Oristano
15 Giugno 2014
Cari amici,
la Sardegna è terra
antica, sotto certi aspetti unica al mondo. L’origine della vita nella nostra
Isola ha seguito la sua evoluzione geologica: inizialmente era parte integrante
del Continente Euroasiatico, insieme alle Isole Baleari e alla Corsica, e costituiva
la naturale appendice geologica dell’attuale Provenza meridionale; flora e
fauna sarda, fino ad allora, seguivano quindi la stessa evoluzione del Continente
Europeo.
Circa 100 milioni di anni fa, gli eventi geologici che coinvolsero i Continenti
Africano ed Euroasiatico, originarono la frattura che, dall’attuale Catalogna,
si estendeva sino alla regione ligure. Circa 70 milioni di anni dopo, questa
frattura ha provocato il distacco di due “micro placche”, da cui nacquero le
isole Baleari, la Sardegna e la Corsica. A seguito del distacco della placca
sardo-corsa l’assenza di contatto col Continente ha causato quel “ciclo
evolutivo differenziale”, sia della fauna che della flora, che ha prodotto
alcuni “paleo endemismi”, derivanti dalla conservazione di elementi ancestrali
che invece, nel Continente, si erano già estinti, oltre che ad un più cospicuo
numero di “neo endemismi”, provenienti dall’evoluzione differenziale, con la
nascita di sottospecie o di specie nuove.
Ho voluto introdurre
questa mia riflessione, partendo proprio dall’evoluzione della biodiversità
della nostra Isola, per far comprendere ancora meglio, a chi mi legge, che “I
semi sardi” devono restare patrimonio della Sardegna, e nessuno deve, a man
bassa, raccoglierli per farne gli usi (commerciali) più disparati.
In questo
senso ho apprezzato molto il forte intervento dell’Assessore all’Agricoltura
Elisabetta Falchi che, d’imperio, ha revocato il precedente Si espresso dall’Agris alla Società di ricerche olandese
Rijk Zwaan, colosso mondiale del settore agricolo, che intendeva “studiare a
fondo” (per poi magari modificarne l’antico DNA) tutta una varietà di nostri semi,
ormai praticamente unici a livello mondiale. Il giusto intervento dell’Assessore
Falchi, era ovviamente finalizzato a proteggere la nostra natura unica, e di
conseguenza accelerare l’iter per l’istituzione di una “Legge di tutela” della
nostra biodiversità, cosa, purtroppo, ancora mancante.
In precedenza AGRIS, l'Agenzia
della Regione sarda per la ricerca scientifica, la sperimentazione e
l'innovazione tecnologica nei settori agricolo, agroindustriale e forestale,
aveva dato il via libera alla società Rijk Zwaan per la raccolta, nel prossimo Luglio, dei
semi di 37 verdure tipiche.
Scopo della società olandese quello di studiare in laboratorio gli antichi semi sardi, che avrebbero
certamente dato origine a nuove “sementi ibride” con caratteristiche di maggiore
resistenza agli attacchi batterici ed economicamente più adatte al mercato
agricolo. La precipitosa autorizzazione avrebbe costituito un pericoloso “regalo”, sarebbe stata uno “svendere”
la nostra biodiversità, facendone dono, senza contropartita, alla multinazionale straniera. Cosa
questa, purtroppo, già avvenuta in passato con i semi di una certa varietà di pomodoro, che,
successivamente modificati in laboratorio, ora circolano brevettati sul mercato ad alto
prezzo; anche con una varietà di trifoglio, anch’esso originato da un ibrido a base
sarda, si è ripetuta la stessa procedura: i semi, successivamente modificati, sono stati messi in commercio ad alto prezzo da una società
australiana.
Cari amici, continuare
a regalare credo che significhi continuare ad impoverirci; vogliamo continuare
a donare le specificità della nostra Sardegna senza alcun ritorno economico? Penso
proprio di no. E’ certamente necessario avviare quanto prima l’iter legislativo
per emanare una legge che protegga la nostra particolare agro-bio-diversità. In passato ci furono diversi tentativi di protezione (l'ultima propostadi legge è del 2010), ma si arenarono nei
meandri degli uffici regionali e non riuscirono mai a diventare legge. Spero che la
Giunta Pigliaru, ora, non si tiri indietro e porti avanti con determinazione questa
giusta legge; il secco no espresso dall’Assessore Falchi alla concessione alla multinazionale
olandese, sembra proprio confermarlo. Intervistata sul suo no alla concessione,
la Falchi ha ribadito la necessità di mandare avanti con grande celerità la
legge sulla protezione dell’agro-bio-diversità, aggiungendo: “Quanto
prima avremo il registro delle varietà sarde e la certezza di poterle tutelare;
allora potremo fare accordi di ricerca con le Università e con chiunque sia
interessato a studiare le caratteristiche delle nostre specie. Però alle nostre
condizioni”.
Cari amici, sapete tutti
quanto Io mi senta sardo e quanto tenga alla salvaguardia della nostra Isola. Sono
felice che nessun razziatore, nè olandese, nè australiano, nè comunque straniero, si
appropri dei nostri semi, come fossero “res
nullius”, li modifichi e poi ce li riporti modificati, a caro prezzo! Sono felice che
la lattuga del Montalbo, con le sue belle foglie frastagliate, il finocchietto
selvatico del nostro Sinis, cosi come molte altre varietà continuino a
svilupparsi in Sardegna in totale libertà. Sarà compito proprio dell’AGRIS,
delle nostre due Università, ed eventualmente anche di altri partner stranieri,
studiare, insieme, l’evoluzione di queste varietà per poi rimetterle sul mercato.
In questo caso il valore aggiunto rimarrebbe in Sardegna e non…prenderebbe il
volo!
Cari amici, credo che il
tempo delle innumerevoli politiche di rapina del nostro territorio, in tutti i campi,
sia
ormai giunto al termine. E’ tempo che i sardi si riapproprino del loro
territorio e orgogliosamente lo difendano da tutti i predoni, presenti e futuri.
Non convinciamoci, in modo pilatesco, che ci debbano pensare sempre “gli altri”: ognuno di noi deve sempre e comunque fare
la sua parte!
Grazie a tutti dell’attenzione.
Mario
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