Oristano
29 Giugno 2014,
Cari amici,
l’invito, martellante da più parti, di “riempire il piatto” con prodotti a Kilometro Zero, non è solo uno slogan tirato su dai produttori locali, con la prospettiva per il consumatore, di risparmiare sui costi. Ci sono motivazioni ben più serie che sarebbe opportuno conoscere meglio, per poter verificare con attenzione il prodotto che tutti i giorni finisce sulle nostre tavole.
l’invito, martellante da più parti, di “riempire il piatto” con prodotti a Kilometro Zero, non è solo uno slogan tirato su dai produttori locali, con la prospettiva per il consumatore, di risparmiare sui costi. Ci sono motivazioni ben più serie che sarebbe opportuno conoscere meglio, per poter verificare con attenzione il prodotto che tutti i giorni finisce sulle nostre tavole.
La globalizzazione dei
mercati agricoli ha immesso in circolo tutta una serie di prodotti alimentari privi delle
certificazioni più elementari, accertando solo dopo, a posteriori, che
abbiamo consumato cibi stracarichi di veleni, con seri rischi per la nostra
salute. Allarme
veleni, dunque, che finiscono continuamente e silenziosamente nel nostro piatto! Gli esperti hanno
accertato, per esempio, che i peperoncini provenienti dal Vietnam, ma anche i
cachi coltivati in Israele, le lenticchie provenienti dalla Turchia e le arance
dell'Uruguay, erano tutti prodotti carichi di sostante contaminanti. La
Coldiretti ha recentemente reso nota la classifica dei dieci cibi di
importazione più contaminati da sostanze potenzialmente pericolose per la
salute.
Le elaborazioni sono
state condotte dalla Coldiretti su dati Efsa.
In cima alla lista dei cibi più contaminati troviamo il peperoncino proveniente
dal Vietnam. E' il prodotto meno sicuro in vendita in Italia. Il 61,5% dei
campioni di peperoncino analizzati è risultato irregolare per la presenza di
residui chimici indesiderati. L'Italia nel 2013 avrebbe importato ben 273.800
chili di peperoncino dal Vietnam per la realizzazione di sughi tipici, per
insaporire l'olio o per condire la pasta, senza fare preventive analisi e
conseguentemente senza dare alcuna informazione di pericolosità ai consumatori.
La globalizzazione,
oltre che aver reso assolutamente poco competitiva la nostra agricoltura ha
fatto salire in modo anomalo le importazioni: in Italia queste hanno raggiunto
la cifra record di 39 miliardi di Euro nel 2013, con un aumento del 20%
rispetto al 2007.
Il rischio per il consumatore, per i prodotti provenienti da
Paesi dove certi prodotti chimici sono permessi, è che, a fronte di un prezzo
più basso, ben più alta è la tossicità dei residui chimici in eccesso rimasti
sul prodotto. Residui tossici che si trovano sui prodotti alimentari più disparati: dalle melagrane alle foglie di
tè, dai fagioli ai cachi, dalle ananas al frutto della passione, dal riso al grano, tutti
provenienti da Paesi esteri, dove evidentemente l'utilizzo di prodotti
fitosanitari in quantitativi elevate o usati in modo scorretto ha portato alla
permanenza di residui eccessivi, e quindi pericolosi, sui cibi destinati alla vendita.
Secondo la Coldiretti,
il pericolo di consumare cibi contaminati colpisce ingiustamente soprattutto
coloro che dispongono di una ridotta capacità di spesa; questi, a causa della
crisi, sono costretti ad approvvigionarsi di alimenti a costo più basso, dietro i
quali spesso si nascondono ricette modificate, l'uso di ingredienti di diversa
qualità o metodi di produzione alternativi. Dall'inizio della crisi sono più
che triplicate in Italia le frodi a tavola con un incremento record del 248%
del valore di cibi e bevande sequestrati perché adulterati, contraffatti o
falsificati.
La Coldiretti,
seriamente preoccupata, ha voluto sottolineare che: "In questo contesto è
importante la decisione annunciata dal Ministro della Salute, On. Beatrice
Lorenzin, di accogliere la nostra richiesta di togliere il segreto e di rendere
finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti
dall'estero per far conoscere anche ai consumatori i nomi delle aziende che
usano ingredienti stranieri per poi magari parlare di Made in Italy nelle
pubblicità".
Cari amici, non era
ironia la mia battuta iniziale di consumare, quando possibile, alimenti a “Kilometro Zero”. Ci sono Paesi dove le
regole commerciali non sono certo simili alle nostre, i controlli sono superficiali
o inesistenti, e la salute del consumatore non è proprio tutelata. Credo che
rivalutare il prodotto locale non sia solo fonte di risparmio per l’assenza di
costi di movimentazione e di trasporto, ma anche motivo di ritrovata sicurezza,
conoscendo bene sia i luoghi di produzione che la serietà dei produttori,
garanzie queste che tutelano bene la nostra salute, oltre che il nostro
portafoglio.
Pensiamoci bene, cari
amici, e preferiamo il kilometro zero, perché i veleni, come ben sappiamo
tutti, sono cose con cui è meglio non scherzare troppo!
Ciao!
Mario
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