Oristano 20 Settembre 2015
Cari amici,
che il lavoro sia per l’uomo non solo una necessità ma
anche e soprattutto motivo di realizzazione personale (cosa che gli consente di
vivere dignitosamente utilizzando le sue capacità), è certamente vero, ma fare
un lavoro appagante, che lo gratifica interiormente, è molto di più, è una grande
fortuna che non tutti hanno. Stante questo concetto, a volte è necessario
battersi perché questo desiderio interiore di fare un lavoro soddisfacente possa
realizzarsi, anche a costo di non pochi sacrifici. Gli esempi non mancano e,
quello che sto per raccontarvi lo dimostra in modo inequivocabile.
Oggi, infatti, voglio parlarvi di un uomo caparbio, un
lussurgese doc, Carlo Pische, oggi
titolare (meglio sarebbe dire padre fondatore) delle Distillerie Lussurgesi.
Carlo non è, come spesso succede, l’erede di una dinastia di distillatori, che
continua l’attività messa in piedi dal nonno o dal padre, ma un lussurgese comune,
che prima di arrivare all’idea della fabbrica svolgeva la professione di
meccanico. Una professione onesta, certamente, ma per lui poco
appagante. Carlo era un bravo operaio, che per molti
anni ha svolto questa l’attività con impegno, ma non con la soddisfazione che
avrebbe voluto. Nel suo cervello, nella sua visione di quello che avrebbe
voluto fare nella vita, c’era dell’altro.
Santu Lussurgiu, suo paese d’origine, come molti sanno, ha
sempre svolto nel passato attività di distillazione e questo Carlo lo ha sempre
saputo. Da appassionato dilettante nel 2003 partecipa, con una bottiglia di abbardente di sua produzione, alla
fiera Vinitaly di Verona, vincendo il primo premio, in particolare per la
migliore immagine: la bottiglia presentata portava l’immagine grafica
stilizzata di un bronzetto nuragico, riprodotto in trasparenza, senza altri
segni nell’etichetta. Per Carlo vincere questo premio a Verona fu un segnale
inequivocabile: capì che doveva “cambiare verso”, cambiare professione, che il
suo destino era un altro. Lasciata senza rimpianti l’attività di meccanico cerca
di realizzarsi come piccolo imprenditore, riappropriandosi del patrimonio
culturale della distillazione, ben radicato nella sua terra d’origine, Santu Lussurgiu.
Il suo
paese fin dai primi dell’Ottocento ha annoverato pregiate distillerie, che
producevano un’acquavite di fama, apprezzata in tutta l’isola. Quest’ottimo e
richiesto prodotto, questa specie di cognac sardo, secondo lui andava
continuato a produrre, il mercato c’era. Questo pregiato distillato è a
tutti gli effetti simile al Cognac francese, la sola differenza
sta solo nel diverso metodo di invecchiamento: il distillato sardo, per potersi
fregiare della denominazione tipica deve invecchiare in botti di rovere
francese per un periodo di almeno 3 anni. E così è stato. Carlo ha
caparbiamente riavviato l’antica attività di distillazione, rispettando i nuovi
dettami della C.E. e riportando Santu Lussurgiu alla notorietà del passato.
Oggi
Carlo Pische è orgoglioso della sua distilleria: ha voluto dare all’azienda,
oltre al nome di Distillerie Lussurgesi”, il nome di “Anima Sarda”, perché nella
fabbrica c’è l’anima non solo sua ma quella orgogliosa di tutti i sardi. La nuova linea di liquori è particolarmente
ricca: non solo acquavite di qualità, ma mirto, e liquori vari, ricavati dalle
erbe aromatiche locali, come il finocchietto selvatico, creando prodotti nuovi
coniugati però col passato, aggiungendo e fondendo sapientemente l’antica
tradizione con la moderna innovazione.
Arrivare
a tutto questo non è stato facile. I tempi in cui viviamo, lo sappiamo bene,
non sono per niente facili, in particolare per un’azienda che nasce dal nulla;
anche Carlo e le sue distillerie non hanno fatto eccezione. Ma chi è caparbio
non si arrende, e la sfida oggi sembra vinta. L’ultimo “colpo di genio” messo a
segno, quello di cui Carlo va particolarmente orgoglioso, è l’ultimo nato in
casa Distillerie Lussurgesi: il primo aperitivo 100% sardo che ha voluto
chiamare “Eya” (parola sarda quasi
intraducibile, dai molteplici significati). Questo particolare aperitivo è a
base di mirto. Il colore è quello classico: il rosso vivo del mirto, il gusto
secco, con un pizzico di frizzante, cosa che lo rende particolarmente glamour.
Insomma una vera squisitezza, apprezzata sempre di più, man mano che la sua
diffusione si estende.
Se ne
dice già un gran bene del nuovo aperitivo tutto sardo: 7 gradi alcolici, ricco
sapore di mirto, senza coloranti. Insomma una bevanda fresca e giovane,
apprezzata proprio dall’evoluto mondo giovanile. Il primo lancio dell’aperitivo
EYA è di 10 mila bottigliette, già presenti sia nei bar che nei supermercati, anche
se l’azienda lussurgese spera presto in un lancio massiccio presso la grande
distribuzione, che raggiunge i mercati anche più lontani. Non solo: Carlo
Pische pensa anche all’E Commerce: le vendite per corrispondenza. Il sito
internet è praticamente pronto: www.distillerielussurgesi.it
che potrà consentire di far gustare in tutto il mondo l’intera gamma dei
prodotti: l’abbardente, il prezioso brandy sardo, il mirto Judu, il
finocchietto selvatico e, ovviamente l’ultimo nato, EYA.
Cari
amici, la genialità è l’inventiva dei sardi è sempre stata alta. Ho iniziato questa
mia riflessione dicendo che è fortunato chi riesce, nella vita, a svolgere il
lavoro che soddisfa maggiormente le sue aspirazioni; Carlo con la sua
caparbietà c’è riuscito e potrà essere di esempio a tanti altri giovani sardi. Diventare
imprenditori non è certo facile, bisogna saper anche rischiare, e Carlo lo ha
fatto in prima persona. Sono certo con il suo attivo modo di fare contagerà più
di uno e che tanti giovani, trascinati dal suo esempio, riusciranno a “cambiare
verso” ad una Sardegna spesso immobile.
Grazie
amici, a domani.
Mario
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