Oristano
8 Aprile 2015
Cari amici,
anche la Sardegna, grazie
a Dio, di pietre se ne intende, anche se non sempre diamo a questo materiale il
giusto valore che merita! La storia che voglio raccontarvi oggi ha proprio la
pietra come protagonista, anche se non è sarda ma salentina. Si, una pietra formatasi
nel Salento, la parte meridionale della nostra penisola, e che da secoli viene
utilizzata per le più svariate costruzioni. Trattasi della “pietra leccese” (in dialetto salentino leccisu), una bella pietra calcarea, la
cui formazione risale al periodo miocenico.
Questa roccia, tipica
della regione salentina, è ben nota per la sua facilità di lavorazione ma anche
per la sua fragilità all’usura del tempo. Di colore dal bianco al
giallo paglierino, presenta una grana compatta e molto fine, risultando di aspetto
molto gradevole. Questa pietra viene utilizzata da secoli sia in campo
architettonico che scultoreo, in considerazione della possibilità di essere
finemente lavorata, sia al tornio che a mano. Nel corso dei secoli ha contribuito
a realizzare prestigiose architetture, in particolare quelle del Barocco
leccese. Esempi significativi e pregiati realizzati con questa pietra sono i
fregi, i capitelli, i pinnacoli e i rosoni che decorano molti dei palazzi e
delle Chiese di Lecce, come ad esempio il palazzo dei Celestini, l'adiacente
Chiesa di Santa Croce, il Duomo e la Chiesa di Santa Chiara.
Il tallone d’Achille di
questa pietra è, però, la sua fragilità all’usura del tempo. Sensibile
all’acqua ed agli agenti atmosferici, si sfalda e sbriciola, cancellando la
bellezza di importanti capolavori del passato. Grazie, però, alla caparbietà ed
alla competenza di tre donne salentine questo degrado può essere fermato.
Queste intelligenti ricercatrici hanno trovato una valida soluzione per fermare
il continuo degrado delle opere realizzate con questa pietra. Un brevetto tutto
“rosa”, quello realizzato dalle tre ricercatrici dell’Università del Salento,
una vera e propria grande rivoluzione: “l’invenzione
di un protettivo ibrido organico-inorganico, nano strutturato e foto-polimerizzabile,
trasparente, traspirante ed ecologico”.
L’innovativo prodotto
brevettato dall’Università è stato chiamato “Hybrid”, in quanto realizzato con l’utilizzo di due componenti: uno
organico e l’altro inorganico. Ecco come lo spiega Maria Enrica Frigione, professoressa associata di Scienza e
Tecnologia dei materiali, che ha diretto il gruppo di ricerca formato da altre
due donne (Carola Esposito Corcione e
Raffaella Striani, rispettivamente
ricercatrice in Principi di Ingegneria Chimica e
dottoranda del corso in Ingegneria dei Materiali e delle Strutture): “Sappiamo
quanto le Chiese del Salento soffrano del degrado della pietra, dovuto agli
agenti atmosferici, ma anche quanta manutenzione necessitino le abitazioni costruite
con questo materiale bello e fragile. […] Il prodotto è nano-strutturato, cioè
le sue componenti hanno dimensioni nanometriche e questo permette ad Hybrid di
non alterare la naturale cromia della pietra, ed è foto-polimerizzabile, ossia
capace di indurirsi dopo l’applicazione in poche ore alla luce, anche solare”.
L’applicazione
dell’innovativo prodotto risulta abbastanza semplice: Hybrid viene applicato
sulla pietra in forma liquida, ma poche ore dopo crea sulla superficie
trattata una pellicola solida, impedendo sia l’ingresso di acqua che di altre
sostanze liquide, tutti fattori questi che ne determinano il degrado. Inoltre
il prodotto non impermeabilizza totalmente la pietra, poiché le consente di
respirare, e quindi di far fuoriuscire il vapore acqueo eventualmente
intrappolato. Nessuna alterazione, inoltre, viene apportata all’aspetto
esteriore della pietra: essendo Hybrid trasparente, nulla cambia rispetto alla
precedente vista del manufatto dove è stato applicato. Infine il prodotto risulta
anche ecologico, in quanto non contiene solventi e non è tossico né per l’uomo
né per l’ambiente.
Hybrid, dunque una
soluzione moderna ad un problema antico, se pensiamo che in passato gli
scultori dei secoli scorsi trattavano la pietra con il latte! Nel periodo
barocco, infatti, per rendere la pietra più resistente, questa veniva spugnata
o immersa completamente in un liquido a base di latte, in modo da far penetrare
al suo interno il lattosio, che avrebbe creato una sorta di strato
impermeabile. Il brevetto di Hybrid è di proprietà dell’ Università del
Salento, ed è stato registrato grazie a un voucher finanziato dall’ARTI, l’Agenzia Regionale per la Tecnologia
e l’Innovazione della Regione Puglia.
La sua licenza d’uso è stata già acquistata da un’azienda salentina (la
Dell’Anna - Muia Srl – Prodotti e Soluzioni per l’edilizia, di Copertino), che
è pronta a mettere in commercio l’interessante nuovo prodotto.
Cari amici, come ho
spesso ripetuto la capacità creativa delle donne non è seconda di certo a quella
degli uomini: anzi personalmente ho sempre creduto il contrario! Le donne
Sarde, matriarche per eccellenza, credo che possano e debbano essere
protagoniste nella tanto agognata rinascita di questa nostra Isola, troppo a
lungo trascurata e considerata cenerentola! Molte colpe, però, più che
attribuirle ad altri (non sardi), dovremmo prendere atto che sono solo nostre.
Ciao, a domani.
Mario
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