Oristano
7 Aprile 2015
Cari amici,
Pasqua, appena
trascorsa, è una di quelle festività che vengono vissute “in famiglia”, luogo dove lo stare insieme evidenzia la coesione, l’unione
e l’affetto che lega i componenti. Il nucleo familiare è qualcosa che lega intimamente
in modo duraturo, spesso per sempre. Ebbene, immaginatevi i bambini che, per i
motivi più vari, si trovano a trascorrere la loro infanzia in Case Famiglia,
senza quell’amore genitoriale del babbo e della mamma, linfa vitale che fa
crescere più di ogni altra cosa. Pensate alla loro intima solitudine, al
trascorrere dei giorni con un desiderio che non si spegne: avere quell’affetto
esclusivo che a loro manca. Per questi bambini
i giorni di festa sono ancora più tristi e vuoti.
Nelle mie quotidiane
scorribande su Internet sono incappato in questa storia di affido familiare che l’Associazione Caf Onlus di Roma ha voluto raccontare, che ha voluto mettere in
rete “senza fronzoli”, nuda e cruda, senza aggiungere o nascondere niente.
Credo che meriti di essere raccontata.
Una
Storia di affido familiare.
Oggi
abbiamo scelto di farlo attraverso una storia. Un racconto che nasce dalla
riflessione degli educatori di Comunità e dall’esperienza degli educatori che
seguono i progetti di sostegno agli affidi dell’Associazione CAF. Un racconto
che parla delle emozioni e dei pensieri con cui spesso i bambini si avvicinano
all’incontro con la famiglia affidataria scelta per loro. Un racconto che è la voce stessa dei bambini. Perché molto di
quello che sappiamo dell’affido lo abbiamo imparato da loro: ascoltandoli,
osservandoli, accompagnandoli in questa nuova e straordinaria opportunità di
vita che è l’Affido. Una porta che si apre.
“Hanno
trovato la famiglia affidataria - cavoli, era ora - è una vita che aspetto! Ora
c’è! Non mi sembra vero. Tocca a me, finalmente tocca a me! Sono in Comunità da
tre anni e ho 11 anni. Gli altri bambini qui mi dicono che, se sei grande,
nessuno ti vuole. In effetti da quando sono qui ho visto andare via con la
famiglia affidataria solo bambini più piccoli di me. Quanti erano? 5, forse 6?
sì 6! Francesco, Antony, Sara, Jenny, Davide e Mamud.
Mi
sembravano contenti, anche se qualche volta, la sera, li ho sentiti piangere
con gli educatori. Mi ricordo che Sara quando arrivavano gli affidatari per
venire a prenderla si chiudeva in camera, non voleva andare - chissà perché? -
io le dicevo ‘dai vai, poverini sono venuti qui per tè. Quanto hanno sudato gli
educatori per convincerla! Poi quando rientrava, dopo che era stata con loro,
aveva una faccia così bella, non l’avevo mai vista così. Mi sa che stava bene. Chissà
come saranno gli affidatari, mi ha detto l’assistente sociale che si chiamano
Cristina e Giorgio.
Bè
come nomi non sono male, ma loro come saranno? Me li ha descritti, ma non
riesco bene ad immaginarmeli. Speriamo che non siano troppo vecchi, ma un po’
esperti sì. Se no come se la cavano con una come me? Quando voglio faccio
proprio un casino pazzesco. Mi parte un fuoco dentro e esplodo. Speriamo che
con loro non mi capiti, devo mettercela tutta!! Speriamo che non si arrabbino,
che non urlino. Quando sento gridare mi tornano in mente un sacco di ricordi
brutti. Chissà se ce la farò? Chissà se andrò bene? Ho un po’ paura che se
vedono come sono veramente non mi vogliano più. Chi se ne frega! Sono come sono
e se gli va bene, bene, altrimenti resto qui e basta. Che casino!
Mai
una cosa che fili liscia in questa mia vita!…e la mamma? Cosa farà la mia
mamma? Mi hanno detto che è d’accordo con questa cosa dell’affido. Che sa che
ancora non può farcela ad occuparsi di me. Ma è poi così difficile occuparsi di
me? Cosa ho che non va? Sì, sì, dice che è d’accordo ma io la conosco,
piangerà. Sono sicura che piangerà. Sto così male quando la vedo piangere. A
volte mi sembra quasi di odiarla quando piange. Vorrei dirle “Non piangere!
Vedrai che ce la faremo. Ti vorrò sempre bene”. Ma a volte sono così arrabbiata
con lei - che fatica!
La
capiranno gli affidatari tutta questa storia incasinata?? Maria, la mia
educatrice preferita, dice di sì. Dice che ci vorrà tempo per conoscersi, che
potranno anche esserci delle difficoltà, ma che le difficoltà si affrontano e
si possono superare. Ognuno deve fare la sua parte. Forse è vero. Come vorrei
che fosse vero. Dice che ha conosciuto Cristina e Giorgio e che sono simpatici.
Hanno un gatto. Io adoro i gatti. E Cristina ama cucinare, anche le lasagne. Io
adoro le lasagne! Maria dice che la mamma ha già conosciuto Cristina e Giorgio.
Era emozionata, ma non ha pianto. È andata bene, meno male! Mi mancherà Maria.
Mi piace parlare con lei, ha un tono di voce calmo che mi rilassa e sorride.
“Allora
domani è il gran giorno! È un altro passo - dice Maria” ... e che passo dico
io! Una porta che si apre finalmente. Per me! Nello scrivere questo breve
racconto abbiamo pensato ai molti bambini che in tanti anni di attività abbiamo
accompagnato a vivere l’emozionante, impegnativa e decisiva esperienza di
essere accolti in una famiglia affidataria, ma anche ai molti altri che ancora
attendono speranzosi dietro a quella porta.
Gli
educatori dell’Associazione CAF.
Cari amici, non ho
parole per commentare il breve racconto degli educatori che hanno voluto mettere
in rete queste riflessioni maturate in anni di esperienza. Personalmente sono
un genitore che ha adottato, trent’anni fa circa, un bambino di 2 anni che oggi
ne ha più di 30. È stata un’esperienza meravigliosa, che ho già avuto modo di
raccontare…
Ciao, amici e grazie
della Vostra sempre gradita attenzione!
Mario
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