Oristano 27 dicembre 2025
Cari amici,
Che di generazione in
generazione ci sia sempre stata una certa evoluzione è un dato indiscusso! Ogni
nuova generazione, rispetto a quella precedente, si modifica, si evolve, sia culturalmente
che tecnologicamente, cambiando i precedenti modelli tradizionali. Un’evoluzione
che spesso può, però, non significare un miglioramento lineare: le nuove
generazioni, infatti, si trovano ad affrontare sfide diverse, con risorse
mentali inadeguate, che comportano delle conseguenze, come ansia e depressione,
che li rendono meno capaci di affrontare le nuove sfide che si trovano davanti.
La Psicologia, che studia
da tempo questo fenomeno, ha accertato che chi è cresciuto negli anni ’60 e
’70, secondo i dati ufficiali, ha sviluppato diverse forze mentali oggi sempre
più rare, praticamente assenti nelle generazioni successive. L’evidenza
psicologica è netta: chi ha respirato l’aria degli anni ’60 e ’70 custodisce risorse
mentali che l’era touch fatica a replicare. Oggi quelle abilità tornerebbero utili
come coltelli affilati in cucina! Capirle in fretta significa capire perché
certi boomer restano ancora un passo avanti.
L’interessante ricerca portata
avanti quest’anno dal tedesco Max-Planck Institut (I Max Planck Institut
sono oltre 80 centri di ricerca di eccellenza focalizzati sulla ricerca di base
in scienze naturali, biologiche e umanistiche, diffusi in tutto il mondo, che
hanno addirittura contribuito a produrre numerosi premi Nobel dal 1948), ha confermato
che la combinazione di stimoli poveri e problemi concreti ha generato nei
BOOMER prima accennati, quella resilienza pragmatica, creatività analogica e
pazienza da vinile, davvero incredibile. Dentro i laboratori di neuro-imaging
il lobo frontale di quella generazione ha mostrato connessioni più fitte nella
gestione dell’imprevisto.
Chi è cresciuto negli
anni del dopoguerra affrontava un mondo da ricostruire, più lento, meno
protetto, con poche reti di sicurezza istituzionali. Mancava l’assistenza h24,
ma abbondavano le occasioni di imparare a cavarsela da soli: una vera palestra
per la resilienza. Il risultato si vede oggi quando i settantenni gestiscono un
imprevisto con una calma quasi disarmante. Niente smartphone (mancava anche il
telefono fisso…), musica ascoltata su radio e dischi in vinile, incontri solo di persona e lettere che arrivavano giorni dopo. Questa
lentezza obbligava a tollerare noia e incertezza, due ingredienti che potenziavano
la regolazione emotiva. Gli studi longitudinali di Oxford 2012-2024 mostrano
minore reattività ansiogena nei boomers proprio grazie a tale esercizio
quotidiano!
Si cresceva, allora, educati
subito alle responsabilità. A sei/sette anni molti dovevano già preparare il
proprio materiale scolastico o correre al negozio per il pane. Queste
micro-missioni scolpivano un poderoso locus di controllo interno, cioè la
sensazione che il destino dipendeva in parte dalle proprie azioni. Chi possedeva
questa convinzione sopportava lo stress con più efficacia, lo conferma la
meta-analisi Lancet 2023. I ricercatori di Toronto hanno seguito 4 600 soggetti
dal 1995 a oggi: dopo i 60 anni cala del 18 % l’intensità dei picchi d’ansia
rispetto alla fascia 30-40. Non è magia della vecchiaia ma somma di esperienza
di vita, reti sociali stratificate e routine corporee più attive. La camminata
da tre chilometri al giorno, normale negli anni Settanta, capace oggi di ridurre il
rischio di depressione del 22 %, secondo WHO Europe.
Amici, perché oggi la
generazione dei Boomers (a cui io orgogliosamente appartengo) appare come invincibile?
Perché siamo stati abituati alla responsabilità fin da bambini, perché abbiamo
imparato ad aspettare, a non avere fretta, a cercare da soli la soluzione; perché
abbiamo affrontato, con il nostro cervello e le nostre capacità, tutte le prove
che la vita ci ha dato, senza ricorrere agli altri. Abbiamo imparato a vivere
di poco, anche di solo pane (che spesso mancava…) e a costruire i giocattoli
quando (quasi sempre...) non li avevamo!
Cari amici, cosa possiamo
sperare per le nuove generazioni? Gli psicologi parlano di plasticità: nessuna
generazione è condannata a fragilità eterna o a forza perpetua. Programmi
scolastici che reintroducono la manualità, vie ciclabili urbane, detox digitale
settimanale, sono già stati sperimentati a Berlino e Milano con ottimi
risultati. Se tali pratiche diventeranno un’abitudine, i ventenni di oggi
potrebbero stupire per un ritrovato equilibrio emotivo nel 2080! Sarà così? Forse,
ma chissà!
A domani.








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