Oristano 18 febbraio 2025
Cari amici,
Che il clima stia
cambiando e che l’aumento delle temperature sia da considerare, oramai, una realtà difficile da combattere, preoccupa non poco. L’aumento
delle temperature, unito alla conseguente siccità, stanno imponendo dei necessari, urgenti cambiamenti nelle diverse coltivazioni, e, parlando di
un settore importante, come quello vitivinicolo, si stanno approntando nel mondo
innovative strategie, per cercare di limitare le nefaste conseguenze derivanti
dalla siccità.
Si amici, il cambiamento
climatico sta trasformando il mondo della viticoltura a livello globale,
imponendo dei cambiamenti assolutamente necessari per poter avere dei vini di
qualità. Con un aumento medio delle temperature di 1,5°C negli ultimi 70 anni,
il settore vitivinicolo è oramai sotto pressione. Cambiamenti epocali, quelli
che si prevedono, che tra l'altro si stanno verificando più velocemente rispetto al
passato, e che interessano le principali regioni vinicole, dove i viticoltori
sono costretti a rivedere tecniche di coltivazione secolari per salvaguardare
la qualità dei loro vini.
In Italia, secondo quanto
affermato dal professor Paolo Sabbatini, docente del Dipartimento di
Scienze Agrarie, Forestali e Ambientali (DISAFA) e del Centro
Interdipartimentale Vite e Vino (CONViVi) dell’Università di Torino, in
Piemonte, Regioni storiche come la Borgogna e il Barolo potrebbero vedere
aumenti di temperature fino a 2,4°C entro il 2050. Una condizione che
costringerà i viticoltori a selezionare varietà di viti più resistenti al caldo
e alla siccità, oltre a modificare le tecniche di potatura e irrigazione.
Allarmante anche il dato delle precipitazioni, diventate più irregolari. Dal
1980, il 70% delle annate ha registrato livelli di piovosità inferiori alla
media, con alcune stagioni che hanno visto riduzioni fino al 40-60%.
Amici, aumento delle
temperature e siccità sono problematiche alquanto serie, e, in tutto il mondo, si
cercano i possibili rimedi. In Sicilia, per esempio, si sperimentano le così
delle “UVE RELIQUIA”, in quanto ritenute più resistenti e adatte al
clima siccitoso; queste varietà, recuperate dal passato, stanno incontrando i
gusti dei nuovi consumatori e si prestano ad una nuova enologia. Come afferma
Angelo Di Grazia, 41 anni, enologo di Licodia Eubea, cittadina nell’estremo sud
della provincia di Catania, “perché non riportare in auge i vitigni autoctoni
dimenticati che un tempo finivano nei tagli?”.
In Sicilia le prove di
reimpianto di questi antichi vitigni
hanno dimostrato di superare altamente le prove. Hanno regolarmente attecchito in un territorio
dove in periodo di vendemmia si sfiorano i 48 gradi e dove questi antichi vitigni
reliquia hanno tenuto un equilibrio vegeto-produttivo formidabile; possono
contare su un ph bassissimo (2,90). Il recunu (2,80-3,00 di ph) è un’uva da
spumante, ha un bellissimo scheletro, struttura e acidità. Questo vino, frutto
dei vitigni reliquia, fa fare una svolta: sembra fatto in Alto Adige. È un vino
che non ti aspetti vicino al mare. Il grillo in certe annate calde diventa più
grasso e alcolico; invece, il recunu mantiene eleganza anche nelle stagioni
siccitose».
Nel resto del mondo, in ISRAELE,
per esempio, nel deserto del Negev i ricercatori dell'Università Ben Gurion
(all'Istituto J.Blaustein for desert research) stanno sperimentando dei sistemi
per una nuova viticoltura. «Il nostro deserto potrebbe essere un luogo in cui
testare quello che sarà il clima in un prossimo futuro in buona parte del
Mediterraneo, sviluppando strategie di agricoltura, irrigazione e viticoltura
capaci di adattarsi al climate change», ha spiegato il professor Aaron Fait,
docente di biochimica vegetale, nella sua lezione al Corso di Alta formazione
(100% on demand) dedicato a Il vino del futuro: nuove competenze per nuovi
scenari, organizzato da Gambero Rosso Academy, con la direzione scientifica del
professor Attilio Scienza.
Ecco cosa ha dichiarato
il professor Aaron Fait: «Oggi abbiamo a
disposizione delle strategie per riuscire a evitare ripercussioni
eccessivamente negative sulla qualità del frutto da parte delle radiazioni
solari e delle temperature. Alla luce di un clima più caldo e arido è anche
vero, allo stesso tempo, che occorrerà rivalutare l'uso di varietà di vitigni
tradizionalmente legato ad un determinato territorio. Nella lezione che ho tenuto
al Corso di Alta formazione, ho illustrato gli ultimi esperimenti e i risultati
ottenuti su specifici e noti uvaggi».
Cari amici, tutti questi
studi dimostrano l’impellente necessità di trovare nuovi sistemi di
coltivazione non solo della vite ma di tanti altri organismi vegetali. Saranno le varietà
capaci di adattarsi alle zone aride, quelle che lentamente sostituiranno quelle
di oggi, a sopravvivere. Se non si troveranno immediati rimedi, le varietà precedenti saranno destinate a perire.
Solo gli intelligenti interventi portati avanti dall’uomo potranno mettere
rimedio a questa pericolosa variante climatica in atto, che vede l’aumento delle temperature e la conseguente siccità.
A domani.
Mario
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