Oristano 7 giugno 2025
Cari amici,
Inizialmente l’uomo ha
dedicato il proprio impegno lavorativo a risolvere i propri bisogni primari,
come alimentarsi, preparare un comodo rifugio dove trascorrere la notte,
preparare le armi di difesa dai pericoli esterni e così via. Poi, con il
passare dei secoli e dei millenni, si è arrivati alla caotica e alienante vita
attuale, dove l’importanza dell'impegno lavorativo non è più data a quegli iniziali bisogni primari, ma
è stata data ai numerosi bisogni di altro genere, che sarebbe alquanto
numeroso elencare e che, spesso, risultano poco consoni al benessere della nostra esistenza. Il
risultato? L'uomo è arrivato a Vivere per lavorare, anziché lavorare per vivere!
Si, amici lettori, oggi nella
nostra esistenza, angosciata dalla voglia di avere sempre di più, non si lavora
per vivere ma si vive per lavorare! Si lavora troppo, logorando corpo e mente,
ma perdendo, in questo modo, il meglio che la vita, invece, avrebbe potuto offrirci.
E di troppo lavoro, purtroppo, si arriva anche a morire. Il primo organo
a risentirne, infatti, è il cervello, come confermano gli scienziati. Un
interessante, recente studio, mette in guardia gli 'Stachanov' di tutto il
mondo; dedicarsi anima e corpo alla propria professione senza staccare mai, produce
cambiamenti neurologici che influenzano la salute, in particolare quella
cognitiva.
L’interessante lavoro, pubblicato
online sulla rivista “Occupational &
Environmental Medicine”, mette in evidenza che le lunghe ore di
lavoro possono alterare la struttura del cervello, in particolare le aree
associate alla regolazione emotiva e alla funzione esecutiva, come la memoria
di lavoro e la risoluzione dei problemi. Gli studiosi da tempo affermano che il
fenomeno del ‘superlavoro’ è strettamente legato ad un aumento del rischio di
malattie cardiovascolari, disturbi metabolici e problemi di salute mentale.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che il superlavoro sia
responsabile di oltre 800.000 decessi all’anno.
I ricercatori hanno
condotto un’analisi del volume strutturale del cervello, confrontando l’impatto
del superlavoro su specifiche regioni cerebrali. Sono partiti analizzando un
gruppo di operatori sanitari che abitualmente lavorano 52 o più ore a settimana:
hanno ricavato i dati dal GROCS (Gachon Regional Occupational Cohort
Study), da analisi sulla struttura cerebrale e dalle risonanze magnetiche
effettuate. L’analisi finale ha coinvolto 110 partecipanti, prevalentemente
medici, suddivisi in un gruppo di 32 ‘super-lavoratori’ (28%) e un gruppo di 78
persone con orari di lavoro standard.
Dall’analisi è emerso che
i medici che lavoravano molte ore settimanali erano significativamente più
giovani, avevano meno anni di servizio e un livello di istruzione più elevato
rispetto ai colleghi con orari standard. Attraverso una tecnica di neuroimaging
avanzata, i ricercatori hanno valutato le differenze nel volume cerebrale,
identificando e confrontando le variazioni regionali nei livelli di materia
grigia. I risultati hanno rivelato che i partecipanti che lavoravano 52 o più
ore a settimana presentavano cambiamenti significativi nelle regioni cerebrali
associate alla funzione esecutiva e alla regolazione emotiva, a differenza di
coloro che rispettavano orari standard.
Quale, dunque, il
risultato di queste indagini? Innanzitutto che il “Troppo lavoro” crea
modifiche importanti nel cervello. Ciò mette in guardia gli 'Stachanov' di
tutto il mondo. Dedicarsi anima e corpo alla propria professione senza staccare
mai, induce cambiamenti neuro-adattivi che influenzano la salute cognitiva. In
sostanza, viene segnalato che le lunghe ore di lavoro possono alterare la
struttura del cervello, in particolare le aree associate alla regolazione
emotiva e alla funzione esecutiva, come la memoria di lavoro e la risoluzione
dei problemi.
Cari amici, questo
interessante studio accende un faro sull’importanza di “affrontare il
superlavoro come un serio problema di salute”, da cui la “necessità di serie politiche
nel mondo del lavoro che riducano al minimo le ore di lavoro in eccesso”. Un
problema indubbiamente importante, che dovrà essere seriamente affrontato nella
contrattazione collettiva sui contratti di lavoro, tendenti a ridurre al giusto
limite le ore di lavoro in eccesso. Ritroviamo il piacere di lavorare per vivere...
A domani,
Mario
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