lunedì, novembre 04, 2019

LONGEVI PER SCELTA DI VITA O PER DESTINO? SCOPERTO IL GENE DELLA LONGEVITÀ, QUELLO CHE CI CONSENTE DI VIVERE PIÙ A LUNGO, A CONDIZIONE CHE…


Oristano 4 novembre 2019

Cari amici,

Siamo longevi non solo per scelta oculata di vita ma anche per destino! La proteina della longevità esiste, e ora non ha più misteri. In un recente studio dell’Università di Yale, un gruppo di ricercatori, guidati dal Professor Joseph Schlessinger, ha scoperto e analizzato la struttura tridimensionale della proteina beta-Klotho (il suo nome deriva dal nome della più giovane delle Parche, che, secondo la mitologia romana tesseva il filo della vita), riuscendo a fare luce sul suo intricato meccanismo d’azione e sul potenziale terapeutico posseduto. La beta-Klotho in parola fa parte delle proteine ​​Klotho, la famiglia più giovane delle Moire (o Parche), strettamente collegata con la lunghezza della vita, avendo un ruolo determinante nella regolazione della longevità e del metabolismo.
Longevi dunque non solo per la conduzione di un’esistenza in perfetto stile salute-benessere, ma anche per una predisposizione genetica, frutto della complessa composizione del nostro DNA. La ricerca, apparsa in questi giorni sulla rivista Nature, ha subito attirato l’attenzione del mondo scientifico. Per gli scienziati lo studio, pubblicato su “Nature”, sarebbe un prezioso passo avanti per la ricerca di terapie in grado di combattere varie malattie come per esempio l’obesità, il diabete e varie tipologie di tumori. La famiglia delle proteine Klotho è situata sulla superficie delle cellule di alcuni tessuti; si legano agli Fgf endocrini, una famiglia di ormoni che regola dei processi molto importanti nel cervello, nei reni e nel fegato.
Gli studi condotti hanno permesso di capire che la proteina beta-Klotho è il recettore che si lega a Fgf21, un ormone che viene prodotto con la fame. Quando i due interagiscono viene stimolato il nostro metabolismo. Questo connubio sta a significare che esiste una stretta relazione tra la proteina beta-Klotho e la nostra alimentazione, confermandoci che il segreto per vivere più a lungo è comunque legato al mangiare bene, non eccedere nei vizi, tenersi in forma, fare attività fisica e così via. Vivere più a lungo, dunque, è frutto di più fattori: non solo di fortuna, per avere ricevuto un DNA particolarmente favorevole, ma anche per il proprio stile di vita.
Stile di vita nel quale è necessario includere anche dei periodi di necessario relax, in modo tale da creare le condizioni perché il nostro cervello rallenti la sua costante, intensa attività, abbandonando la sovreccitazione. Secondo uno studio da poco pubblicato su Nature, infatti, la troppa attività cerebrale è collegata a una vita più breve. La ricerca, condotta dalla Harvard Medical School, si è basata sull’analisi di cervelli umani (oltre che di diversi animali). L’esame ha individuato la correlazione tra attività cerebrale e durata della vita, dopo aver esaminato centinaia di cervelli donati alla scienza e “cognitivamente intatti” (ovvero non affetti da demenza senile) di persone anziane decedute. 
Ebbene, nei soggetti deceduti tra gli 85 e i 100 anni, i cervelli analizzati hanno mostrato un’attività decisamente inferiore dei geni collegati all’iperattività neuronale, rispetto a quelle morte più giovani (tra i 60 e gli 80 anni). Un aspetto in particolare ha colpito i ricercatori: le persone decedute più in là con gli anni producevano una maggiore quantità della proteina REST, già nota per proteggere il cervello dalla demenza. I conti tornano: il ruolo di questa proteina è infatti quello di rilassare il cervello ed evitare che si attivi eccessivamente, frenando l’attività dei geni legati all’eccitazione neuronale. 
Secondo Bruce Yankner, lo scienziato che ha condotto lo studio, “la REST e il metabolismo possono collaborare per allontanare le morte precoci”, grazie alla capacità di questa proteina di controllare e tenere a bada l’attività cerebrale. Il difficile, però, è riuscire a definire il confine tra un cervello correttamente tenuto in esercizio e uno che invece sta lavorando troppo! Un quesito a cui gli scienziati non sanno ancora dare risposta. Allenare la mente, lo sappiamo, aiuta a costruire delle nuove reti neuronali e ad attivare dei fattori di crescita molto positivi; sicuramente questa è un’attività cerebrale che non appare assolutamente dannosa, come ad esempio, invece, l’attività cerebrale messa in atto durante gli sbalzi d’umore, i disturbi bipolari e l’eccessiva ansia. Tuttavia la linea di demarcazione tra questi due estremi, risulta ancora molto confusa.
Per trarre sicure conclusioni è certamente ancora presto. Le nuove scoperte hanno sempre necessità  di studi ulteriori,  di esercizi ed esperimenti, che consentano di capire più a fondo; in questo caso come funziona la REST e le reazioni che genera in tutto il corpo, e soprattutto quali siano le attività o le terapie che possono alzare o abbassare l’eccitazione neuronale. Per il momento, insomma, ci sono più domande che risposte. 
Nel frattempo è lo stesso prof. Bruce Yankner a consigliarci come mantenerci in forma al meglio. “Ci sono un po’ di cose che si possono fare tutti i giorni, di cui è confermata l’utilità: seguire la dieta mediterranea, consumare pochi grassi saturi e carboidrati raffinati, fare esercizio aerobico e mantenere il cervello in salute, prendendosi cura di eventuali problemi di stress, ansia e depressione”. 
Cari amici, quella data dal professore non sarà certo una pillola magica, ma, considerata la fonte, al momento appare l’unica ricetta utile per un proseguo della nostra vita, lunga e soddisfacente!
A domani.
Mario
Longevità






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