Oristano 24 ottobre 2019
Cari amici,
Nelle mie quotidiane
scorribande su Internet sono incappato nei giorni scorsi sul sito Tiscali News,
dove ho trovato un interessante articolo del giornalista Michael Pontrelli che parlava
di Francesco Parisi, umanista, professore associato presso il Dipartimento di
Scienze Cognitive dell’Università di Messina, autore, tra l’altro, del saggio “La
tecnologia che siamo”, dove viene dettagliatamente riportata la lunga relazione
tra l’uomo e l’innovazione, a partire dalle origini fino ai giorni nostri.
Relazione costante e anche conflittuale, con tanti lati oscuri, di cui è
difficile parlare, tanto che pochi ne parlano.
Per non snaturare quanto
riportato da Pontrelli, che ha intervistato Francesco Parisi, riporto per intero
quanto da Lui scritto, e che nella sostanza evidenzia in modo ben chiaro le
giuste preoccupazioni rinvenienti dall’avanzare della moderna tecnologia, mettendo
a fuoco il lato più oscuro dell’innovazione tecnologica, quello di cui nessuno parla. Proviamo, allora, a leggere insieme quanto scritto.
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Rispetto
agli altri animali l’uomo non ha particolari punti di forza fisici. Non è
veloce come altri mammiferi, non nuota in maniera efficace, non ha una vista
particolarmente sviluppata, non è dotato di una forza muscolare eccezionale.
Nel regno animale non è il più bravo in niente. Eppure si è affermato come la
specie dominante. Il motivo è noto: l’intelligenza. Facoltà che ha prodotto
benefici nel momento in cui è stata in grado di produrre tecnologie che hanno
potenziato le capacità fisiche. Il rapporto tra uomo e tecnologia non è dunque
una cosa recente ma affonda le sue origini nella notte dei tempi. Francesco Parisi, umanista,
professore associato presso il Dipartimento di Scienze Cognitive
dell’Università di Messina, nel suo saggio “La tecnologia che siamo” edito da Codice
Edizioni, ha indagato questa millenaria
relazione. Una indagine necessaria ora più che mai, dato che le nuove
applicazioni digitali stanno invadendo praticamente ogni aspetto della vita
quotidiana.
Partiamo
dalle origini, quali sono state le grandi tecnologie della storia che hanno
radicalmente cambiato le abitudini e le consuetudini degli uomini?
"Si possono distinguere due categorie di tecnologie: gli artefatti come la ruota, e le forze della natura che vengono imbrigliate come il dominio del fuoco o della forza nucleare. Tendenzialmente questa seconda tipologia crea dei salti in avanti molto più significativi”.
"Si possono distinguere due categorie di tecnologie: gli artefatti come la ruota, e le forze della natura che vengono imbrigliate come il dominio del fuoco o della forza nucleare. Tendenzialmente questa seconda tipologia crea dei salti in avanti molto più significativi”.
Ci sono
invenzioni fondamentali la cui portata non è ancora compresa appieno dalla
maggior parte delle persone?
"Ce
ne sono tante. Nel mio libro prendo come caso studio l’elettromagnetismo perché
è stato talmente prorompente che ha cambiato le sorti dell’umanità. Lo stesso
si può dire delle pietre bifacciali del paleolitico. Anche dell’invenzione
della scrittura non si coglie l’aspetto più rilevante: l’aver liberato il
linguaggio dagli aspetti di memorizzazione. Prima il linguaggio serviva sia a
comunicare che a conservare la cultura di un popolo. Con la scrittura il
linguaggio si libera degli aspetti di memorizzazione e si innalza a nuove
funzioni che sono quelle della speculazione e della ricerca”.
Veniamo
ai nostri giorni e alla rivoluzione digitale. Per alcuni il dispositivo che più
di tutti rappresenta la contemporaneità è lo smartphone. È un oggetto
sopravalutato o effettivamente una delle invenzioni più rilevanti nella storia
dell’umanità?
"Sicuramente la seconda affermazione perché si pone in continuità con quella che definisco l’esperienza schermica. Una storia visiva che inizia con le pitture rupestri per arrivare al cinema, alla fotografia, alla televisione e ai computer. Lo smartphone rappresenta la forma finale di questo processo. È insieme un quadro rinascimentale, uno specchio dotato di memoria, un accesso totale all’informazione, una macchina della costruzione identitaria. Non è quindi una esagerazione definire questo oggetto l’emblema della tecnologia contemporanea”.
"Sicuramente la seconda affermazione perché si pone in continuità con quella che definisco l’esperienza schermica. Una storia visiva che inizia con le pitture rupestri per arrivare al cinema, alla fotografia, alla televisione e ai computer. Lo smartphone rappresenta la forma finale di questo processo. È insieme un quadro rinascimentale, uno specchio dotato di memoria, un accesso totale all’informazione, una macchina della costruzione identitaria. Non è quindi una esagerazione definire questo oggetto l’emblema della tecnologia contemporanea”.
Lo
smartphone è però ormai un oggetto acquisito. Lo abbiamo tutti. Le nuove
frontiere dell’innovazione tecnologica sono altre. Una in particolare si
annuncia dirompente: l’intelligenza artificiale. Per la prima volta le macchine
sostituiscono l’uomo non solo nelle attività fisiche ma anche in quelle
intellettuali. È una cosa di cui bisogna avere paura?
"Quando
ci chiediamo se una tecnologia sia giusta o sbagliata, se sia da apprezzare o
da temere, perdiamo di vista un aspetto fondamentale: che l’uomo è inestricabilmente
connesso con le tecnologie. È una relazione a cui non ci si può sottrarre. A
mio avviso ora non siamo in grado di dire ora se l’intelligenza artificiale
porterà più benefici o pericoli. Sicuramente possiamo però dire che è
impossibile perfino immaginare di limitare il progresso tecnologico, perché
naturale e perché connaturato all’evoluzione umana da migliaia di anni”.
All’interno
della comunità scientifica si rafforza sempre di più il transumanesimo, ovvero
il movimento che ritiene auspicabile l’innesto delle nuove tecnologie digitali
nel corpo umano per combattere le malattie e l’invecchiamento e arrivare
addirittura alla creazione di una nuova forma di vita ibrida uomo/machina che
supera la specie umana così come la conosciamo oggi. Le ricerche
sull’interfacciamento tra il cervello e i computer rappresentano un passo
proprio verso questa direzione. Anche di fronte a uno scenario di questo tipo
dobbiamo semplicemente prendere atto che il progresso tecnologico non si può
fermare?
"Noi
siamo esseri viventi e come tali siamo destinati a perire. La missione
transumanista prevede invece che l’uomo debba vivere in eterno. Ma questo
secondo me è sbagliato perché dobbiamo lasciare posto agli altri. Così come è
sempre stato. Detto ciò non significa che dobbiamo arrestare il processo di
ibridazione uomo/macchina perché temiamo che ci sfugga di mano. Dobbiamo essere
capaci di cogliere gli aspetti positivi dell’ideologia transumanista che sono
quelli legati all’utilizzo della tecnologia per migliorare le condizioni di
vita delle persone affette da gravi malattie”.
La
storia dimostra però che non sempre l’uomo è stato in grado di controllare le
tecnologie che ha creato.
“È
vero. Grazie alle tecnologie l’uomo aumenta il proprio controllo sul mondo ma
allo stesso tempo si espone a nuove condizioni di rischio. Ogni conquista
comporta nuovi potenziali pericoli. Ma come già detto è un processo che
non si può imbrigliare perché connaturato alla storia dell’uomo. L’innovazione
tecnologia porta con sé una componente di rischio e di imprevedibilità che non
si può eliminare o controllare e di cui bisogna semplicemente prendere atto”.
11 ottobre 2019^^^^^^^^^^^^^
Cari amici, credo che non
ci sia nulla da aggiungere a quanto riportato! Speriamo di non esserci spinti
troppo in avanti, in modo tale da non poter più controllare l'evoluzione…
Mario
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