martedì, aprile 28, 2015

UNA VIRTÙ DA RISCOPRIRE: LA TEMPERANZA. PRATICARLA SIGNIFICA MODERARSI, SAPERSI DOMINARE.



Oristano 28 Aprile 2015
Cari amici,
i corsi e i ricorsi della storia ci hanno insegnato che ad un periodo di abbondanza ne segue, alternativamente, uno di austerità. Il percorso dell’uomo  è costellato di alti e bassi, e, secondo il mio punto di vista, quello che stiamo attraversando è certamente un periodo austero, anche se certamente diverso da quelli del passato, perché tutto cambia, nulla può ritornare indietro, ed i miglioramenti o i peggioramenti saranno, comunque, vissuti in maniera diversa rispetto alle epoche precedenti.
Ho fatto questa introduzione per completare il discorso, iniziato ai primi di questo mese, sui vizi e le virtù che connotano l’operato umano: siamo arrivati ora alla quarta virtù, la Temperanza, che completa il quadro delle Virtù Cardinali. Temperanza, ultima virtù ad essere trattata, ma non per questo meno importante delle tre precedenti, perché essa al suo interno contiene i semi capaci di poter meglio governare anche le altre. Esaminiamola, dunque, nel dettaglio.
La Temperanza (in latino temperantia) è la Virtù che consente di dominare e regolare gli impulsi ancestrali dell’uomo, gli istinti spontanei, spesso irrazionali che lo assalgono in quanto insiti nella sua natura. Virtù che sta ad indicare moderatezza e sobrietà, in quanto capace di moderare le varie attrattive del piacere, le diverse tentazioni terrene, rendendo l’uomo equilibrato sia nel comportamento che nell'uso della cose terrene. Se l'uomo, come l'animale, seguisse liberamente le sue pulsioni (che la Chiesa indica come derivate dal peccato originale), finirebbe per diventare schiavo delle sue bramosie e delle sue passioni.
Virtù, la Temperanza, che si estrinseca dunque non solo nei comportamenti sociali ma anche nella gestione economica delle risorse. La temperanza è stata ben praticata dalle passate generazioni, orientando l’uomo verso il consumo parco e morigerato e, di conseguenza, generando quelle quote di risparmio che hanno permesso il successivo sviluppo economico. Oggi invece la Temperanza è un comportamento quasi sconosciuto: la definizione è praticamente uscita dal nostro vocabolario per lasciare spazio al suo opposto: l’intemperanza. La nostra attuale cultura economica, che poggia sul maggior consumo possibile, poggia proprio sul suo opposto: quell’intemperanza frutto dell’intreccio di avarizia e gola, che porta l’uomo a sottrarre preziose risorse agli altri, se pensiamo che in tanti vivono in zone del mondo caratterizzate da una grande scarsità di risorse. Questo incredibile abuso-spreco dei beni da parte di chi ha in abbondanza, è una delle cause della fame nel mondo: ciò che io consumo come superfluo è quanto invece manca all’altro come necessario.
La Temperanza ha iniziato a perdere valore con la seconda rivoluzione industriale del 1.900, quando con l’avvio della produzione di massa ci si illuse che l’era della scarsità delle risorse fosse terminata e il mondo fosse approdato nell’Eden della infinita riproducibilità dei beni. Con un mondo considerato pieno di risorse potenzialmente illimitate, scomparve l’oculatezza dei consumi e con essa anche la Temperanza finì per soccombere. L’illusione dell’illimitatezza delle risorse, però, svanì ben presto: prima l’ambiente, poi le energie e l’acqua, cominciarono a manifestare le problematiche che ben conosciamo, ma l’insensibilità umana, anziché ripristinare  vecchi valori, continuò a dare vita allo spreco, alla mancanza di sobrietà e oculatezza, rendendo il mondo sempre più compromesso.
Ormai il termine temperanza è diventato così obsoleto, che il suo significato si è trasferito alle azioni ripetitive, a volte quasi banali, che effettuiamo solitamente: è usato per indicare l’azione di fare la punta alle matite, per indicare le variabilità del clima, per distinguere le scale musicali o per il clavicembalo di Bach. Significato, cari amici, ben diverso da quello che in precedenza indicava una virtù difficile da praticare: educazione all’austerità, moderatezza e sobrietà nel bere, nel mangiare, nella bramosia per il denaro, per le ricchezze, per le passioni fisiche, per il piacere di esternare ed esercitare il proprio potere sugli altri!
Josemaría Escrivá De Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei, oggi santo, così predicava alle famiglie: “Abbiate il coraggio di educare all’austerità,  altrimenti, non otterrete niente”. Praticare la Temperanza rende la persona realmente padrona di se stessa, la migliora nella sensibilità e nell’affettività, nei gusti e nei desideri, nelle tendenze più intime del suo Io: in definitiva, rende la persona capace di maggiore equilibrio nell’uso dei beni materiali e in grado di aspirare ad una vita santa. Proprio per questa ragione, secondo san Tommaso, la temperanza è il valore base della vita onesta e morigerata, permeata di sensibilità morale e spirituale.
Cari amici, credo che non ci sia bisogno di aggiungere altro, se non che è tempo che questa Virtù torni ad essere praticata senza timore. 
Con questa quarta virtù, termina la riflessione sulle Virtù Cardinali. Successivamente inizieremo (credo tra qualche giorno) ad esaminare “I VIZI CAPITALI”, i sette comportamenti trasgressivi che l’uomo si trascina fin dagli albori della sua esistenza.
A domani.
Mario


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