Oristano
25 Giugno 2014
Cari amici,
il mercato del falso
fattura in Italia 7 miliardi di euro l’anno. E’ un dato che fa riflettere e la prima
domanda che sorge spontanea è: “quanto incide la contraffazione in termini di
posti di lavoro e mancato gettito fiscale, compreso l'indotto?”.
Il Rapporto
del Censis sull'impatto della contraffazione sulla nostra economia ha cercato
di dare una risposta, settore per settore.
Il mercato della
contraffazione fattura globalmente 6,9 miliardi di euro. Il segmento più
fiorente riguarda abbigliamento e accessori, con un giro d’affari da quasi 2,5
miliardi. Seguono cd, dvd e software, 1,8 miliardi, e i prodotti alimentari,
1,1 miliardi di euro. Relativamente ingenti anche i ricavi da altri settori,
come gli apparecchi e materiale elettrico (sopra i 600 milioni), orologi e
gioielli, circa 450 milioni e il materiale informatico, 243 milioni; intorno ai
100 milioni il fatturato di profumi e cosmetici (qui il fenomeno più che la
falsificazione dei marchi prevede un’importazione parallela di prodotti che
vengono commercializzati in Italia), e quello dei pezzi di ricambio auto. Infine,
ci sono mercati illegali più ridotti, ma pur sempre esistenti, sui giocattoli
(quasi 30 milioni) e su un settore delicato come quello dei medicinali (20 milioni).
Questo mercato
parallelo della falsificazione crea un impatto fortemente negativo sull’economia
legale: se i prodotti contraffatti fossero venduti sul mercato legale risulterebbe
una maggiore produzione per 13,7 miliardi, e un valore aggiunto di 5,5
miliardi. Significherebbe anche, in termini occupazionali, 110 mila di posti di
lavoro a tempo pieno in più. Inoltre, la produzione aggiuntiva sarebbe in grado
di attivare importazioni (materie prime, semilavorati, servizi dall’estero) per
4,2 miliardi. A tutto questo si aggiunge che il mercato dei prodotti
contraffatti genera un mancato gettito fiscale di 1,4 miliardi, calcolando le
sole imposte dirette e di 4,6 miliardi, contando anche le imposte indirette.
Il mercato illegale dei
falsi si estende a macchia d’olio su diversi fronti: contraffazione dei marchi,
ma anche del design (pratica diffusa nella pelletteria, nell’arredamento e nell'illuminazione), abuso della dicitura Made in Italy o di analoghe indicazioni di
origine (qui il settore più colpito è quello alimentare), a cui si aggiunge
l’importazione parallela (in particolare nel settore dei cosmetici). Anche i target di riferimento
sono coperti da imitazioni differenziate: c’è il mercato delle imitazioni più
grossolane, vendute a prezzi molto bassi, e quello, invece, del falso d’autore,
maggiormente sofisticato, per consumatori più esigenti. Le copie italiane sono
generalmente di migliore fattura rispetto a quelle cinesi o comunque di
fabbricazione estera, e vengono vendute a prezzi maggiori. Nella pelletteria,
ad esempio, esiste un mercato dei falsi di pregio, con tanto di certificati di
garanzia e di autenticità, tagliandi con codici dei prodotti, scatole e bustine
con impresso il marchio della griffe, libretti esplicativi della storia del
marchio. In questo modo è sempre più difficile distinguere l’imitazione dal
prodotto originale.
I canali di vendita di
questa immensa montagna del falso sono molteplici: bancarelle, ambulanti,
negozi, siti internet. Diverse, da parte del consumatore, le spinte
all’acquisto di prodotti di questo tipo, tra cui il prezzo basso e il bisogno
di “esibire” un prodotto griffato, che mai si sarebbe potuto comprare. Lo
studio del Censis mette in evidenza anche il fattore psicologico: evidenzia
come il consumatore non ritenga, acquistando merce contraffatta, di aver commesso un atto “sbagliato”, dannoso
per l’economia, ma anzi spesso pensa di aver fatto un affare, in un contesto di
mercato in cui i prezzi sono percepiti come troppo alti. Secondo il Censis,
accanto alle azioni repressive e sanzionatorie sarebbe opportuno garantire
un’adeguata informazione e sensibilizzazione, rivolta soprattutto ai giovani,
che metta in luce i danni causati all’economia del Paese e, sopratutto, la costante
alimentazione della criminalità organizzata (che in gran parte controlla il
mercato illegale), argomento quest’ultimo verso il quale i consumatori giovani mostrano
una maggiore sensibilità.
Cari amici, ciascuno di
noi vive a modo suo una situazione economica realmente fragile come quella che stiamo
attraversando. I falsi, è vero, sono sempre esistiti e l’Italia è certamente uno dei
Paesi che ha sempre avuto grande dimestichezza con la falsificazione, avendo
sempre annoverato fervide menti capaci di falsificare un po’ tutto. Questo,
però, non ci esime dall’acquisire una nuova sensibilità, dal pensare che la
nostra economia dovrà garantire anche il
futuro dei nostri figli, messo a rischio da un’economia “globalizzata”, che non
fa sconti a nessuno. Pensiamoci.
Personalmente sono
stato sempre convinto che anche l’apertura globalizzata dei mercati senza una
graduale applicazione delle liberalizzazioni, sia stata troppo precipitosa. Senza considerare gli effetti
perversi che sarebbero ricaduti sull’economia di molti Paesi, si sono aperte le porte alla deregulation: incentivando così anche fenomeni come quello della falsificazione. Ma, ormai, indietro non è certo possibile tornare!
Credo che, se vogliamo
bene alle generazioni future, ci sia molto da meditare, da parte di ciascuno di noi…
Grazie dell’attenzione.
Mario
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