Oristano 29 ottobre 2019
Cari amici,
Se è vero, che la storia
è fatta di corsi e di ricorsi, che ad epoche di abbondanza sono seguite epoche
di carestia, in un altalenante vivere tra vacche grasse e vacche magre, nel
nostro sempre più vilipeso e martoriato mondo, anche la civiltà dello spreco, quella
dell’usa e getta, sta per essere soppiantata da quella del riuso, del recupero, che al giorno d’oggi viene meglio definita con il simbolo delle “TRE
ERRE”: Riusa, Riduci, Ricicla.
Chi ha la mia età,
essendo nato nella prima metà del secolo scorso, non ha certo vissuto gli anni
dell’adolescenza immerso nella civiltà dello spreco, ma in quella opposta, quando tutti i beni erano preziosi, e “l’usa e getta” non solo non era ancora nato, ma avrebbe fatto
gridare allo scandalo, solo se qualcuno avesse solo pensato di gettare via un
indumento, un utensile, o una qualsiasi altra cosa ritenuta ancora utile, e
sarebbe stato additato come un grande sprecone.
Era l’epoca in cui la
natalità era ancora ben presente in Sardegna, e l’abbigliamento dei bambini, per esempio, ritenuto merce talmente preziosa che passava dal primo figlio al secondo e così
via; le scarpe venivano sempre riparate, gli utensili di cucina utilizzati fino
alla fine (dopo aver subito laboriose riparazioni), e anche gli scarti alimentari erano cibo per alimentare gli animali da cortile oppure concime per l’orto di casa. Poi è sopraggiunta l’epoca del
benessere e la nuova politica dell’usa e getta ha soppiantato la precedente, in modo anche vergognoso. La mancata, corretta gestione delle risorse, da allora ha creato, di conseguenza, montagne di rifiuti
difficili da smaltire, creando i danni all’ambiente che ben conosciamo, a
partire dallo smaltimento della plastica.
Tutto questo oggi è una
tristissima realtà, e, col senno di poi, ci siamo resi conto che con lo spreco abbiamo messo
in pericolo il mondo, tanto che, se continuiamo di questo passo, la nostra beneamata terra potrebbe collassare, mettendoci tutti in pericolo. Certo,
rinunciare ad un certo tipo di benessere, che ci fa gettare via costantemente
il vecchio per il nuovo, non è così semplice e facile da mettere in atto, ma
saremo giocoforza costretti a farlo. È tempo di tornare all’antico “Riuso”, se
vogliamo salvare il pianeta e di rimbalzo anche noi!
La campagna dedicata al
riciclo, detta delle “TRE ERRE” è partita da tempo, ma finché non avrà una
massiccia adesione in tutto il mondo, i concreti effetti positivi non potranno
manifestarsi che in minima parte. È il nostro sistema di vita che deve cambiare
radicalmente! Cominciando dalle cose più semplici, come il riciclo dell’abbigliamento per esempio, che consentirebbe sia di risparmiare che di
evitare, con le nuove produzioni, l’immissione di altri pericolosi veleni nell’atmosfera.
Se ci rendessimo conto
che il sempre più diffuso atteggiamento “dell’usa e getta” nei confronti
dell’abbigliamento è estremamente pericoloso per il nostro già malandato
pianeta, forse saremo meno spreconi; a tutt’oggi l’industria tessile è quella annoverata
fra i maggiori produttori di gas serra sulla Terra e, allo stato attuale,
l’ambiente non appare più in grado di sostenere l’enorme quantità di vestiti e
altri tessuti che il mercato globale sta consumando.
È un problema di grande
attualità, amici, ed è perciò necessario trovare (anzi direi ri-trovare) modi, magari
anche innovativi, per riutilizzare l’enorme quantità di indumenti che finiscono
in discarica. A differenza di altre categorie di rifiuti, tra l’altro,
l’abbigliamento è un rifiuto particolarmente difficile da riscattare dalle discariche.
Secondo un rapporto dell’Australian Bureau Statistics (ABS), il motivo sta nel
fatto che i tessuti sono spesso considerati “troppo costosi o difficili da
recuperare”, per cui bisogna creare strutture apposite per evitare che
finiscano al macero.
È tempo, dunque, di
ritrovare la cultura del recupero, perché riutilizzare efficacemente i vecchi
vestiti è un passo avanti verso uno stile di vita a zero emissioni e a basse
emissioni di carbonio. Si, amici, gli indumenti usati possono essere
riutilizzati o riciclati fino al 95 per cento, compreso l’intimo elasticizzato,
come i reggiseni e la biancheria intima, accessori questi ultimi che, per le
famiglie meno abbienti, hanno raggiunto cifre da capogiro. Si è già iniziato a
creare strutture di riutilizzo come i “Mercatini dell’usato”, ma bisognerebbe incrementarne fortemente il numero.
Sono questi dei piccoli “Negozi”
che stanno prendendo sempre più piede in molte città, comprese quelle di tipo
medio, dove queste rivendite di abiti e accessori usati sono sempre più visitate
e dove possono essere rinvenuti ottimi capi ricondizionati di biancheria intima
ancora in ottimo stato. Si, perché oggi molti “cambi”, in particolare nel
settore dell’intimo, avvengono solo perché quel capo ci ha semplicemente
“annoiato”, pur essendo in ottimo stato.
Anche una grande casa di
intimo come la Triumph ha deciso di operare per la salvaguardia dell’ambiente.
Sapete in che modo? Mettendo a disposizione le proprie strutture dove può
essere donato, a chi è più bisognoso, il proprio intimo in ottimo stato.
Moltissime donne al mondo, infatti, sono costrette a rinunciare a comprare
banchiera intima nuova, il cui costo è a volte decisamente troppo alto per loro.
Ecco perché il progetto di riuso messo in atto, può contribuire a risolvere il
problema, salvaguardando anche il pianeta.
A tale proposito, grazie
alla sua campagna “TOGETHER We Recycle”, realizzata con Texaid, una delle
principali organizzazioni leader in Europa nella raccolta, smistamento e
riciclo dei tessuti usati, Triumph raccoglie i vestiti dismessi nei punti
monomarca diretti, franchising e outlet e in più di 1.000 rivenditori
multimarca, oltre a 4.000 punti vendita in tutta Europa. L’iniziativa in Italia
è proprio in corso (è stata attiva dal 1° settembre al 31 ottobre) e chi vuole
può portare indumenti puliti e asciutti, compresa anche la biancheria intima –
reggiseni, slip, body e maglieria – oltre a costumi da bagno, abbigliamento da
casa, abbigliamento sportivo, tutto di qualsiasi marca. Una volta raccolti gli
indumenti, Texaid li smisterà come capi di seconda mano.
Come ringraziamento per
il contributo a preservare le risorse naturali e ridurre i danni all’ambiente,
i clienti riceveranno uno sconto di 10€ spendibili nell’acquisto di nuovi
prodotti Triumph, a fronte di una spesa minima in prodotti Triumph di 60€.
Amici, siamo tutti
impegnati a salvare il mondo per lasciarlo vivibile alle nuove generazioni….
A domani.
Mario
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