumare le cose costose, che altri non
possono permettersi. Sull’Invidia,
poi, potremo scrivere un apposito libro! Tutto ciò che appartiene o fanno gli
altri ci dispiace e tormenta: anche la sola felicità degli altri è fonte di
grande frustrazione per l’invidioso; l’Avarizia, infine, non è solo l'usare con oculatezza il denaro ed i propri
mezzi: l’avaro applica un forte contenimento delle spese non perché esse non siano
necessarie, ma perché gli dispiace privarsi di ciò che possiede! Egli ama “possedere”
la sua ricchezza.
Cari amici, per oggi Vi
basti questa premessa, perché per esaurire l’argomento ci vorrebbero fiumi d’inchiostro!
Ho pensato, dopo essermi posto la domanda se Vizi e Virtù oggi nel Terzo Millennio imperante possano avere la
stessa valenza del passato, di riflettere con Voi, perché credo che col variare
dei tempi siano cambiati, anche di molto, certi valori! Per non annoiarvi cercherò di
fare diverse “puntate” di questo argomento, focalizzando, volta per volta, un Vizio o una Virtù, cercando di confrontare il presente con il passato. Spero, però, di annoiarvi troppo!
Per ora, Vi ringrazio
dell’attenzione…presente e futura!
Ciao a domani.
Mario
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