Oristano 10 giugno 2025
Cari amici,
Che la vita nel Terzo
Millennio sia stata fagocitata e dominata dall'iper-connessione digitale e
dal bisogno di restare costantemente aggiornati sui fatti del mondo è,
oramai, una realtà incontestabile. Fin dalla più tenera età, sembra riduttivo o
addirittura impossibile, vivere senza avere in mano lo smartphone, che, seppure
utile, è diventato qualcosa di assolutamente indispensabile, senza il quale,
sembra che proprio non si possa vivere! Il suo uso, insomma, è diventato un
pericoloso abuso, considerato il tempo che viene trascorso incollati allo
schermo.
Un male, amici, gravido
di pericolose conseguenze. E, se per gli adulti questo uso esagerato denota una
dipendenza da condannare, quando ad abusare dello smartphone o del computer,
oltre agli adulti, sono i ragazzi, a volte ancora adolescenti, giovani che nel
millennio che viviamo sono noti come boomer, millennial e Gen Z, gli effetti
nocivi si fanno sentire di più, diventando molto più pericolosi. Trai i mali
causati dalla crescente “dipendenza”, uno di questi risulta particolarmente
insidioso: è il DOOMSCROLLING, una nuova e autolesionista tendenza
che sta preoccupando non poco ricercatori e psicologi.
Questo male chiamato Doomscrolling,
è un neologismo inglese entrato nell'Oxford Dictionary nel 2020 per
indicare la tendenza a cercare in modo ossessivo cattive notizie online; è composto
dalla parola “scrolling”, che significa scorrere le notizie sullo schermo del nostro
telefonino (o tablet, o pc), e dalla parola inglese “dooms”, che significa
sventure, cattive notizie. L’ossessione di cercare continuamente notizie sulle
sventure (dooms) che accadono nel mondo, è un male molto pericoloso. È questa un'abitudine
che si è diffusa in particolare durante la pandemia da COVID, e che si è poi consolidata, colpendo in modo forte soprattutto le persone che già soffrivano di ansia e
depressione.
Amici, sappiamo bene che la
curiosità fa parte della natura dell’uomo, e il Doomscrolling è un
comportamento derivante proprio da questa curiosità innata. Si, siamo nati curiosi,
e proprio per questo, quando passiamo accanto a un incidente stradale
rallentiamo per vedere cosa è successo; così accade anche quando scorriamo le
notizie sul telefonino: appena ci imbattiamo in un titolo ad effetto o in un
post di Facebook confezionato ad hoc per ottenere clic, ci soffermiamo
lasciando tutto il resto, super curiosi di sapere esattamente i dettagli di quanto di negativo è successo.
Un recente studio,
pubblicato sulla rivista Health Communication, ha rilevato che il 16,5%
di un campione di circa 1.100 persone intervistate ha mostrato segni di consumo
di cattive notizie "gravemente problematico", e questa
abitudine quotidiana ha causato loro un aumento a livelli altissimi di stress,
ansia e cattiva salute anche fisica, oltre che mentale. Il professore associato
Bryan McLaughlin, autore principale dello studio e ricercatore presso la Texas
Tech University, ha affermato che il consumo abituale di notizie drammatiche
potrebbe portare ad un "costante stato di allerta" in alcune persone,
facendo sembrare il mondo un "posto oscuro e pericoloso".
Continuando a leggere i
dati forniti dallo studio, rileviamo che circa il 27,3% degli intervistati ha
segnalato livelli "moderatamente problematici" di consumo di bad
news, il 27,5% è stato colpito da questo fenomeno in modo minimo, mentre il
28,7% non ha riscontrato problemi. Alcuni "Doomscroller"
possono scegliere di ricevere continui aggiornamenti sulle notizie senza
effetti psicologici tangibili, ma altri dimostrano un'ossessione più compulsiva
nei confronti sia dei media che dei social e lottano ogni giorno per riuscire a
staccarsi dalle cattive notizie che non riescono a smettere di leggere.
Questi soggetti, amici,
hanno ottenuto un punteggio elevato su cinque caratteristiche problematiche del
consumo di brutte notizie elencate dai ricercatori: essere assorbito dal
contenuto, essere preoccupato per i pensieri che seguono alla lettura delle
notizie, tentare di ridurre l'ansia consumando ancora più notizie, avere
difficoltà a evitarle le notizie e osservare come il consumo di queste letture
riesca inevitabilmente ad interferire nella loro vita quotidiana. Quelli con
livelli più elevati di Doomscrolling sono stati segnalati come
"significativamente più a rischio" di sperimentare una cattiva salute
mentale e fisica.
“Ci aspettavamo che
una parte considerevole del nostro campione avrebbe mostrato segni di consumo
problematico delle notizie, - ha affermato B. McLaughlin - tuttavia, siamo
rimasti sorpresi di scoprire che il 17% dei partecipanti allo studio soffre del
livello più grave". Il primo passo per smettere, come in tutte le
dipendenze, è riconoscere l'esistenza del problema: avendo la consapevolezza di
star cercando ossessivamente cattive notizie online, arrivando, poi, a decidere
di fermarsi e dedicarsi ad altro.
La dott.ssa Kate Mannell ha
detto al The Guardian: "In questi individui può svilupparsi un circolo
vizioso in cui, invece di estraniarsi, essi vengono attirati ulteriormente
nella ricerca, diventando in questo modo più ossessionati, arrivando a controllare
gli aggiornamenti 24 ore su 24 per alleviare il loro stress emotivo,
peggiorando così la loro dipendenza anziché migliorarla. Più controllano le
notizie, più queste iniziano a interferire peggiorando il loro ansioso stato di
vita".
Cari amici, il primo
passo per cercare di smettere, come accennato prima, è entrare nell’ordine di
idee che il problema esiste e che va eliminato. Convincersi che l’eccesso di
ricerca di cattive notizie online, è un male da curare, che crea forte stress e ansia, è davvero indispensabile! Come
farlo? Una delle soluzioni è dedicarsi a fare altro, imponendosi dei limiti
nell’aggiornamento di ciò che succede nel mondo: scorrere le notizie una mezz'oretta
al mattino, qualche minuto nel pomeriggio, ma non di più! E quando tornasse la
tentazione di prendere in mano il telefono, mettersi subito a fare altro: come
leggere un libro, cucinare, fare ginnastica, in casa o fuori! Insomma, per
liberarsi dal Doomscrolling utilizzare alternative più sane, ce ne sono tante!
A domani amici lettori.
Mario
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