mercoledì, febbraio 19, 2025

EDILIZIA ABITATIVA. ECCO UN INTELLIGENTE RITORNO AL PASSATO, CON L’USO DEGLI GLI ANTICHI MATERIALI UTILIZZATI DAI NOSTRI AVI, COME LA CANAPA CON LA CALCE.


Oristano 19 febbraio 2025

Cari amici,

Come ben sappiamo nel corso dell’anno si alternano quattro diverse stagioni, nelle quali il clima oscilla da un gran freddo ad un altrettanto grande caldo. L’uomo, stante queste differenze, per difendersi sia dal caldo che dal freddo, ha cercato, in tutti i tempi, di isolare la propria abitazione con l’utilizzo di materiali che lo riparassero dal clima esterno. Lo ha fatto in passato con muri spessi, con doppi muri riempiti all’interno di materiali isolanti, come sughero, lana e quant'altro, tra cui la canapa.

Insomma, isolare la casa, o anche l’ufficio, in maniera professionale, sia per l’inverno che per l’estate, è diventata nel tempo una necessità inderogabile, che, oltre che consentire di vivere in modo adeguato la propria abitazione, raggiunge anche lo scopo di vivere in modo più confortevole, risparmiando anche sulle spese di riscaldamento d’inverno e del condizionamento d’estate. Il comfort estivo, in particolare, è un problema sempre più attuale, a causa del global warming, e lo sarà sempre di più in futuro. Per questo, isolare in modo adeguato la propria abitazione, sia d’inverno che d’estate risulta addirittura fondamentale!

Ebbene, amici, gli studi sul giusto isolamento delle abitazioni continuano senza sosta e, di recente, sono state portate all’attenzione delle “NOVITÀ”, che in realtà non sono altro che un ritorno al passato!  Trattasi, infatti, della riscoperta di un materiale da tempo ben noto, in quanto perfettamente isolante ed ignifugo, che riesce ad isolare resistendo anche alle altissime temperature, cosa di certo non da poco! Di cosa stiamo parlando? Ma della CANAPA! È questo un materiale davvero straordinario, naturale e non chimicamente composto, che sul nostro pianeta è noto e usato da millenni!

Molti non immaginano nemmeno le caratteristiche di questo naturalissimo prodotto! Pensate che un muro fatto di canapa e calce ha superato una prova di resistenza al fuoco straordinaria, mantenendo una temperatura di solo 2 °C su un lato, dopo che l’altro era stato esposto a una fiamma di 670 °C per 4 ore. La riscoperta di questo antico materiale si sta nuovamente imponendo come una delle soluzioni più promettenti nel settore dell’edilizia per la sua eccellente resistenza termica, le sue proprietà ignifughe e la grande durata nel tempo. Non solo la canapa è in grado di garantire una protezione senza pari in caso di incendi, ma si distingue anche per la sua sostenibilità, essendo completamente compostabile.

Le fibre di canapa, combinate con la calce, offrono vantaggi innegabili, sia sotto il profilo della sicurezza che su quello dell’efficienza energetica, oltre che sulla durabilità. I muri in canapa e calce non solo migliorano la resistenza al fuoco, ma offrono anche un isolamento termico superiore rispetto ai materiali tradizionali, contribuendo a ridurre il consumo energetico e a creare ambienti più salubri. Senza dimenticare che, essendo una fibra naturale, risulta certamente più salutare di tanti composti chimici di nuova generazione.

Amici, la canapa è una pianta naturale che cresce rapidamente, richiedendo pochissime risorse per il suo sviluppo, e può essere coltivata senza l’uso di pesticidi o fertilizzanti chimici. La sua fibra, combinata con la calce, crea un materiale eco-compatibile che non solo resiste agli incendi, ma è anche durevole per oltre un secolo, con un impatto ambientale minimo. Grazie alla sua capacità di adattarsi a diverse condizioni climatiche, questo materiale è ideale per l’edilizia sostenibile.

Cari amici, viviamo in un mondo sempre più inquinato, e la riscoperta dei materiali naturali e sostenibili come la canapa e la calce può essere la chiave per un futuro più ecologico nell’edilizia; materiali come canapa e calce potrebbero giocare un ruolo fondamentale nella costruzione e/o ristrutturazione di edifici a basso impatto ambientale, ovvero diventare una nuova risorsa fondamentale nel costruire il futuro dell’architettura ecologica. Investire in futuro significa anche (spesso lo dimentichiamo) utilizzare con intelligenza le conoscenze del passato!

A domani.

Mario

martedì, febbraio 18, 2025

LO STRAVOLGIMENTO CLIMATICO IN ATTO IMPONE DEI CAMBIAMENTI NELLA COLTIVAZIONE DELLA TERRA. QUANTO AI VIGNETI, SI METTONO A DIMORA DEI VITIGNI PIÙ RESISTENTI ALLA SICCITÀ.


Oristano 18 febbraio 2025

Cari amici,

Che il clima stia cambiando e che l’aumento delle temperature sia da considerare, oramai, una realtà difficile da combattere, preoccupa non poco. L’aumento delle temperature, unito alla conseguente siccità, stanno imponendo dei necessari, urgenti cambiamenti nelle diverse coltivazioni, e, parlando di un settore importante, come quello vitivinicolo, si stanno approntando nel mondo innovative strategie, per cercare di limitare le nefaste conseguenze derivanti dalla siccità.

Si amici, il cambiamento climatico sta trasformando il mondo della viticoltura a livello globale, imponendo dei cambiamenti assolutamente necessari per poter avere dei vini di qualità. Con un aumento medio delle temperature di 1,5°C negli ultimi 70 anni, il settore vitivinicolo è oramai sotto pressione. Cambiamenti epocali, quelli che si prevedono, che tra l'altro si stanno verificando più velocemente rispetto al passato, e che interessano le principali regioni vinicole, dove i viticoltori sono costretti a rivedere tecniche di coltivazione secolari per salvaguardare la qualità dei loro vini.

In Italia, secondo quanto affermato dal professor Paolo Sabbatini, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Ambientali (DISAFA) e del Centro Interdipartimentale Vite e Vino (CONViVi) dell’Università di Torino, in Piemonte, Regioni storiche come la Borgogna e il Barolo potrebbero vedere aumenti di temperature fino a 2,4°C entro il 2050. Una condizione che costringerà i viticoltori a selezionare varietà di viti più resistenti al caldo e alla siccità, oltre a modificare le tecniche di potatura e irrigazione. Allarmante anche il dato delle precipitazioni, diventate più irregolari. Dal 1980, il 70% delle annate ha registrato livelli di piovosità inferiori alla media, con alcune stagioni che hanno visto riduzioni fino al 40-60%.

Amici, aumento delle temperature e siccità sono problematiche alquanto serie, e, in tutto il mondo, si cercano i possibili rimedi. In Sicilia, per esempio, si sperimentano le così delle “UVE RELIQUIA”, in quanto ritenute più resistenti e adatte al clima siccitoso; queste varietà, recuperate dal passato, stanno incontrando i gusti dei nuovi consumatori e si prestano ad una nuova enologia. Come afferma Angelo Di Grazia, 41 anni, enologo di Licodia Eubea, cittadina nell’estremo sud della provincia di Catania, “perché non riportare in auge i vitigni autoctoni dimenticati che un tempo finivano nei tagli?”.

In Sicilia le prove di reimpianto  di questi antichi vitigni hanno dimostrato di superare altamente le prove.  Hanno regolarmente attecchito in un territorio dove in periodo di vendemmia si sfiorano i 48 gradi e dove questi antichi vitigni reliquia hanno tenuto un equilibrio vegeto-produttivo formidabile; possono contare su un ph bassissimo (2,90). Il recunu (2,80-3,00 di ph) è un’uva da spumante, ha un bellissimo scheletro, struttura e acidità. Questo vino, frutto dei vitigni reliquia, fa fare una svolta: sembra fatto in Alto Adige. È un vino che non ti aspetti vicino al mare. Il grillo in certe annate calde diventa più grasso e alcolico; invece, il recunu mantiene eleganza anche nelle stagioni siccitose».

Nel resto del mondo, in ISRAELE, per esempio, nel deserto del Negev i ricercatori dell'Università Ben Gurion (all'Istituto J.Blaustein for desert research) stanno sperimentando dei sistemi per una nuova viticoltura. «Il nostro deserto potrebbe essere un luogo in cui testare quello che sarà il clima in un prossimo futuro in buona parte del Mediterraneo, sviluppando strategie di agricoltura, irrigazione e viticoltura capaci di adattarsi al climate change», ha spiegato il professor Aaron Fait, docente di biochimica vegetale, nella sua lezione al Corso di Alta formazione (100% on demand) dedicato a Il vino del futuro: nuove competenze per nuovi scenari, organizzato da Gambero Rosso Academy, con la direzione scientifica del professor Attilio Scienza.

Ecco cosa ha dichiarato il professor Aaron  Fait: «Oggi abbiamo a disposizione delle strategie per riuscire a evitare ripercussioni eccessivamente negative sulla qualità del frutto da parte delle radiazioni solari e delle temperature. Alla luce di un clima più caldo e arido è anche vero, allo stesso tempo, che occorrerà rivalutare l'uso di varietà di vitigni tradizionalmente legato ad un determinato territorio. Nella lezione che ho tenuto al Corso di Alta formazione, ho illustrato gli ultimi esperimenti e i risultati ottenuti su specifici e noti uvaggi».

Cari amici, tutti questi studi dimostrano l’impellente necessità di trovare nuovi sistemi di coltivazione non solo della vite ma di tanti altri organismi vegetali. Saranno le varietà capaci di adattarsi alle zone aride, quelle che lentamente sostituiranno quelle di oggi, a sopravvivere. Se non si troveranno immediati rimedi, le varietà precedenti saranno destinate a perire. Solo gli intelligenti interventi portati avanti dall’uomo potranno mettere rimedio a questa pericolosa variante climatica in atto, che vede l’aumento delle temperature e la conseguente siccità.

A domani.

Mario

lunedì, febbraio 17, 2025

PER QUANTO ANCORA VALIDO, PRESTO DOVREMO DARE L'ADDIO AL CODICE A BARRE: VERRÀ SOSTITUITO DAL QR CODE.


Oristano 17 febbraio 2025

Cari amici,

Ci sono scoperte che durano secoli e scoperte che a mala pena arrivano al mezzo secolo. Faccio questa battuta per parlare con Voi di un processo di cambiamento che riguarda un sistema di vendita consolidato e ancora utilissimo: il CODICE A BARRE. Questo ingegnoso sistema, che consente di leggere velocemente alla cassa il prezzo dei prodotti acquistati, è ormai così noto e diffuso che sembra strano che meno di cinquanta anni fa non esistesse!

La straordinaria e innovativa idea di trovare un sistema per automatizzare e velocizzare le operazioni di cassa, ebbe inizio in un’azienda alimentare, con l'introduzione di un sistema di lettura che utilizzava dei codici. Questo marchingegno fu sviluppato da due studenti di ingegneria dell'Università di Drexel, Norman Joseph Woodland e Bernard Silver nel 1948. Inizialmente, organizzare un sistema con un “codice con delle righe (barre) lette da uno scanner", non appariva semplice, perchè  bastava una piccola sbavatura delle righe per creare delle serie problematiche che ne impedivano l'esatta lettura.

Il sistema iniziò a funzionare egregiamente il 26 giugno 1974 in un supermercato Marsh a Troy nell’Ohio, dove la cassiera Sharon Buchanan scansionò per la prima volta il barcode stampato sul pacchetto di gomme da masticare Wrigley gusto juicy fruit che il signor Clyde Dawson acquistò per 67 centesimi! Era l'inizio di un successo planetario! Cominciò così una delle più grandi rivoluzioni nel mondo dei beni di largo consumo, gettando le prime basi per l’espansione del mercato mondiale, permettendo, con l’adozione di un linguaggio univoco, la visibilità dei prodotti lungo l’intera supply chain senza confini e senza barriere. Nel 1977 venne creato il sistema di identificazione standard GS1 anche in Europa. Il 1977 è considerato il vero anno di inizio nel mondo del CODICE A BARRE.

Il passaggio...

Ebbene, amici, ora, dopo meno di 50 anni il Codice a barre sta per essere collocato in pensione, sostituito da un nuovo sistema, il QR Code, composto da codici bidimensionali che garantiscono la possibilità di disporre di una mole di informazioni sui prodotti decisamente superiore, vista la richiesta sempre crescente, anche da parte dei consumatori, di conoscere dati alquanto dettagliati sul prodotto acquistato, in particolar modo nei riguardi del cibo.

Con il QR Code, il consumatore può avere informazioni complete su quanto acquistato: trova la tracciabilità del prodotto alimentare, la sua provenienza, la catena di fornitura, il numero di lotto, la data di scadenza, il peso, il prezzo al chilo, il costo finale del prodotto, comprese le eventuali offerte promozionali. Inoltre, il cliente, diventato ogni giorno più attento ed esigente, potrà trovarvi anche altri elementi utili, come i valori nutrizionali, le informazioni sugli allergeni, ed altri utili dati.

Amici, viviamo nella società del tutto e subito e il progetto per il passaggio dal Codice a barre al QR Code viene dichiarato operativo a partire dal 2027. Una scadenza ravvicinata ed ambiziosa, ma conoscendo la velocità dei cambiamenti di questo millennio si presume che la scadenza entro i termini prefissati potrà anche essere rispettata, seppure il cambio previsto di problematiche ne ha davvero ancora tante da risolvere!

Cari amici, è quasi certo che non ci saranno traumi, perchè il consumatore, in realtà, ha da tempo già preso confidenza con i QR Code. I QR Code sono ormai la norma nel settore della ristorazione, usati per la consultazione del menù digitale e talvolta per inviare le comande senza l’intervento del cameriere. Presto, dunque, inizieremo a vederli ancor più spesso, poiché tra circa due anni li troveremo su ogni prodotto che compriamo al supermercato. Una volta a casa, potremo divertirci leggendo per filo e per segno la vita e le caratteristiche del prodotto che abbiamo acquistato! L'innovazione, sempre più veloce, continua ogni giorno a cambiarci la vita!

A domani, cari amici lettori!

Mario

domenica, febbraio 16, 2025

ECCO LA PARTICOLARE, PERICOLOSISSIMA ISOLA DIFFICILE DA VISITARE: “L'ILHA DA QUEIMADA GRANDE”. IL MOTIVO? È IL PARADISO DEI SERPENTI!


Oristano 16 febbraio 2025

Cari amici,

C’è un’isola in questo nostro travagliato mondo, situata al largo del Brasile, posta a 35 km. dalla città di Peruíbe nello Stato di San Paolo, che è considerata pericolosissima per l’uomo: è “L'ISOLA DI QUEIMADA GRANDE”. Il suo nome in portoghese è Ilha da Queimada Grande, ed è ben più nota come isola dei serpenti. Modesta come superficie (circa 0,43 km²), è in realtà un immenso paradiso per i serpenti, che qui vivono padroni dell’isola (in questo unico habitat è presente soprattutto il serpente Bothrops insularis  - comunemente detto ferro di lancia dorato). Basti pensare che, secondo lo Smithsonian Institute, solo di questa pericolosa specie  l'isola ne ospita tra i 2.000 e i 4.000 esemplari.

Un’isola, dunque, pericolosissima per l’uomo, in cui il rischio di morire appare enorme! Per anni l'unico abitante dell’isola fu il guardiano del faro con la sua famiglia, un periodo in cui fu effettuato il tentativo di impiantare sull'isola una coltivazione di banane; questo tentativo poi fallì, proprio per l’alto rischio creato dai serpenti. Attualmente il governo brasiliano, a causa dell'alta densità di serpenti velenosi presenti, ne ha severamente vietato lo sbarco, consentendo l'accesso all'isola esclusivamente ai ricercatori ed ai militari, comunque doverosamente e obbligatoriamente accompagnati da un'équipe medica.

Eppure l’isola, dal punto di vista geografico, si presenta come un luogo ameno: presenta una topografia varia, con altitudini che raggiungono i 206 metri sul livello del mare, ha un clima temperato, le temperature medie oscillano tra i 18,38°C in agosto e i 27,28°C in marzo. È, inoltre, ricoperta da una vegetazione mista, che comprende sia elementi della foresta pluviale che elementi vegetali tipici delle aree rocciose e delle praterie aperte, queste ultime retaggio delle precedenti attività di deforestazione.

Amici, gli studi effettuati hanno permesso di accertare che circa 11.000 anni fa, l'innalzamento del livello del mare isolò l’Ilha da Queimada Grande dalla terraferma, creando così un ambiente unico. In assenza di prede terrestri, il serpente “ferro di lancia dorato” ha sviluppato una dieta particolare, basata principalmente su uccelli migratori. Proprio per catturare queste prede volatili, il serpente ha sviluppato un veleno potentissimo, in grado di immobilizzare rapidamente gli uccelli, prima che questi potessero tentare la fuga. Proprio per l'altissima pericolosità rappresentata da questi serpenti, l'accesso all'isola è stato dalle autorità severamente vietato al pubblico. Solo alcuni scienziati, come prima accennato, previa autorizzazione speciale, possono visitarla per condurre ricerche. Una decisione restrittiva che consente, allo stesso tempo di proteggere sia gli esseri umani dai pericoli, sia a preservare questo unico, particolare ecosistema dell'isola.

Le autorità brasiliane, proprio in conseguenza dell’aumento della velenosità nei serpenti di Queimada, sono stati costretti a limitare la presenza umana sull’sola, oramai riservata a pochissimi e con severe autorizzazioni. La pericolosa presenza, lo si ribadisce, è massiccia: l'isola di Queimada grande, di questa particolare specie, ne ospita tra i 2.000 e 4.000 esemplari, che, a livello di densità, sono proprio tanti: un serpente per ogni 75 metri quadrati. Basti pensare che il veleno del ferro di lancia dorato è estremamente potente, capace di causare velocemente emorragie interne, insufficienza renale e necrosi dei tessuti. In alcuni casi, la morte può sopraggiungere in meno di un'ora.

In passato, invece, la situazione era alquanto diversa. Nel 1909, per ragioni di sicurezza marittima, fu costruito un faro sull'isola per guidare le navi in transito. Le leggende locali narrano che il guardiano che vi abitava con la sua famiglia, fu attaccato dai serpenti e ucciso unitamente ai suoi. Dopo questo tragico evento, il faro fu automatizzato e l'isola abbandonata. Da allora l’isola è diventata il paradiso dei serpenti, che qui vivono e si riproducono in abbondanza! Serpenti che per la scienza sono importanti, in quanto molto utili per la medicina, tanto che sono classificati "specie in pericolo critico" dalla IUCN. Eppure l'isola, nonostante i divieti, è meta di incursioni illegali da parte di avventurieri, che cercano di catturare i serpenti per il loro veleno, molto ricercato sul mercato nero, in quanto venduto a cifre molto elevate.

Cari amici, la natura in questo nostro mondo è davvero tanto varia! In questa particolare, oltre che “altamente pericolosa” isola dei serpenti, si nasconde la morte, data dal veleno dei serpenti, ma anche la vita, per il siero che se ne può ricavare. Ecco perchè ritengo giusto che le autorità brasiliane scoraggiano fortemente qualsiasi tentativo di andarvi a curiosare! Un'isola di certo pericolosa, sia per l’uomo che per i tanti rettili oggetto di studio che la abitano, ma allo stesso tempo preziosa. Un’isola, perciò, che deve restare un luogo misterioso e inaccessibile, un mondo del tutto particolare, che custodisce i suoi segreti tra la fitta vegetazione e i serpenti dorati che la abitano.

A domani cari lettori.

Mario

sabato, febbraio 15, 2025

SFIDUCIATO E DELUSO? STAI ATTRAVERSANDO QUELLA SITUAZIONE PSICOLOGICA NOTA COME “CRISI DELLA MEZZA ETÀ”? NON PROPRIO, MA UNA SIMILE: LA “CRISI DELLA CARRIERA”!


Oristano 15 febbraio 2025

Cari amici,

Vivendo nel caotico mondo odierno, sempre di corsa, pieni di ansia e di stress, una volta arrivati a superare i 40 anni, scatta, in un numero sempre crescente di persone, una sorta di crisi esistenziale, più nota come “CRISI DELLA MEZZA ETÀ”, che, in parole povere, altro non è che una condizione psicologica caratterizzata da depressione, sfiducia e delusione, dovute alla insoddisfazione personale che si prova quando, facendo un bilancio della propria vita, ci si accorge della grande differenza tra quanto desiderato e sognato e quanto, invece, si è ottenuto nella propria vita.

Ebbene, purtroppo le delusioni non vengono mai da sole, e, da un po’ di tempo, complice anche il galoppante, accelerato ritmo che la vita lavorativa continua a chiederci, stiamo arrivando ad aggiungere anche una nuova crisi esistenziale, che può essere definita “LA CRISI DI MEZZA CARRIERA”. Questa nuova crisi deriva dalla constatata insoddisfazione lavorativa, percepita dopo anni di lavoro, senza, purtroppo, l’auspicato avanzamento di carriera. La presenza di questa nuova sindrome depressiva è stata messa in luce da uno studio dell’Università del Surrey (Regno Unito), successivamente pubblicato sulla rivista Socio-Economic Review.

Per arrivare a scoprire questo nuovo tipo di crisi, i ricercatori dell'Università del Surrey hanno esaminato la relazione tra età e soddisfazione lavorativa, utilizzando i dati provenienti da quattro dataset nazionali del Regno Unito (UK Skills and Employment Survey, Workplace Employee Relations Survey, British Household Panel Survey e UK Household Longitudinal Study), che includono oltre 100 mila lavoratori, operanti in vari settori, occupazioni e regioni. Obiettivo della ricerca era quello di analizzare e comprendere in modo approfondito l’evoluzione della soddisfazione lavorativa, che, col passare del tempo, varia nelle diverse fasi (tappe) della carriera.

L’autrice principale dello studio, The professor Ying Zhou, dirigente del Future of Work Research Centre presso l’Università del Surrey, si è così espressa: «Sebbene l’insoddisfazione sia abbastanza comune tra molti lavoratori di mezza età, è fondamentale riconoscere che questa non è un’esperienza universale», nel senso che varia a seconda della mansione svolta; tanto per chiarire: svolgere un lavoro da manager, risulta ben diverso dallo svolgere un lavoro semplice e poco qualificato, come quello portato avanti da un lavoratore comune. Ying Zhou, su questo punto così precisa: «I nostri risultati indicano che per manager e professionisti, la soddisfazione lavorativa in genere raggiunge il punto più basso durante i loro 40 anni, ma spesso rimbalza più avanti nella vita. Al contrario, i lavoratori operativi nelle classi occupazionali intermedie e inferiori, non mostrano “la stessa traiettoria” misurata dal sistema noto come “Curva ad U”. Ciò sfida e contraddice la convinzione diffusa che una crisi a metà carriera sia un fenomeno universale».

Si amici, la ricerca prima evidenziata ha messo in luce che la mancata soddisfazione lavorativa si manifesta in modo alquanto diverso a seconda dell’importanza delle professioni svolte. Come si misurano queste diversità? La soddisfazione lavorativa, o Job Satisfaction Scale (JSS) (scala utilizzata partire dal 1998), è una scala che comprende 5 item con formato di risposta su scala Likert a sette punti (da 1 = Fortemente in disaccordo a 7 = Fortemente d'accordo). Scala che, come accennato prima,  viene applicata, con risultati diversi a seconda della professione, più alta o più bassa esercitata.

Secondo questi ricercatori, lo studio ha mostrato delle implicazioni significative per la comprensione delle dinamiche presenti sul posto di lavoro e del possibile benessere dei dipendenti. Per i lavoratori di mezza età, riconoscere che un calo della soddisfazione lavorativa a 40 anni d’età è relativamente comune, può essere rassicurante. La realtà, purtroppo, è che per molti, l’arrivo della mezza età, anziché essere un periodo di calma interiore, posta tra la turbolenza della prima età adulta e le sfide della vecchiaia, risulta essere un periodo di transizione difficile, segnato da sentimenti di frustrazione e sconforto.

Tuttavia, secondo gli studiosi, per fortuna questa fase di insoddisfazione intermedia tra le due età prima evidenziate, risulta essere di natura temporanea. La ricerca ha messo anche in luce la necessità, per le aziende, di adattare o creare dei propri sistemi di supporto per i dipendenti intorno ai loro 40 e 50 anni d’età. «Promuovendo un ambiente che incoraggia lo sviluppo della carriera e la realizzazione personale, le aziende possono mitigare il potenziale di insoddisfazione del personale, e migliorare così la cultura generale del posto di lavoro», hanno sottolineato i ricercatori.

Cari amici, durante la mia carriera lavorativa ho avuto anch’io i miei momenti di crisi per i fermi della carriera che, fortunatamente, poi, ha ripreso a funzionare alla grande. Il mio plauso a questo studio, che, tra l’altro, suggerisce alle aziende di essere maggiormente sensibili nei confronti dei lavoratori arrivati alle soglie della mezza età, affrontandone, di volta in volta, le esigenze percepite o manifestate; questo comportamento comprensivo apporterebbe di certo sensibili benefici all’economia aziendale nel suo complesso.

A domani.

Mario

 

venerdì, febbraio 14, 2025

MATRIARCATO, PATRIARCATO E PARITÀ DI GENERE. OGGI MANCA ANCORA QUELL'UGUAGLIANZA CHE IN ORIGINE ERA DAVVERO REALE, LO DIMOSTRANO CERTE ANTICHE TRIBÙ, ANCORA OGGI PRESENTI.

Due antichi popoli: i Mosuo e i Cherokee

Oristano 14 febbraio 2025

Cari amici,

Oggi è il giorno dedicato al Santo degli innamorati: SAN VALENTINO. Auguri a tutti quelli che credono nell'amore, e nel rispetto degli altri, sempre! L'amore, quello che dovrebbe essere sempre il "MOTORE DEL MONDO", purtroppo è stato relegato in seconda fila, sostituito dall'odio e dall'indifferenza. Riscopriamo allora l'amore, il rispetto per gli altri, sostituiamo l'egoismo con l'altruismo, viviamo gli anni che ci sono stati concessi su questo mondo, in pace, amore e serenità, perchè la vita è solo un percorso, spesso breve e accidentato! Buon San Valentino a tutti!

Oggi, amici, il mio blog parla di "Parità di genere", ovvero di uguaglianza tra uomo e donna. Che l’uomo e la donna debbano avere lo stesso valore, gli stessi diritti e gli stessi doveri, senza che un “genere” arrivi a prevaricare l’altro, è una fatto che non dovrebbe avere contestazioni, ma così non è. Non lo è da tempo e purtroppo continua a non esserci neanche oggi. Eppure, a BEN VEDERE, nella fase iniziale della storia umana, l’uguaglianza di genere era presente, o almeno era più presente di oggi. Uno studio effettuato da alcuni scienziati, come ha riportato di recente il Guardian, ha rilevato che nella preistoria, ovvero presso i nostri antenati, la relazione uomo-donna risultava ben più paritaria della nostra.

Allora, perché successivamente si è arrivati alla disuguaglianza, alla perdita della parità tra i due sessi? L’ipotesi più concreta è che questo cambiamento di ruoli e di responsabilità sia avvenuto con l’evoluzione, ovvero con il passaggio dalla fase iniziale della vita dell’uomo, quando era ancora cacciatore/raccoglitore, a quella successiva, quando si iniziò con l’allevamento e la coltivazione della terra. In questa trasformazione, con la conseguente divisione dei lavori, la donna venne relegata in un ruolo secondario rispetto all’uomo.

Secondo Mark Dyble, un antropologo che ha condotto un particolare studio presso l’University College di Londra, la disuguaglianza ha avuto inizio quando nella Comunità le risorse hanno iniziato ad accumularsi (era nato il commercio), e questo continuò a differenziare le attività svolte, iniziando prima a creare e poi a far crescere la disuguaglianza tra uomo e donna, mandando in soffitta quei principi egualitari illuminati prima in vigore, quell’uguaglianza che aveva ben regolato la precedente vita comunitaria.

Amici, questi studi hanno dimostrato inequivocabilmente che la ricercata uguaglianza di genere, non è un’invenzione recente, in quanto agli inizi della civiltà umana l’uguaglianza era la regola, che veniva saggiamente applicata senza prevaricazioni e dominio da parte di un genere sull’altro. A chi pensa che questo studio si basi solo su teoria, va detto che “quell’antica parità”, sotto certi aspetti è presente anche oggi, in quanto praticata da alcune tribù rimaste per secoli fuori dalla civiltà, popoli che hanno mantenuto le antiche abitudini dei popoli cacciatori-raccoglitori.

In queste tribù, analizzate dagli antropologi, si è potuto constatare che gli uomini e le donne godono delle stesse identiche libertà, senza prevaricazioni, in quanto operano costantemente su base egualitaria. A dimostrazione di quanto prima asserito, sono state analizzate in particolare due Comunità, una presente e operante nelle valli delle montagne dell’Himalaya, nelle province cinesi dello Yunnan e Sechuan, prospicienti al Tibet, e l’altra nel in North Carolina, dove è presente una comunità di indiani Cherokee, che vive in una riserva molto vicina al luogo in cui vivevano gli antenati; qui essi vivono mantenendo la lingua cherokee e la loro antica cultura nel modo più pieno possibile. Vediamo qualche dettaglio della loro vita.

Il popolo dei Mosuo - noto anche come popolo Moso o Mosso, che abita le montagne dell’Himalaya, è considerato dagli antropologi un popolo più unico che raro; composto da una popolazione di circa 50mila persone, vive una vita sociale matrilineare. La singolarità dei Mosuo è data soprattutto dal fatto che le donne vivono una vita libera, senza la necessità di sposarsi. Hanno dei figli che assumono il cognome della madre, convivono ma possono anche avere gli amanti che vogliono. Le coppie, anche avendo figli, non vivono insieme e, ovviamente, non si crea tra loro alcun vincolo legale.

I figli dei Mosuo crescono con la mamma, i nonni e gli altri nipoti. In questo popolo in effetti non esiste la gelosia! Se l’uomo vuole contribuire alla crescita della prole e alla sua educazione, deve farsi accettare dalla famiglia della donna e, soprattutto, dalla matriarca. Solo in questo caso entrerà a far parte del nucleo familiare come una sorta di membro onorario. Non solo, sarà responsabile dei suoi figli ma anche di quelli delle sorelle della donna. Insomma, il popolo dell’Himalaya è un caso davvero singolare divenuto oggetto di studio da parte di antropologi, sociologi e studiosi vari. Le minacce a questo stile di vita, però, sono sempre in aumento, e questo popolo rischia di cambiare per sempre le sue antiche abitudini.

Anche nell’antica civiltà dei nativi americani, i Cherokee, la famiglia era matriarcale, quindi la discendenza era matrilineare. Anche nella cultura Cherokee, le donne avevano una libertà straordinaria: potevano scegliere se diventare guerriere o mogli. Se optavano per il matrimonio, erano loro a selezionare il compagno, e potevano persino richiedere un periodo di convivenza per valutare se lui fosse un buon compagno. Le donne, insomma, erano considerate sagge e giuste.

La figura di “capo famiglia”, sempre riservata alle donne, era presso i Cherokee altamente rispettata, tanto che era la donna a detenere il potere economico, sociale e politico all’interno della tribù. Persino nei consigli di guerra, se non si trovava un accordo, un gruppo di donne sagge interveniva per dare il verdetto finale. Le donne, insomma, erano destinatarie di onore e rispetto, poiché l’onore era il legame profondo che le univa alla Madre Terra. Senza dimenticare che anche la nostra terra sarda ha sempre considerato la donna una "Matriarca", anche se oggi questo principio risulta sbiadito.

Cari amici, credo che tra l’antico passato e l’attuale presente ci debba essere una giusta via di mezzo: un vero, reale, concreto riconoscimento di parità e di uguaglianza tra uomo e donna. Uguaglianza desiata, sognata, ma difficile da raggiungere, quindi, per ricrearla, sono certo che ci vorrà ancora parecchio tempo, prima di raggiungere questo traguardo!

A domani.

Mario